Toscana

LAVORO: NEL 2005 TIENE L’OCCUPAZIONE IN TOSCANA

Nel 2005 tiene l’occupazione in Toscana, ma continua la crisi degli addetti nel settore manifatturiero. E’ quanto emerge dalle prime elaborazioni della Regione sulla media delle rilevazioni Istat delle forze di lavoro nel 2005. La media annuale del 2005, rileva una nota della Regione, mostra la complessiva tenuta della disoccupazione (il 2005 si chiude su un tasso del 5,3%, contro il 5,2 % del 2004) e un lieve aumento dell’occupazione (63,7% nel 2005 contro il 63,2% del 2004). Questi dati, secondo l’assessore regionale all’istruzione, formazione e lavoro, Gianfranco Simoncini, non si possono leggere senza tener conto di alcuni fattori che sembrano condizionare sempre di più l’andamento del mercato del lavoro toscano. “In primo luogo – rileva l’assessore – vale per la Toscana ciò che si è detto anche per il dato nazionale: il risultato degli occupati ha infatti risentito, anche nella nostra regione, della progressiva iscrizione all’anagrafe degli stranieri regolarizzati. Ciò contribuisce all’aumento dell’occupazione anche in presenza di una sostanziale stasi del sistema produttivo. Va detto però che, anche tenendo conto dell’apporto dei lavoratori stranieri, l’occupazione risulta comunque in leggera crescita”.

A conferma di queste preoccupazioni, l’assessore evidenzia i dati disaggregati per settore, che evidenziano una buona performance dell’occupazione nei servizi (+2,7%) ma un calo nell’industria (-0,6%), calo che si fa più marcato nell’ultimo trimestre del 2005 con 5 mila occupati in meno rispetto allo stesso trimestre del 2004).

Per quanto riguarda invece la situazione dei cosiddetti lavoratori atipici nell’ultimo trimestre del 2005, l’Istat, spiega la nota, fornisce solo il dato relativo al lavoro a termine dipendente per l’area del centro Italia: in questo periodo questo tipo di contratti sono saliti al 12,3% del totale, rispetto all’11,5% di un anno fa. Alla luce di questi dati appare chiaro, secondo Simoncini, l’impegno della Regione deve puntare a “rilanciare e rafforzare l’industria manifatturiera, stabilizzare e dare maggiori garanzie e diritti al lavoro atipico, per non scambiare flessibilità per precarietà”. (ANSA).