DI CARLO LAPUCCIA differenza del Natale, che ha tradizioni forti e condivise, non solo nel presepio e nell’albero, ma anche nei cibi che compaiono sulla tavola, la Pasqua ha invece una miriade di piccole usanze, riti, spesso locali che vanno eclissandosi rapidamente. Non parliamo delle grandi manifestazioni ancora vive, come il nostro Scoppio del carro, o altre, celebrate soprattutto nel Meridione, come le Inchinate di Antignano, di Lanciano di Montedoro, le Affruntate come quelle di Palermiti, di Sulmona, ma di quelle piccole tradizioni, delle semplici usanze che creavano nella vita un clima diverso, per cui, al loro ripetersi, si sentiva che era arrivata la primavera e con questa il periodo pasquale.Che arrivava la Pasqua si sapeva dagli spazzacamini. Arrivavano un mattino questi uomini neri con corde, attrezzi e mazzi di pungitopo, e chiedevano se si voleva pulire il camino. Contrattato il prezzo, uno sul tetto e uno in cucina, cominciavano a tirar giù fuliggine cantando canzoni sconosciute, perché di solito venivano di fuori, spesso dal Nord. L’arnese era lo scacciaragni, cioè un gran mazzo di pungitopi legato a una fune e fatto correre per la canna fumaria. La caligine, la polvere nera che invadeva la stanza era un bella metafora per la pulizia periodica dell’anima che si sentiva predicare in chiesa.La faccenda preludeva al lavoro più familiare e vistoso che erano le pulizie di Pasqua: le stanze pulite, vecchie cose gettate via, odore di cinabrese, di calce, di petrolio, di cera da mobili, le donne spenzolate dalle finestre a pulire vetri, tutto questo già metteva nel clima d’un inverno che finisce e della vita che si rinnova. A questa pulizia generale si collega la benedizione delle case, che molti intendevano come un’ispezione del prete per vedere se veramente era tutto pulito e tutto a posto. In campagna questo dura ancora, in città molto meno.Sulla tavola tengono duro gli alimenti tradizionali: l’uovo, ma si sta eclissando il rito della sua benedizione nel piatto bianco, involto nel tovagliolo candido con le cocche annodate. L’agnello è ancora di rigore, ricordo dell’Antico Testamento, segno del sole che entra nel Segno dell’Ariete, primo della serie zodiacale; la colomba ha preso piede promossa dall’industria dolciaria, ma difficilmente si rinnova la preghiera dell’inizio del pranzo pasquale.Risorge qua e là l’uso del bacio pasquale, all’uscita della messa della festa, forse rinverdito dalla lettura di romanzi russi, o dai film fatti su questi, come Resurrezione di Tolstoi. Le campane, altro simbolo della Pasqua perché legate al silenzio della Settimana Santa, si scioglievano fino a poco tempo fa, a mezzogiorno del Sabato santo. Oggi sono meno avvertite, mentre in passato, quando divenivano improvvisamente padrone del cielo, portavano i loro suoni anche negli angoli lontani e dimenticati.Altri riti erano più segreti, ma toccanti, come quello della distribuzione dell’acqua benedetta, che il Sabato santo veniva portata nelle case dove alimentava le acquasantiere domestiche delle camere da letto, con sopra l’olivo benedetto della Domenica delle Palme e accanto la candela della Candelora. Oggi le acquasantiere se le passano gli antiquari e gli arredatori, e poi restano aride, appese al muro, a fare arredamento.Altri riti, decisamente pagani, sono solo nella memoria, quale l’uso di mandare i ragazzi con campanacci, il sabato e la domenica, a svegliare le piante facendo un gran frastuono per la campagna, perché consci della loro responsabilità, ce la mettevano tutta. Lo stesso si dica della tradizione d’abbracciare le piante nella convinzione di far loro raddoppiare i frutti.Una volta, quando si usavano le fasce, si era soliti toglierle ai bambini e farli camminare per la prima volta al momento in cui si scioglievano le campane di Pasqua. Era un rito segreto, di buon augurio, di religiosità dubbia, ma era seguito e si diceva dare i piedi. Era comunque bello che una creatura cominciasse il cammino della vita accompagnato dal suono delle campane della Resurrezione di Cristo. A questo momento era legata un’altra superstizione: quella per la quale le donne si scioglievano le trecce pensando che il suono delle campane le facesse crescere più lunghe. Ma qui chi sa quali reminiscenze pagane vi si nascondono.Tipica della Toscana è la colazione mattutina di tutta la famiglia riunita dopo la messa. Insieme all’uovo benedetto si mangiano salumi e una specie di torta chiamata in vari modi, tra i quali pane condito. Legato alla vera spiritualità cristiana era l’uso della richiesta del perdono, prima di toccare l’uovo. Vi si rintraccia la tradizione pagana del padre come sacerdote del culto domestico. Toccava a lui dire per primo: – Chiedo perdono a Dio e a tutti voi. Gli altri rispondevano.– Chiedo perdono a Dio e al babbo.La tradizione, forse la più antica, misteriosa e suggestiva che è uscita dall’orizzonte è quella dell’Agnus Dei. Un tempo erano diffusissimi questi tondi, o ovali di cera che recavano impressa l’immagine del Mistico Agnello con il nome del papa regnante e, sull’altra faccia, quella di un Santo. Preparati dai cistercensi, benedetti dal papa nella sala del Concistoro, il loro uso è antichissimo e nacque nel IX secolo, forse anche prima, dalla consuetudine di rompere il vecchio cero pasquale e distribuirne i frammenti ai fedeli. Difficile distinguere la funzione e l’uso che ne faceva la gente tra benedizione e amuleto, e forse la Chiesa li permise proprio per contrastare sopravvivenze pagane. Che scompaiano gli Agnus Dei, pazienza. Ma che al loro posto arrivino il pacco, il contropacco e il paccotto, con gli amuleti dai prezzi astronomici dei maghi televisivi, beh, questo, se mai, lascia assai perplessi.