Vita Chiesa

Le impressioni dei delegati toscani

di Giacomo Gambassi«Il tema del laicato era stato fatto uscire dalla porta ed è rientrato dalla finestra». Sceglie la provocazione il vescovo di Pescia, Giovanni De Vivo, che guida a Verona la delegazione delle diocesi toscane. Dal quarto Convegno ecclesiale è stata lanciata la prima sfida: far salire i laici sulla ribalta della Chiesa italiana. Una scommessa che monsignor De Vivo interpreta come il primo frutto del grande appuntamento nella città scaligera. E confida: «Forse in pochi sanno che in un primo momento il tema del Convegno doveva essere il laicato. Poi si è preferito soprassedere. E penso sia stato un bene in quanto non si poteva porre al centro del principale incontro della Chiesa italiana una singola realtà. Ma se il laicato non è stato messo a tema del Convegno ecclesiale, esso è riemerso durante i lavori. E di fatto possiamo dire che a Verona è scoccata l’ora dei laici». Tutti gli interventi hanno avuto come comune denominatore il laicato. «È stato importante il richiamo al ruolo dei laici che devono avere un posto d’onore, ma mi sembra che sia da riprendere in mano anche una teologia del laicato, a cinquanta anni dall’inizio del Concilio».

Sulla stessa lunghezza d’onda Luca Cappelli, giovane rappresentante della diocesi di Fiesole. «Fa sempre bene sentire dirci che ai laici spetta un proprio spazio – spiega – La Chiesa è corresponsabilità ed è necessario confrontarsi serenamente senza essere prigionieri di concezioni troppo clericali». In piena sintonia con le proposte che stanno uscendo dal laboratorio-Verona anche David Micheletti, 31 anni, delegato della diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza. «La Chiesa italiana si sta aprendo ai laici – afferma – Ed è positivo. Ne è un esempio proprio questo Convegno in cui il laicato è presente in modo forte. E soprattutto può far sentire la sua voce».

Già, il confronto: è anche questo un risultato di Verona. «Qui si respira un clima di scambio proficuo – sostiene David – Nel corso dei gruppi di studio è possibile dialogare senza resistenze e sospetti. Si può essere d’accordo oppure si possono avere visioni diverse: ma si tratta sempre di una pluralità di punti di vista che si integrano al meglio». Lo sottolinea anche il vescovo De Vivo. «Il Convegno è un momento fondamentale di ascolto e di conoscenza fra le varie realtà ecclesiali dell’Italia. È sempre interessante ascoltare le esperienze che vanno dalle Alpi alla Sicilia».

Soddisfatto delle relazioni Luca Cappelli. «Sono ricche di spunti. Don Franco Giulio Brambilla ha richiamato ad un cristianesimo della semplicità che può dare una scossa al Paese. Ed è stato molto incisivo l’intervento di Savino Pezzotta che ha spiegato come la povertà non sia da intendere soltanto in senso economico ma anche come vulnerabilità e mancanza di accesso all’occupazione, all’informazione e ai servizi». Input che da Verona rimbalzeranno in Toscana attraverso i suoi centodieci delegati. «Il Convegno ecclesiale – dichiara David Micheletti – è una sorta di full immersion che farà vedere i suoi effetti quando saranno rielaborate a mente fredda le indicazioni emerse in questi giorni». È ciò che si augura monsignor De Vivo, a cominciare dal rilancio del laicato. «È un tema che dovrà avere una ricaduta nelle nostre diocesi, insieme alle parole del Papa che è un uomo di grande chiarezza e linearità».

