Il Natale si avvicina, con le sue immagini di tenerezza, romanticismo, affetti familiari, e così via. Ci sfugge spesso, tuttavia, il suo carattere «passionale», ovvero la passione di Dio per l’uomo, la simpatia estrema di Dio per l’uomo; Dio che fa in modo di condividere la stessa condizione umana in tutto fuorché nel peccato.Se Dio fosse venuto con potenza, sarebbe stato un idolo, tremendo, splendente, senza spazio di accoglienza per la nostra libertà. Invece cosa vediamo? La grandezza di un bambino piccolo, l’aspetto «tremendo» di un bimbo fasciato in una mangiatoia che nasce in un notte dentro una stalla perché negli alberghi non c’era posto per lui e la sua famiglia. In Dio che raggiunge l’uomo, noi scorgiamo tutta la parabola dell’amante che fa in modo di raggiungere l’amato, rimasto in solitudine o addirittura, talvolta, incapace di riconoscerlo.Chi viene a visitare questo bambino, nella sua «prima ora» al mondo? Dei pastori, gente anonima e ritenuta insignificante, tuttavia capace di provare meraviglia: il primo gradino di un cuore che si apre all’incontro con qualche altra persona nuova. Dopo l’incontro incredibile e inatteso col Dio fatto uomo, ecco l’apertura alla lode, riconoscendo la gloria di Dio.Se la gloria può essere ritenuta come «il peso specifico di Dio», capace di rendersi «a misura d’uomo», ecco l’importanza di rendere i nostri problemi, le nostre ansie e paure, un po’ più «a misura di Dio», così come la possiamo contemplare nel Natale. di don Davide Papaianni direttore dell’Ufficio catechistico diocesano