Opinioni & Commenti

Le stagioni di una vita in apnea

di Franco VaccariNella nostra Toscana le pievi, sorte sulle vestigia dei templi romani, spesso si trovano in luoghi di rilevante amenità. Lontane dagli acquitrini, ben esposte e insieme riparate, queste chiese erano una tappa per molti che dovevano viaggiare. I Romani avevano provveduto: cambio dei cavalli, locanda e ristoro termale convivevano nel giro di pochi metri. Sì, accanto ai templi, liscia o gasata, santa o normale, zampillava spesso acqua calda, con proprietà diverse, generalmente benefiche.

Una civiltà la riconosciamo da alcuni tratti, ovunque essa emerga: dalla sabbia d’Egitto, dalle crete laziali o dalle ceneri del Vesuvio emergono, richiamandosi, il foro, l’anfiteatro, le case e le strade, i bagni termali: una cura dell’igiene, degli strumenti, delle case. Civiltà, cultura, benessere. Non solo gli atleti, ma i cittadini comuni sapevano che mens sana in corpore sano. Pur esprimendo una filosofia parziale e in parte discutibile, l’adagio conteneva una verità per il fatto che il corpo non era il fine di tutto, ma lo strumento per l’azione dell’individuo.

In fondo, pur nel clima di culto della corporeità, l’accento, l’interesse, era, anche allora, per la mens.La storia scorre e i venti coprono moltitudini di documenti. Comportamenti collettivi scompaiono e deboli tracce sono conservate qua e là, nei codici o sotto quella stessa sabbia che li ha occultati. Ma riemergono, dopo secoli, in forme diverse e con impressionante velocità, imponendosi all’attenzione fino ad assumere significati totalmente diversi da quelli che i progenitori dei precedenti millenni gli attribuivano. Si pensi alla nuova attenzione intorno al corpo e ai linguaggi che la evocano: benessere, fitness… onniterapia.

Una manciata di anni fa terme e fanghi evocavano vecchiaia; ricordo bene il sorriso ironico con cui salutavo mio padre che andava ad Acqui o a Ischia. Oggi, quando posso ci vado anch’io e ne sento un certo beneficio. Ma non è questo. È che il paesaggio delle nostre città sta cambiando: megacentri del benessere si inseriscono nei passaggi obbligati delle nostre vite in apnea e offrono una boccata d’ossigeno. I corpi sono spalmati e massaggiati, lisciati, modellati e colorati, al chiuso dei solarium, con luci tutta la notte, come negli allevamenti, per non perdere tempo nella corsa che se diventa l’unica o quella decisiva della vita ha un esito assicurato e contrario a ciò che reclamizza: l’infelicità. Perché la vita è fatta di stagioni e nessun contadino esisterebbe se legasse la propria fortuna a risultati immediati.

Accanto al primo adagio dei latini, la vita ci insegna che per la persona umana è possibile anche un’altra esperienza di formidabile intensità e di segno paradossalmente opposto. Recita: virtus in infirmitate preficitur, nella malattia progredisce la virtù o, se si vuole, nelle difficoltà si vede chi sei! Accanto all’equazione mens sana in corpore sano una vera visione dell’uomo contempla quest’altra decisiva dimensione.

Nell’epoca della fragilità negata, delle difficoltà dissimulate, della felicità affidata alla tecnologia dei bisturi o alle nuove pozioni che sciolgono l’esistenza in effimere sintonie con la natura, questa è una visione equilibrata dell’esistenza umana.

Il commento che ripete mia madre, 93 anni, quando mi appare profumata e felice per una camicetta nuova e un filo di trucco sulle rughe, mi pare di mirabile sapienza: «Da giovani per piacere, da vecchi per non dispiacere». Pelle curata non necessariamente significa mollezza. Quando questa prese il sopravvento, i barbari trovarono i Romani a bagnomaria.

Così la Toscana si tiene in forma