Nonostante la crisi, l’occupazione cooperativa italiana (1.200.000 addetti, senza considerare co.co.pro. e prestazioni professionali), che dal 2000 è cresciuta del 37%, nel 2009 ha continuato a crescere del 2%. A fornire il dato è stato il presidente di Confcooperative, Luigi Marino, durante l’assemblea dell’organismo, che si è aperta oggi a Roma. In Italia, ha proseguito Marino nella sua relazione annuale, diminuisce il numero delle ditte individuali e cresce il numero delle cooperative: ogni anno si costituiscono infatti circa 8 mila cooperative, che con un asso più elevato di mutualità e di forte partecipazione dei soci, sono quelle che crescono di più, e che hanno le migliori prestazioni in ordine a fatturato, utili, capitalizzazione e investimenti. Tuttavia, la lezione della crisi non va dimenticata: Nell’interesse delle persone e della famiglia, prima ancora delle imprese ha detto marino abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere al nostro governo di essere in prima fila nel mettere a punto nuove regole, nuove istituzioni internazionali, nuovi controlli. Ridurre diseguaglianze e povertà è condizione di sviluppo complessivo e di pace, nel mondo come nel nostro Paese. Occuparsene è il primo dovere cella classe politica. Avere conti pubblici in ordine, alleggerire il debito pubblico, contenere il disavanzo ha proseguito Marino è una condizione di giustizia sociale. Altrimenti, quando la crisi scoppia, ne fanno le spese proprio i deboli: i giovani, gli anziani, specie non autosufficienti, e gran parte delle famiglie. A proposito del confronto tra lo Stato e le Regioni, Marino fa notare che sarebbe antifederalista pensare di gettare il riequilibrio dei conti solo sulle spalle dello Stato. Ma anche tra le Regioni e gli enti locali, i comportamenti più virtuosi, come sobrietà e risparmio, dovrebbero essere valorizzate. Vivacizzare lo sviluppo, senza aumentare la spesa pubblica: questa la ricetta di Confcooperative. Riguardo al tema del lavoro, Marino ha proposto di porre mano a riforme strutturali trasformando in interventi legislativi le proposte del Libro Bianco sul futuro del Welfare, in modo da disegnare più modernamente i diritti fondamentali di chiunque lavori, perché il precariato non può essere un precariato esistenziale. Quanto al divario tra Nord e Sud, il relatore ha osservato che decenni di interventi straordinari non lo hanno spostato di un punto: un terzo della popolazione del Paese produce meno di un quarto di Pil. Di qui la proposta di rilanciare come protagonisti nel mondo del credito gli imprenditori e le comunità locali del Mezzogiorno.Sir