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L’attentato in piazza San Pietro

Erano le 17 e 19 del 13 maggio 1981, un assolato pomeriggio romano, quando dei colpi di pistola risuonarono tra la folla accorsa in piazza San Pietro per l’udienza generale: Giovanni Paolo II, colpito, si accasciò sulla papamobile scoperta, sorretto dai suoi collaboratori più stretti, in una corsa disperata verso l’ospedale. Sono passati 22 anni dall’attentato di Ali Agca, da quel tentativo fatto dal killer turco di uccidere Karol Wojtyla, di fermare il corso della storia.

Il papa, ferito gravemente all’addome, rischiò di morire dissanguato nel trasporto all’ospedale Gemelli, dove subì un lungo e delicato intervento, grazie al quale riuscì a sopravvivere nonostante il colpo ricevuto. Giovanni Paolo II ha sempre attribuito il fatto di non essere morto sotto i colpi di Agca all’intercessione della Madonna di Fatima, la cui festa cade proprio il 13 maggio, in ricordo della prima apparizione, nel 1917 ai tre pastorelli portoghesi.

Un destino che ha strettamente legato l’attentato a Fatima: nel 2000, in occasione del giubileo, Giovanni Paolo II ha reso pubblico il contenuto del «terzo segreto di Fatima» interpretandolo proprio come la profezia di un attentato contro il Pontefice e identificandosi con quel Pontefice. Per la pubblicazione del terzo segreto, il 13 maggio di tre anni fa, papa Wojtyla si recò a Fatima, dove già era stato dopo l’attentato in segno di ringraziamento alla Madonna.

A suggello della sua devozione Giovanni Paolo II, infatti, aveva donato al santuario di Fatima la pallottola estrattagli dall’intestino, proiettile che come una gemma dall’84 è incastonato nell’aureola della corona della statua della Madonna. La fascia bianca insanguinata che portava il giorno dell’attentato, invece, è nel santuario polacco di Jasna Gora, la cui Vergine è venerata da secoli come simbolo della nazione polacca.

Un aspetto particolare dell’attentato è il perdono che Giovanni Paolo II ha dato ad Alì Acga: il turco fu perdonato dal papa pochi giorni dopo l’attentato, durante il primo Angelus che Karol Wojtyla pronunciò quattro giorni dopo essere stato ferito dalla sua stanza dell’ospedale Gemelli. Giovanni Paolo II rinnovò il suo perdono ad Agca il 27 dicembre 1983, quando incontrò Agca nel carcere di Rebibbia: «Quello che ci siamo detti – spiegò il Pontefice successivamente – è un segreto tra me e lui. Gli ho parlato come si parla ad un fratello che ho perdonato e gode della mia fiducia». Alì Agca ebbe poi, nel giugno 2000, durante il Giubileo, la grazia dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e – dopo aver trascorso oltre 19 anni nelle carceri italiane – fu estradato in Turchia, dove sta ora scontando le pene per reati commessi in quel Paese. (Ansa)