Toscana
Le università toscane sotto esame
“Gli esami non finiscono mai” titola una famosa commedia di Eduardo, e questa volta è toccato ai professori universitari e ai ricercatori dei quali è stata valutata la produzione scientifica (principalmente libri, articoli e brevetti) svolta nel periodo 2004-2010, dall’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (Anvur).
La Valutazione della qualità della ricerca (Vqr) è stata decisa nel 2011 dall’allora ministro dell’Istruzione, università e ricerca, Mariastella Gelmini e considera separatamente 14 aree scientifiche: matematica, fisica, storia, economia etc. Ha avuto inizio nel novembre 2011 e il 16 luglio scorso i risultati sono stati presentati alla stampa che ha dato grande risalto alla notizia più appetibile: le graduatorie delle università e degli enti di ricerca.
Queste graduatorie hanno un interesse per le università essendo finalizzate ad una decisione politica: 540 milioni da assegnare in base ai risultati conseguiti. Si tratta di una parte (i due terzi, il restante terzo viene assegnato in base ai risultati della didattica) della cosiddetta «quota premiale», pari al 13% del finanziamento statale alle università che per il 2013 ammonta a circa 6,7 miliardi.
Quello del finanziamento non è l’unico aspetto interessante della valutazione. Le graduatorie possono avere un ruolo non secondario nell’attrarre immatricolazioni che per una università sono la risorsa primaria. Inoltre esse possono essere uno stimolo a modificare le politiche di reclutamento in modo da incentivare l’assunzione di docenti con alta produttività scientifica.
Le università Toscane, nel contesto nazionale rappresentano un po’ più dell’otto percento sia come docenti che come quota del finanziamento statale e si concentrano nelle tradizionali città universitarie: Firenze, Pisa e Siena, sedi di grandi università che si sono diffuse sul territorio aprendo corsi satelliti in vari centri. Vi sono inoltre le due piccole scuole superiori universitarie a Pisa: la Scuola superiore S. Anna e la Scuola normale superiore, l’IMT (Istituzioni, Mercati, Tecnologie) a Lucca, piccolo ma eccellente istituto post-laurea in economia, l’Università per stranieri a Siena, e l’Istituto italiano di scienze umane a Firenze, in via di fusione con la Normale.
Valutare e classificare queste realtà disparate è stato uno sforzo ingente e irto di difficoltà. Qualsiasi classificazione di un universo variegato è difatti fragile e ciò è stato evidente quando il 16 luglio l’Anvur ha presentato alla stampa dei risultati diversi da quelli del proprio rapporto ufficiale. E’ bastato cambiare di poco i criteri con i quali vengono definite grandi, medie e piccole le università per modificare sostanzialmente le graduatorie che quindi vanno prese per quello che sono: un tentativo di sintesi, ma non l’unico possibile.
Dando per buoni i risultati presentati alla stampa, complessivamente le tre grandi università toscane si collocano, in quanto a qualità della produzione scientifica, in una posizione mediana. Su 32 grandi università, Pisa è al 12esimo posto, Siena al 16esimo e Firenze al 23esimo. Con una eccellenza: materie giuridiche a Firenze, oltre ad alcune aree vicine all’eccellenza: matematica e informatica, geologia, storia e filosofia, e scienze politiche e sociali, a Pisa, e chimica, ingegneria industriale, ed economia a Siena. Molto sotto la media invece si trovano alcune aree. A Firenze: agraria, ingegneria edile e ingegneria industriale, a Siena: matematica e informatica, geologia e storia e filosofia, a Pisa: agraria e ingegneria civile.
Diverso il discorso per le due scuole universitarie superiori pisane: S. Anna e Normale che figurano ai primi posti nella graduatoria delle piccole università, con eccellenze in agraria, economia e scienze sociali (S. Anna).
Il sistema di reclutamento ed avanzamento di carriera può essere considerato come uno dei principali responsabili dei risultati, e comunque è quello che attraverso la valutazione si vuole influenzare, creando un interesse delle università nell’assumere dei docenti che possano con la loro attività scientifica portare ulteriori finanziamenti (la «quota premiale») ai bilanci universitari.
Da questo punto di vista la valutazione presenta un indicatore molto interessante: la quota di ricerca che è attribuibile ai docenti in mobilità cioè assunti recentemente o che recentemente abbiano avuto un avanzamento di carriera. Le due piccole pisane seguono una politica del reclutamento che porta ad assumere dei docenti che hanno una produttività scientifica maggiore della media dei loro colleghi, e questo avviene per la Normale specialmente in storia e filosofia e per la S. Anna in economia e statistica. Per quanto riguarda le tre grandi, esse mostrano una politica del reclutamento che in media non peggiora né migliora la situazione generale, con differenze tra le varie aree scientifiche. Firenze ha la migliore politica del reclutamento in geologia e la peggiore in ingegneria civile ed architettura, lo stesso per Pisa, mentre a Siena la peggiore politica si ha nell’area della geologia e la migliore in economia e statistica.
Per dividere la torta dei 540 milioni verrà utilizzato un indicatore che comprende oltre alla qualità anche la quantità della produzione scientifica, ed altri elementi come il grado di internazionalizzazione e la capacità di attrazione dei finanziamenti nelle 14 aree scientifiche. L’importanza (o il peso) che viene data a ciascuna di queste aree è cruciale per giungere alla valutazione finale. Il compito, data la soggettività dell’operazione, è politico e spetta all’attuale ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, ma l’Anvur ha proposto alcuni criteri che sostanzialmente si basano sulla quantità di docenti e ricercatori nelle varie aree.
Con i criteri proposti dall’Anvur si ottengono degli indici per il calcolo della quota premiale che possono essere messi in rapporto con la dimensione dell’università. Dove l’indice è maggiore significa che l’università guadagna, dove è minore che perde. Utilizzando queste differenze si può costruire una graduatoria nella quale, su 32 grandi università, Siena oscilla tra il terzo e il quarto posto (dopo il Politecnico di Milano e Padova), un risultato che dipende anche dall’ottimo livello di internazionalizzazione, Firenze tra il 12esimo e il 13esimo posto con un ottima attrazione dei finanziamenti alla ricerca, mentre Pisa si colloca a metà circa.
Vedremo l’utilità di questa valutazione: se, nonostante le lacune, verrà annacquata – già sono stati proposti emendamenti nel «Decreto del fare» volti a diminuire la quota premiale – e rimarrà il solito studio che finisce nei cassetti, oppure se da analisi diverrà strumento per la decisione. Ci sono in ballo i finanziamenti per le università del Sud, in genere in fondo alle graduatorie, che si vedrebbero decurtare ulteriormente i fondi e anche per questo la decisione non sarà indolore.