Opinioni & Commenti
Le difficoltà dei cattolici a tornare protagonisti
di Domenico Delle Foglie
E’ difficile non essere d’accordo con Andrea Riccardi, storico di professione e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, quando sostiene che «nel mondo cattolico ci sono riserve importanti di senso, energie e socialità. Manca però un federatore: non si vedono all’orizzonte né De Gasperi né monsignor Montini, capaci di unire e far germinare un partito come negli anni Quaranta». Giudizio impegnativo apparso in un editoriale del «Corriere della Sera», a metà agosto, mentre già la crisi economica impazzava e i nostri pensieri erano tutti per i tagli e le misure di rientro dal deficit pubblico.
Riccardi tornava così su un tema, quello della presenza politica dei cattolici che già nel mese di luglio aveva registrato un’impennata nei commenti sui media, vedi Ernesto Galli della Loggia che poco prima aveva evocato apertamente «l’inquietudine dei cattolici». Ma anche sulla scia di alcune iniziative di riaggregazione politica promosse dal Vaticano e da altri organismi come il «Forum delle persone e delle associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro» che ha prodotto un «Manifesto per la Buona politica e per il Bene comune». Infine c’è da segnalare, per il suo ruolo strategico, l’intervista resa ad «Avvenire» dal professor Lorenzo Ornaghi, rettore dell’Università Cattolica. Nella sua veste di politologo e intervistato dal direttore Marco Tarquinio, Ornaghi ha parlato dei cattolici come «giacimento di futuro», ma ha anche chiarito la sua «maggior simpatia per il sistema bipolare». In questo serrato dibattito non è mancata la voce del cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani. In un’intervista a «Radio anch’io», il presule ha collocato i cattolici «naturalmente» nel campo moderato, prefigurando uno schema bipolare alla tedesca, con un Partito popolare a matrice cattolica e un Partito socialdemocratico a trazione riformista.
Ce ne sarebbe abbastanza per dire che il tema è all’ordine del giorno, anche se proprio la grande crisi finanziaria che stiamo vivendo sembra aver steso un velo su questa prospettiva di impegno politico e messo in luce alcune debolezze propositive. Non per fare il verso a Giuseppe De Rita che ha denunciato una sostanziale mancanza di progettualità da parte dei soggetti sociali (la mitica società civile) in vista del superamento della crisi economica, ma forse anche il mondo cattolico ha peccato, in questo frangente, di creatività e di proposta. Di sicuro, non è mancata una forte sollecitazione a tener conto delle famiglie e della necessità che il peso dei tagli non ricada essenzialmente sui nuclei con figli. Così come forte è stata la denuncia fatta dal cardinale Bagnasco sulla insopportabile mole di evasione fiscale che attanaglia il Paese. Ma forse è ancora poco per affermare un protagonismo pubblico dei cattolici, tale da fungere da polo di attrazione.
Sono queste le occasioni in cui dovrebbe emergere quella capacità di visione in grado di dare un orientamento al Paese. Ma se un “federatore” dei cattolici oggi dovesse scendere in campo, innanzitutto dovrebbe essere in grado di fare sintesi su una visione del Paese, senza eludere alcun ambito, dalla politica economica a quella estera. E senza illudersi che la capacità dei cattolici di avere una prospettiva sociale, possa essere di per sé sufficiente. Purtroppo, in un mondo globalizzato come il nostro, non basta. Non può bastare.