Una comunità vicina alla gente, attenta ai laici e aperta al dialogoUna Chiesa capace di stare in mezzo alla gente, che riesce a valorizzare i laici, che scommette sulla formazione, che è in grado coniugare fede e ragione e che è in sintonia con l’Europa. Se c’è un’immagine della comunità cristiana targata Italia che esce dal Convegno di Verona, è quella di una Chiesa che si mette in dialogo. Con tutte le sue anime «interne», con le voci del mondo e con la cultura. Almeno secondo i delegati toscani che nella città scaligera hanno rappresentato le diocesi della regione fra i quasi tremila convegnisti che la scorsa settimana hanno partecipato ai cinque giorni di lavoro e dibattito. «Il Convegno – spiega l’aretino Franco Vaccari, presidente di Rondine – Cittadella della Pace, che ha guidato uno dei gruppi di studio sull’ambito della cittadinanza – ha espresso in modo chiaro le priorità e i bisogni della Chiesa italiana. Ma non ha indicato le strade che, invece, dovranno essere trovare dalle Chiese particolari». E fra le urgenze che sono emerse c’è quella accennata dal Papa di guardare alla «ragione come al terreno su cui si impostano la laicità e la possibilità di incontro con tutti gli uomini del nostro tempo». Di fatto occorre ritrovare l’attitudine al dialogo. «Direi che serve un’etica simpatica – sostiene il presidente di Rondine – che non vuol dire annacquata o banale, ma che è fatta soprattutto con molti “s씻. Un secondo input che parte da Verona è quello di allargare gli orizzonti. «Non possiamo più pensare soltanto all’Italia – afferma Vaccari –. Si deve pensare in termini di Europa. Anche l’episcopato non può fermarsi al singolo Paese ma deve essere uno sguardo che abbracci le Chiese del continente. Dalla base sale il desiderio di confronto che è anche una riflessione culturale per trovare i criteri per orientare, capire e agire». E poi c’è il tema dei giovani. «Forse era necessaria una loro presenza più ampia – sostiene Franco Vaccari –. Le altre generazioni rischiano talvolta di essere nostalgiche, mentre occorre ascoltare i giovani e dare loro responsabilità precise. Più che le quote rosa servono le quote verdi. Il futuro è nelle mani dei giovani: sono pochi, perciò vanno sostenuti creando spazi di espressione per farli crescere».

Una sfida che dovrà andare di pari passo con la scelta sempre più pressante di uscire dalle sagrestie. Lo dice senza giri di parole il fiesolano Enzo Cacioli, delegato regionale di Azione cattolica. «Dal convegno è arrivato in maniera forte l’invito ad essere una Chiesa più vicina alla gente. L’appello alla speranza non può restare sospeso a mezz’aria, ma va collocato in un rinnovato rapporto con le persone». Un compito che spetta prima di tutto ai laici. «Ha fatto piacere che il cardinale Dionigi Tettamanzi abbia riproposto il tema dei laici soprattutto a quarant’anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II che aveva elaborato una vera e propria teologia sul laicato». Da qui l’esigenza di dare più spazio ai laici. «Ma non si tratta di una forma di rivendicazione – spiega Cacioli –. La Chiesa deve riscoprire di essere popolo di Dio e non un semplice organismo di operatori pastorali come sembra trasparire in questi anni. Soltanto se si tornerà a ragionare in termini di popolo di Dio, saranno messi in risalto tutti i carismi compresi quelli dei laici che come persone dotate di intelligenza e capaci di amare hanno la possibilità di parlare all’uomo di oggi e farsi capire annunciando il messaggio evangelico». Un cambio di prospettiva da tradurre in pratica nel «dopo-Verona». «E per farlo bisogna ripartire da un impegno formativo delle coscienze – precisa il delegato di Ac –. Dire questo significa dare la priorità ai rapporti interpersonali e non a quelli mediatici di uno a due milioni di telespettatori. Nella Chiesa di Dio serve un confronto personale con chi ti passa accanto».

Anche la lucchese Maria Pia Bertolucci (a Verona non come delegata della diocesi, ma come presidente nazionale del Centro turistico giovanile) parla della valorizzazione dei laici come un’eredità fondamentale del Convegno ecclesiale. «Adesso il laicato deve diventare davvero laicato, tralasciando la tentazione di essere la brutta copia del sacerdote. Da Verona comincia veramente una nuova stagione per i laici impegnati nel mondo. Laici che hanno una loro specificità e che hanno necessità di uno spazio proprio». Un’avventura in cui la cultura ha un ruolo chiave. «I laici hanno bisogno di formazione – spiega la Bertolucci –. E lo strumento c’è già: è il Compendio della dottrina sociale che è stato pubblicato da poco ma che è già stato chiuso nelle nostre libreria. Il Compendio è davvero la bussola che può accomunarci tutti: da nord a sud, dalle parrocchie alle associazioni. Serve a rifondare il nostro impegno. Ed è un bel programma per i prossimi dieci anni che sono convita riuscirà a rimettere in moto il volontariato, la politica, la società civile e le parrocchie».