Toscana
Le Br preparavano un attentato ad Arezzo
«Anche alla luce di questo episodio non brancoliamo più nel buio», dirà in serata il ministro dell’interno Giuseppe Pisanu, riferendosi ai delitti D’Antona e Biagi. Qualche ore prima Pisanu aveva espresso cordoglio per la morte del poliziotto come avevano fatto il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e i presidenti di Camera e Senato.
Tutto è accaduto poco dopo le 8.30 di domenica 2 marzo, sul treno 2304 Roma-Firenze, fra le stazioni di Camucia e Castiglion Fiorentino, nell’aretino. Pochi i passeggeri a bordo del convoglio su cui viaggiano anche tre poliziotti della polfer, saliti alla stazione di Terentola dove prestano servizio. Devono effettuare controlli di routine, non è chiaro se per casualità o perché insospettiti decidono di chiedere i documenti ad una coppia seduta da sola su uno scompartimento. L’uomo e la donna consegnano i loro documenti. Col cellulare i poliziotti chiamano la polfer di Firenze per il controllo dei due nominativi. Sono entrambi falsi, ma il terminale della polizia dice solo che non si tratta di persone segnalate. La coppia non sa di essere riuscita a superare il controllo, forse teme che i poliziotti vogliano verificare anche i numeri delle loro carte di identità falsificate. Questo potrebbe essere il motivo per cui durante la telefonata, l’uomo estrae la pistola e la punta alla gola di Petri. I due chiedono anche di consegnare le armi ai poliziotti. Nasce una colluttazione. Petri viene colpito e muore prima dell’arrivo dei soccorsi. Il sovrintendente Bruno Fortunato, 45 anni, è ferito gravemente. A rispondere al fuoco sarebbe stato il loro terzo collega, Giovanni Di Franzo, 36 anni, che si trovava nel corridoio del vagone, ma non c’è certezza nella ricostruzione. Il passeggero viene comunque gravemente ferito e la sua compagna bloccata.
I due, dopo una serie di controlli incrociati fra Arezzo, Firenze e Roma, vengono identificati per Galesi e Lioce, quest’ultima irreperibile dal 1995 ma latitante ufficialmente dal settembre 2002, quando finisce nell’elenco dei destinatari dell’ordinanze di custodia cautelari decise dal gip di Roma nell’ambito dell’inchiesta sul delitto D’Antona. È accusata di associazione sovversiva. Galesi invece, già arrestato nel 1986 e nel 1997, era scomparso dal 1998 sfruttando un permesso dal carcere. Anche lui figura fra i destinatari dell’ordinanze di custodia cautelare di settembre. Entrambi sono sospettati di far parte delle nuove Br. Smentita invece la presenza di una terza donna insieme alla coppia, che sarebbe scesa frettolosamente dal treno quando si è fermato a Castiglion Fiorentino, dove sono arrivati i soccorsi: si tratta quasi certamente di un’extracomunitaria che ha voluto evitare controlli.
Nadia Desdemona Lioce viene prima portata in una caserma dei carabinieri e poi in questura ad Arezzo. Agli inquirenti dice sono: «Sono una prigioniera politica». Galesi è invece portato in ospedale ad Arezzo dove viene operato (L’altro poliziotto ferito sarà operato a Siena: è ferito al fegato e ad un polmome). La stanza dove è ricoverato è piantonata dalle forze di polizia, ma in serata, poco dopo le 21, muore.
Ad Arezzo intanto arrivano gli esperti dell’antiterrorismo da Roma e anche da Firenze, che aveva già indagato sulla Lioce, i magistrati della procura di Firenze e nel pomeriggio i loro colleghi di Bologna e Roma titolari dell’inchieste sui delitti di Biagi e D’Antona. In procura si svolge una riunione che dura tutto il pomeriggio e si conclude dopo le 20. Fra gli argomenti in discussione, che pare l’abbiano resa particolarmente animata, anche quale procura abbia la competenza a procedere. Le indagini sulla sparatoria sul treno alla fine rimangono alla procura di Firenze competente per i fatti di terrorismo in quanto capoluogo di distretto. Si procede però in collegamento con i magistrati di Bologna e Roma. Ad Arezzo arriva anche Alessandro Pansa, direttore delle polizie speciali, che poi andrà in visita alla famiglia di Petri. I due presunti br erano diretti ad Arezzo e secondo alcuni inquirenti «erano in fase operativa e presumibilmente stavano preparando un attentato». Certo all’esame della polizia ci sono un floppy disk, una microtelecamera, due agende elettroniche, e altra documentazione trovata in un borsone. Intanto ad Arezzo è stata rafforzata la scorta al sottosegretario al lavoro Maria Grazia Sestini, che vive nel capoluogo, stazione di destinazione dei due arrestati, in base al biglietto con cui era saliti sul treno a Roma. Per le indagini è competente la procura di Firenze ed in serata, poco dopo le 22,30, la Lioce, con una nutrita scorta, lascia la questura di Arezzo per essere trasferita in carcere del capoluogo toscano.
Dopo l’omicidio D’Antona la Lioce ritorna alla ribalta: circola prima solo il suo nome di battesimo, Desdemona, poi le sue generalità complete, tanto che la famiglia, tramite il proprio avvocato, diffonde una nota per rilevare che Nadia Desdemona «è una libera cittadina, mai sottoposta ad alcun procedimento penale per reati associativi nè di altra natura». Ma il 16 Maggio 2000 il suo affiora nell’ordinanza di custodia emessa nei confronti di Alessandro Geri, l’uomo che era stato accusato di essere il telefonista nell’omicidio D’Antona. E il 31 ottobre 2002, sempre nell’ambito delle indagini sull’omicidio D’Antona, il gip Maria Teresa Covatta emette sei ordinanze di custodia cautelare nei riguardi di presunti appartenenti alle Br-Pcc, su richiesta della procura della Repubblica di Roma: si tratta degli irriducibili Antonino Fosso, Michele Mazzei, Francesco Donati e Franco Galloni e di due irreperibili, appunto la Lioce e Mario Galesi. Nel capoluogo toscano la digos perquisisce le abitazioni dei familiari della Lioce ed anche l’abitazione di un altro familiare a Foggia. Il nome di Desdemona Lioce era poi stato fatto dal ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, nell’audizione dello scorso 27 gennaio alle commissioni congiunte Affari Costituzionali e Difesa della Camera dedicata all’azione contro la violenza politica e il terrorismo.
Nel ’98, sfruttando un permesso, Galesi sparisce dalla circolazione quando gli rimanevano pochi anni di carcere da scontare. Il nome di Galesi riappare quindi, insieme a quello della Lioce, il 31 ottobre dello scorso anno, nell’ordinanza di custodia nell’ambito delle indagini sull’omicidio D’Antona, emessa dal gip Maria Teresa Covatta nei riguardi di presunti appartenenti alle Br-Pcc, su richiesta della procura della Repubblica di Roma. (Ansa)