Pisa

Le felici intuizioni del filosofo Mounier

di Andrea Bernardini

Il filosofo francese Emmanuel Mounier non è più di questa terra ormai da decenni. Ma il suo pensiero di figura di spicco del personalismo risulta ancora suggestivo, le sue intuizioni «profetiche», la sua «passione per il reale» unica. La teoria del personalismo, considerato il frutto più evidente della dottrina sociale della chiesa, risulta ancora un ottimo strumento per preparare alla politica.A Teramo, dov’è un Centro ricerche personaliste, la teoria di Mounier viene ancora studiata, approfondita, aggiornata. A cento anni dalla nascita del filosofo francese, nello scorso gennaio, un convegno di studi ha calamitato esperti da tutta Europa, mentre una rivista, «Prospettiva Persona», porta avanti l’idea del neopersonalismo.A Pisa e San Miniato intorno al neopersonalismo è ruotato il convegno nazionale di studi pensato dalla Fondazione Toniolo in ricordo dell’economista e sociologo cattolico, di cui è ancora in corso la causa di beatificazione (postulatore della causa apostolica, Domenico Sorrentino, neovescovo di Assisi).Com’è possibile, oggi, riportare l’uomo al centro delle scelte politiche?Ne ha parlato, nella sua lectio magistralis, Andrea Bonaccorsi, economista e docente universitario a Pisa. Per lui, per arrivare a delle buone tesi neoper bisogna tener conto di alcune questioni che non si ponevano ai tempi di Mounier, specie la globalizzazione, che ci mette a confronto con culture, filosofie, approccio alla vita diversi: dove, ad esempio, fino ad oggi, non sono mai stati presi in considerazione diritti dell’uomo ormai scontati per la nostra cultura.Ecco dunque l’utilità di prender coscienza della fine di un’epoca – come ha osservato Mauro Magatti, sociologo della Cattolica -. Secondo il sociologo, «l’ultimo ancoraggio dell’identità collettiva è il territorio». Ne fanno da esempio la rivolta delle balieue francesi o la protesta contro la Tav in Valsusa. «La ribellione scoppia sia senza motivo in microterritori come le periferie in cui lo Stato è assente, sia per difendere grandi territori da decisioni calate dall’alto». E allora, che fare? Secondo Magatti alla società civile deve essere riconosciuto un ruolo guida per governare la convivenza e garantire i diritti umani. «Le persone non esistono senza società civile e questa a sua volta ha bisogno delle istituzioni». Altri suggerimenti sono arrivati da Andrea Simoncini, docente universitario a Macerata: «deve essere recuperato il dialogo della Costituente, garantito dal riconoscimento delle parti». Accusando: «Questa classe politica non ha una mentalità costituente perché studia le modifiche costituzionali in funzione di interessi elettorali dell’una o dell’altra parte. Nel 1948 i costituenti non sapevano che posizione avrebbero avuto nella Repubblica che stava per nascere».L’attivismo dei cittadini può passare anche… attraverso i media, specie quelli «vicini al terzo settore o missionari». È grazie a questi strumenti – ha osservato Michele Sorice, docente alla Sapienza, che il pubblico può diventare protagonista, passando dall’informazione all’azione».Ma non è solo la politica a dover ricollocare l’uomo al centro delle sue scelte – come aveva osservato in apertura di convegno Andrea Bonaccorsi -. È egli stesso chiamato all’autodeterminazione: seguendo un progetto di vita e non appiattendosi sul modello di società caldeggiato dal consumismo.