Pisa

L’Avvento spiegato ai bambini

Recuperare il Natale si può. Anzi, si deve. Se vogliamo svincolarci dalla pubblicità, dai cenoni, dalla corsa al regalo…possiamo ripartire dai più piccoli, far riscoprire loro il senso dell’incontro con Gesù, del dono, dello stare insieme. Nei sussidi diocesani per l’Avvento-Natale 2010 la Chiesa pisana si rivolge in particolar modo alle famiglie, primo nucleo di evangelizzazione. Raccontare l’attesa e l’incontro con Gesù è sempre un’impresa, in famiglia come in parrocchia. Ne abbiamo parlato con don Tonino Lasconi, scrittore, giornalista, autore di numerosi testi di catechesi.

Don Tonino, l’Avvento – come ogni tempo di preparazione – è spesso il periodo in cui si «aspetta una festa». Ogni educatore lo sa: è difficile spiegare ai bambini – e anche agli adulti – che ad essere attesa è una Persona…

«L’Avvento, fatta eccezione – forse – per i monaci e i teologi, è ormai l’attesa della Festa di natale (l’uso delle maiuscole e minuscole non è casuale!). Ogni anno di più. Perché la pubblicità dei mass-media e delle vetrine anticipa e potenzia continuamente il suo “avvento”. È inutile recriminare. Serve la strategia dei primi cristiani che si inserivano dentro le feste pagane per cambiarle da di dentro. La pubblicità , infatti, utilizza intelligentemente i segni del Natale cristiano: la luce (le luminarie), il dono (la corsa ai regali), lo stare insieme (cene e pranzi), mentre non pochi cristiani “Savonarola” vorrebbero un Natale senza luminarie, né doni, né cene e pranzi. Cioè un Natale non più “festa” e quindi inefficace. Si può invece sfruttare la pubblicità. Recita la canzoncina: “È Natale e a Natale si può fare di più. È Natale e a Natale si può dare di più”. Non ci vuole molto a far sorridere bambini e non ricordando loro che “fare e dare di più” non può significare mangiare più panettone, ma… Le occasioni sono tantissime per far comprendere con la pubblicità che il Natale è festa di luce, perché Gesù è la luce; festa di doni, perché Gesù è il dono di Dio; festa di cene e pranzi perché il messaggio del Natale è quello del Vangelo: amatevi gli uni gli altri; amate tutti, soprattutto i più piccoli. La pubblicità celebra il Natale per fare soldi. Ma noi mica siamo fessi! Noi lo celebriamo con luci, doni e incontri perché Betlemme ha annunciato che la vita è luce, è dono, è incontro».

Certo, la tendenza generale è a preferire il «tutto e subito»: è difficile parlare di attesa già con gli adulti, figuriamoci con i bambini. Come far riscoprire il significato di questo tempo?

«La nostra società consuma “tutto e subito” perché è sempre in attesa di trovare qualcosa che riempia l’attesa. Si aspetta il weekend, la domenica, il ponte, la settimana bianca, le ferie…perché si spera che lì ci sia finalmente la pienezza che appaga. Ma le cose non possono riempire l’attesa, perché noi siamo più grandi delle cose. Noi viviamo di attese perché siamo fatti per l’attesa di Colui che può darci la vita vera e piena. Questa verità va annunciata ad adulti e bambini, perché l’attesa in loro è la stessa, cambiano soltanto i “giocattoli” che la illudono. L’urgenza vera, quindi, è evangelizzare i problemi, le inquietudini, le domande vere della gente, il messaggio autentico della festa del Natale, che non è sorta per giocare al compleanno di Gesù, al Gesù che nasce un’altra volta, ma per ricordare che, da Betlemme in poi, la storia va incontro al Signore. Il tempo di Avvento è sorto come forte impegno di purificazione in attesa del “Giudice”. Ciò non vuol dire cancellare il Natale tipo “bambino che nasce in famiglia” sviluppatosi nel Medioevo e consacrato da San Francesco – la storia non torna mai indietro -, ma dare ai segni della attuale festa la capacità di diventare ricoperta e potenziamento dei valori che la nascita di Gesù ha portato, perché sono quei valori che ci preparano a incontrare il Signore della storia».

Parliamo di Anno liturgico: anche i più assidui nella vita parrocchiale rischiano di trascurare lo scorrere del tempo secondo la Chiesa e le particolarità dei cosiddetti “tempi forti”. C’è un modo secondo lei per recuperare questo aspetto, a partire magari proprio dai più giovani?

«Il modo c’è: stimolare una fede adulta e consapevole, capace di creare nuove forme di evangelizzazione, di catechesi e di liturgia più incarnate nell’oggi. Penso con un brivido a quante cose scontate, trite e ritrite, retoriche si sentiranno in questo “forte” nelle chiese e nelle aule del catechismo. Sempre le stesse letture, gli stessi commenti, le stesse esortazioni a …sempre agli stessi!».

I catechisti possono usare qualche «strategia di animazione» – ce ne sono tante – per “sottolineare” l’Avvento… Ma in famiglia? Come «rompere» la routine e vivere insieme l’attesa di Gesù?

«Le iniziative ci sono: il presepio nelle famiglie; un presepio non solo bello ma anche significativo in parrocchia; un lumino e una preghiera da portare a casa; iniziative di carità e di servizio; incontri di amicizia e convivialità tra famiglie… Purtroppo queste iniziative non sprigionano tutta la loro potenzialità a livello di maturazione di fede per la carenza di una catechesi – sia per i bambini che per gli adulti – efficace. Però qualcosa smuovono. Certo, se la parrocchia non fa niente, e la notte di Natale il parroco sciupa la possibilità di lasciare un messaggio efficace alla chiesa stracolma, sbraitando contro coloro che vengono a messa solo a Natale, è inutile lamentarsi della pubblicità».