Cultura & Società
Le tracce della storia sulla Setteponti
Per una lunghezza di circa 50 chilometri la strada unisce due province, Firenze e Arezzo, partendo tradizionalmente da Reggello per arrivare fino a Ponte a Buriano. Provenendo dal capoluogo toscano e dirigendosi verso Reggello da Leccio, la strada si mostra subito nella sua bellezza. Dalla pianura dell’Arno si sale fra le prime sorprendenti formazioni di argilla rossastra che qui si chiamano Balze: pinnacoli di roccia, vallate profonde, frutto dell’erosione delle acque che regnavano in ere preistoriche in quello che oggi è il Valdarno. Un paesaggio poetico che custodisce autentici tesori: tutta la Setteponti è punteggiata da alcune straordinarie pievi romaniche. Durante il Medioevo l’organizzazione del territorio era legata alle pievi, che governavano la rete delle chiese suffraganee; in particolare nel Valdarno il sistema delle pievi era costruito sulla viabilità primaria, e sorgevano in corrispondenza di abitati sulle principali arterie.
La prima importantissima chiesa è la Pieve dei Santi Pietro e Paolo a Cascia, in un borgo alle porte di Reggello che porta ancora nel nome il suo legame con la Cassia Vetus. La chiesa romanica risale al XII secolo e come molte delle pievi della zona sorse su precedenti insediamenti romani. La pieve di Cascia ha la facciata decorata da arcatelle e un maestoso campanile in pietra serena; l’interno a tre navate custodisce un vero e proprio tesoro, il Trittico di San Giovenale, la prima opera conosciuta di Masaccio, rinvenuta nella chiesetta del borgo agricolo di San Giovenale, poco distante da qui. Il ritrovamento del trittico, datato 1422, ha fatto sì che la Pieve di Cascia si dotasse di un prezioso Museo Masaccio di Arte Sacra, collocato nei locali attigui la chiesa.
Per imboccare la vera e propria Setteponti è necessario riavvicinarsi a Reggello; fuori dal paese la strada, assai tortuosa, si snoda a mezza costa fra l’imponente massa del Pratomagno e la vasta pianura del Valdarno. Un paesaggio di ulivi a perdita d’occhio interrotti qua e là da cipressi, maestosi e solitari, reso in questa stagione più bello dalle macchie gialle delle mimose e le tenere nuvole rosate degli alberi da frutto in piena fioritura. Dopo qualche chilometro sulla destra, più bassa rispetto al livello stradale si erge l’imponente Villa Mandri, appartenuta ad un ramo cadetto della famiglia Medici e oggi azienda agricola e struttura ricettiva.
La prima pieve direttamente sulla Setteponti è quella di Pian di Scò; alla strada la Pieve di Santa Maria rivolge le sue tre absidi e il campanile. Dirigendosi verso la facciata si scopre che si affaccia su una terrazza panoramica, che domina tutta la valle. La pieve è molto antica, le sue massicce pietre risalgono al X secolo, anche se nel corso dei secoli ha subito molti rifacimenti; l’interno, severo ma luminoso, è caratterizzato da pilastri e colonne, coronate da capitelli con sculture zoomorfe.
La Badia di San Salvatore a Soffena si trova poco fuori dell’abitato di Castelfranco di Sopra. Il curioso toponimo è di sicura derivazione etrusca; la Badia fu edificata nell’XI secolo sulle rovine di un omonimo castello degli Ubertini. Nel corso del tempo fu più volte rifatta, tuttavia presenta delle caratteristiche uniche per la zona, come la copertura con volte a crociera, oppure l’abside quadrata. L’interno, molto austero, è impreziosito da affreschi di importanti pittori fra cui Giovanni detto lo Scheggia, fratello minore di Masaccio.
Il successivo paese è Loro Ciuffenna, attraversato dal fiume che rivela nell’idronimo la matrice etrusca (Ciuffenna) e con uno dei ponti che danno il nome alla strada; qui si scorgono nuovamente i profili rossastri delle Balze. L’abitato di Gropina è a circa due chilometri di distanza dal centro di Loro. Il borgo si erge alto su un poggio, stretto intorno alla pieve romanica, in un’atmosfera di altri tempi. Deve il suo nome alla parola etrusca Krupina che significa appunto borgo, abitato. La pieve di Gropina, dedicata a San Pietro, citata già in documenti antichissimi, è esternamente semplice e rigorosa e non lascia intuire l’incanto dell’interno, che pur nell’estrema semplicità, ha una bellezza e un fascino irresistibili. Sarà per le colonne che separano le tre navate, antichissime e sormontate da capitelli con figure umane, animali e mitiche, scolpite con gran perizia; sarà per l’abside, ornata da due piani di esili colonne sovrapposte con piccoli archi, che danno all’insieme leggerezza e movimento. Sarà soprattutto per l’incredibile pulpito, scolpito nell’VIII secolo con figure mitiche, affascinanti e inquietanti allo stesso tempo, testimonianza di una fede antichissima e ricca di simbolismi. Il pulpito è sorretto da due colonne intrecciate, con un motivo che ritorna anche nell’abside esterna, e decorato con bassorilievi di grande suggestione.
A malincuore si lascia Gropina per proseguire la Setteponti e raggiungere l’abitato di San Giustino, e l’omonima pieve anch’essa romanica e risalente al XII secolo.
Oltrepassato Castiglion Fibocchi, la Setteponti lascia le pendici del Pratomagno e scende verso la valle dell’Arno; poco lontano da Arezzo, la strada si avvicina al fiume all’altezza di una riserva naturale di grande interesse detta Ponte a Buriano-Penna. È imponente il Ponte a Buriano, che nelle sue forme attuali fu eretto nel 1277. Per certo l’attraversamento del fiume in questo punto è molto più antico e veniva fatto con metodi più rudimentali, ma che permetteva di percorrere il tragitto fra Arezzo e i borghi toccati ancora oggi dalla Setteponti. Questo luogo, caratterizzato da una splendida vegetazione oltre che da un grande fascino naturale, affascinò, secondo le teorie di certi studiosi, Leonardo Da Vinci in modo decisivo; così che nei suoi studi idraulici e artistici egli lo riprodusse e lo idealizzò. Gli struggenti sfondi dei più celebri ritratti leonardeschi, primo fra tutti «La Gioconda», sarebbero un distillato delle cose più belle di questo angolino di terra, con le sue balze, le vallate, i cipressi e il ponte…. Chi percorre la Setteponti avverte questa suggestione che si lascia scorgere fra le nebbioline, in lontananza.
La Pieve di Pian di Scò, quella di Gropina e quella di San Giustino sono aperte sempre, salvo un’interruzione all’ora di pranzo.
Il Monastero di San Salvatore a Soffena è aperto tutti i giorni dalle 9 alle 13, i feriali solo su prenotazione al numero telefonico 055-9149551.