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L’eccidio di Marzabotto, giustizia non è stata fatta

di Umberto SantarelliSabato scorso il Tribunale militare della Spezia ha condannato all’ergastolo dieci SS (nessuno dei quali s’è presentato al processo), tutti responsabili dell’eccidio di Marzabotto che avvenne dal maggio al settembre del 1944 tra Toscana ed Emilia. I morti furono milleottocentotrenta, dei quali duecentosedici eran bambini (anche neonati). A sparare non furono solamente tedeschi; mescolati c’erano anche repubblichini travestiti da tedeschi. Il comandante dell’impresa, il maggiore Walter Reder, era già stato condannato all’ergastolo, ma nell’85 fu graziato.

Un giornale autorevole e certo non sospetto di connivenze con gl’imputati – La Stampa – ha titolato così l’articolo che dava la notizia: «Per Marzabotto ora giustizia è fatta davvero». Avrei più d’un dubbio che sia andata così.

Distinguendo (come sempre si dovrebbe fare, ma raramente si fa) tra giudizio morale e responsabilità giuridica; e rammentando che le colpe morali sono impossibili da giudicare dagli uomini, resta per lo Stato (certamente per lo Stato italiano, visto che i fatti successero qui) l’obbligo di accertare in sede giudiziaria questi fatti e di applicare a questi fatti la sanzione che la legge prevede.

Né vale l’argomento (apparentemente suadente) che ormai si tratta di vecchi più che ottantenni che sarebbe sconveniente incarcerare: ma questo è successo perché tra i delitti e la sentenza s’è lasciato passare più di mezzo secolo. Forse oggi si potrebbero pubblicare (sui giornali tedeschi, visto che si tratta di cittadini tedeschi che vivono nel loro Paese) le loro fotografie di allora e quelle di oggi: per memoria e per ammonizione.

Eppoi c’è un altro problema, connesso alla strage ma che non ha nulla a che fare con la punizione di chi la commise. Il ritardo del processo fu dovuto al fatto che qualcuno (italiano, e di certo non un gregario) ordinò che i documenti venissero nascosti perché i massacri rimanessero impuniti. Solo nel 1994, in una cantina d’un ufficio della giustizia militare, fu trovato un armadio con gli sportelli rivoltati verso il muro, che conteneva i fascicoli che hanno consentito di celebrare questi processi ritardati. Questo fatto terribile dev’essere spiegato: nel modo più certo e solenne che sia possibile, perché tutti i responsabili (chi rimpiattò le carte, certo; ma soprattutto che dette l’ordine, chiunque sia). Perché sarebbe davvero terribile che potesse passare per «padre della patria» chi ha retto il moccolo a queste stragi.

In questi giorni, dopo la strage di Erba, si parla giustamente di perdono e siamo restati tutti ammirati dall’esempio che abbiamo avuto. Ma il perdono spetta agli offesi e ai loro parenti, non a chi deve solamente render possibile il giudizio penale.