La bibliografia sulla Sacra Cintola si arricchisce di un nuovo capitolo. Per le edizioni Libreria Cattolica è uscito «Una cintura tra Gerusalemme e Prato. Storia, teologia e devozione in tre narrazioni del Medioevo latino», un libro scritto a «sei mani» da Francesco Santi e dai canonici Basilio Petrà e Marco Pratesi. Con questo volume per la prima volta vengono tradotti e riuniti insieme tre testi in latino che parlano del Sacro Cingolo, la reliquia simbolo ecclesiale e civile della città custodita nel duomo di Prato da oltre ottocento anni. Il lavoro dei tre autori ha il merito non solo di ampliare il più possibile la divulgazione delle «storie» della Cintola ad un più vasto pubblico, ma anche quello di avanzare alcune suggestive ipotesi su come sia nata, cresciuta e sviluppata la devozione pratese verso la Cintura mariana. A questo proposito è di grande interesse lo studio di monsignor Petrà – docente di teologia morale e grande esperto del mondo ortodosso – con la sua traduzione de «Il Transito di Maria», un codice del XIII secolo attribuito a Giuseppe d’Arimatea anche se, probabilmente, si tratta di uno pseudonimo. Nel saggio scritto da mons. Petrà si presenta la figura del maestro di Cabestany, anonimo artigiano che potrebbe essere passato da Prato durante il proprio soggiorno in Toscana. A lui, o alla sua scuola, sono attribuiti tre capitelli zoomorfi del chiostro romanico del duomo, allora pieve di Santo Stefano. «Parto da una ipotesi formulata da Marco Burrini – spiega mons. Petrà – che ha stabilito un preciso rapporto tra la presenza a Prato del maestro di Cabestany e la sua rappresentazione dell’Assunzione di Maria insieme all’apostolo Tommaso con la cintura nel timpano della Chiesa di Notre-Dame-des-Anges a Cabestany». La narrazione che lega la Cintura pratese alla storia di San Tommaso, collegandola alla Madonna, arriverebbe dalla Francia meridionale. «Si tratta di una tesi importante – sottolinea mons. Pratesi – perché quando i canonici della Pieve ricevettero in dono il Cingolo da Michele Dagomari inizialmente furono scettici su un effettivo collegamento tra la Cintola e il transito. Il racconto arrivato dalla Francia, unito agli episodi miracolosi legati alla reliquia, come alcuni esorcismi, crearono la storia arrivata fino ai nostri giorni».L’Assunzione di Maria è un dogma (proclamato da Pio XII nel 1950) e non viene narrata nelle Sacre Scritture, mentre la consegna della Cintura all’apostolo Tommaso giunto dall’India in Terra Santa appartiene alla divulgazione apocrifa. Questo episodio e il successivo passaggio nelle mani della famiglia di un sacerdote sposato di rito orientale, che la consegna come dote della figlia, promessa al pratese Michele Dagomari, sono raccontati nel codice Nerucci che si trova nella Biblioteca Roncioniana di Prato. Il canonico Marco Pratesi, direttore della Roncioniana, nel libro ha curato la traduzione de «La Storia della Cintola» contenuta nel codice, dove sono riuniti testi in latino e in volgare che sintetizzano le notizie che circolavano a Prato nel XIII secolo.Il terzo saggio e la terza traduzione portano la firma di Francesco Santi, docente di letteratura medievale all’Università di Cassino e del Lazio meridionale, che si è occupato dell’Assunzione di Maria nella «Legenda Aurea», uno dei testi più letti nel Medioevo. È una raccolta di biografie agiografiche scritte da Iacopo da Varazze, domenicano arcivescovo di Genova. Fu compilata tra il 1260 e 1298, contiene 178 storie di Santi ed è ancora oggi considerata un riferimento indispensabile per interpretare la simbologia e l’iconografia presenti nelle opere religiose. Santi traduce e commenta la salita al cielo della Vergine così come raccontata da Iacopo, che fa riferimento alle vesti di Maria che si sciolgono e al dono della Cintura a San Tommaso.Nell’introduzione Santi, Petrà e Pratesi sottolineano che il loro obiettivo non è la risposta alla fatidica domanda: «È veramente la cintura della Madonna?», perché «con gli attuali strumenti non è possibile rispondere e presumibilmente mai lo sarà». L’impegno degli autori è quello di promuovere una riflessione, rivolta anche a semplici lettori non solo a studiosi, sulla storia del Sacro Cingolo e su come sia giunto ai nostri giorni.