Italia

Le Br preparavano un colpo a 25 anni dal rapimento Moro

i sono date «irresistibili» per i brigatisti rossi. Come il 16 marzo 1978. Venticinque anni fa il rapimento dell’onorevole Aldo Moro e l’eccidio della sua scorta a Roma. Le nuove Br-Pcc si stavano preparando ad una clamorosa azione armata proprio per il terribile anniversario. Dovevano aver già pronto il loro nuovo documento politico sulla prossima «campagna di primavera» per teorizzare la continuità della linea «di attacco al cuore dello Stato» e per la costruzione del Partito comunista combattente.Nessuno oggi può dire quanto siano stati sconvolti i disegni propagandistici delle Br dalla sparatoria sul treno Roma-Firenze domenica scorsa, l’arresto della latitante Desdemona Lioce e la morte del compagno brigatista Mario Galesi.La Lioce è un elemento di spicco dell’organizzazione: di fatto era da anni una «irregolare» delle Br. Studentessa alla facoltà di lettere a Pisa, nel febbraio del 1995 – quasi in concomitanza con l’arresto a Roma del marito militante dei Nuclei comunisti combattenti – lei all’improvviso affidò il suo gattino alle cure della mamma che vive a Firenze e decise il grande salto nella clandestinità. È riapparsa il 2 marzo 2003, con i capelli rossi e lisci, un viso un po’ depresso, nello scompartimento di seconda classe del treno partito la mattina presto da Roma Tiburtina e diretto a Firenze.Chissà quante volte ha fatto la spola in treno tra Milano, Firenze e Roma in questi anni. A Firenze Nadia Desdemona Lioce non andava per salutare i familiari, veniva in missione per conto delle nuove Br-Pcc, l’organizzazione eversiva che ha ucciso nel maggio del 1999 il prof. Massimo D’Antona e nel marzo dello scorso anno, il prof. Marco Biagi.C’è stata di recente, giusto un mese fa, a Firenze – ne sono convinti gli inquirenti fiorentini – anche per una rapina di autofinanziamento ad un ufficio postale nel popolare quartiere dell’Isolotto. Un commando di quattro persone, due uomini e due donne, armate di mitra e pistole. Un’azione decisa e sincronizzata. Bottino 67 mila euro e la fuga su due motorini, ritrovati a poche centinaia di metri. Uno era stata acquistato nuovo a Roma nell’estate e gli era stata applicata una targa di un motociclo rubato a Firenze di recente. Il negoziante di Roma avrebbe riconosciuto sin da domenica scorsa, nella Lioce, la donna che andò a comprarlo.Mario Galesi, deceduto in seguito al conflitto a fuoco sul treno, era latitante dal 1968, scomparso mentre era agli arresti domiciliari dopo una condanna per una rapina a Roma. C’è chi si affretta a indicarlo come uno dei componenti del commando che pedinò a Bologna nel marzo del 2002 e attese sotto casa il prof. Marco Biagi. Forse è presto per tirare certe conclusioni.Resta il fatto che sia per Desdemona Lioce che per Mario Galesi erano stati spiccati il 31 ottobre scorso dal Gip Maria Teresa Covatta di Roma due ordini di custodia cautelare per banda armata, insieme a quelli per altri brigatisti irriducibili, come Michele Mazzei di Castelnuovo Garfagnana già in galera a Trani, a scontare la condanna anche per l’omicidio dell’ex sindaco di Firenze, il repubblicano Lando Conti, colpito il 10 febbraio 1986.Dunque gli inquirenti non stavano inseguendo dei fantasmi, ma sapevano già molte cose di loro, conoscono i possibili nomi del commando entrato in azione a Bologna e a Roma.Ora si sa che certi «pesci rossi» tanto ricercati non sguazzano in abissali acque tropicali, fanno la vita dei pendolari, non temono di essere riconosciuti in treno da vecchi compagni d’università. Anche se usano computer palmari, micro camere, hanno documenti «sporchi» che al primo controllo serio risultano contraffatti. Non lamentiamoci se sempre più spesso, andando in giro in auto, a piedi o in treno, ci verrà chiesto di mostrare i documenti, come avevano fatto, tranquillamente, i 3 poliziotti della Polfer saliti sul treno Roma-Firenze domenica scorsa.Ma nel frattempo i parlamentari di ogni colore che non hanno mancato di esternare con loquacità in questi giorni, dovrebbero almeno fare una cosa improcrastinabile: mettersi d’accordo per istituire con attuazione immediata, presso la Direzione nazionale antimafia, il coordinamento delle inchieste di tutte le procure anche per i fatti di terrorismo. Unico modo per coordinare seriamente le indagini, evitare rivalità assurde tra Ros e Ucigos, tra carabinieri polizia e servizi di intelligence. Il territorio e le acque dove nuotano «i pesci rossi» vanno curati con costanza, con buon senso, intuito e la memoria lunga, affidata anche a banche dati centralizzate.A venticinque anni dal rapimento Moro e dall’annientamento della sua scorta, l’Italia della gente comune avrebbe il diritto di poter esigere coerenza di obiettivi primari da parte della classe politica. Sarebbe questo il modo migliore di rispondere a quanti, con le azioni studiate per l’anniversario del rapimento Moro, volevano rimettere in ginocchio questa nostra repubblica.

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