Lettere in redazione

L’astensionismo non serve a niente

Caro Direttore,ci stiamo avvicinando al 13 e 14 aprile, date in cui saremo chiamati ad esprimere la nostra preferenza per il rinnovo del Parlamento; il sentimento comune più diffuso è quello di rigetto verso una politica incapace di rispondere alle esigenze primarie dei cittadini. Nonostante questo, come lei sottolineava un po’ di tempo fa, «l’antipolitica ha molte ragioni ma non ha ragione». Vorrei quindi esortare tutti coloro che si riconoscono nei valori cristiani a non disertare le urne: tanto più che, visti gli schieramenti di partenza, la situazione mi pare molto più chiara rispetto al recente passato, cioè è molto più facile individuare quelle forze che realmente si ispirano ai valori cristiani ed alla dottrina sociale della Chiesa. Walter CarnesecchiMassa Marittima (Gr)

La sfiducia crescente verso la politica, o meglio verso il ceto politico, è chiaramente percepibile in questa vigilia elettorale: infatti a tutt’oggi tre elettori su dieci sono incerti se andare a votare e soprattutto per chi votare. Questo diffuso stato d’animo, che non può non preoccupare, è certo determinato da quelli che vengono comunemente indicati come i «privilegi della casta», ma io sono d’accordo con lei, caro Carnesecchi, che il motivo principale di questa disaffezione è la «sperimentata incapacità della classe politica nel suo insieme a rispondere alle esigenze primarie dei cittadini» ossia a perseguire davvero il bene comune. Ma proprio perché la sfiducia investe il personale politico gli elettori vorrebbero poterlo selezionare, anche all’interno della lista prescelta, attraverso il voto di preferenza, puntando sulle persone più che sui programmi, che spesso contengono promesse che difficilmente potranno essere mantenute.

Questo con l’attuale legge elettorale non è possibile e così si è costretti a votare l’intero pacchetto che le segreterie dei partiti – cioè un ristretto numero di persone – hanno confezionato. Eppure, nonostante tutto, credo che sia opportuno non disertare le urne, soprattutto perché per noi gente comune il voto è l’unico modo di incidere sulle future scelte politiche . E ogni voto è utile, anche quando si rivolge a formazioni che potrebbero non raggiungere la soglia di sbarramento: è infatti importante, a mio parere, far chiarezza, per esempio, su quanto sono radicate tra la gente le istanze fortemente anticlericali portate avanti dai socialisti di Boselli o quelle della lista Ferrara, che pone al centro la drammatica realtà dell’aborto e non solo in Italia.

L’appello ad andare a votare è però da lei soprattutto rivolto «a coloro che si riconoscono nei valori cristiani» perché «la situazione è più chiara rispetto al recente passato» ed è più facile «individuare quelle forze che si ispirano alla dottrina sociale della Chiesa». C’è qui un chiaro riferimento all’Unione di Centro, nata dalla confluenza elettorale del partito di Casini e del movimento «Una rosa per l’Italia» di Pezzotta e Tabacci. Su questa forza politica si è espressa «Famiglia Cristiana» con osservazioni in gran parte condivisibili. «Avremmo preferito – si afferma – un soggetto totalmente nuovo e non l’assemblaggio di due simboli, in modo da collocarsi definitivamente al di fuori delle ambiguità del passato». «Questo richiedeva però un coraggio, che non c’è stato, a cominciare dalla selezione dei candidati, che avrebbe dato a questo tentativo un profilo più alto e più credibile».

Resta comunque il fatto  – e questa parte dell’editoriale di «Famiglia Cristiana» è stata ignorata dalla maggior parte dei media – che l’Unione di Centro è «l’unica forza che afferma espressamente la sua ispirazione cristiana» e che «ora il Centro c’è e ridefinisce le posizioni politiche». E questo indubbiamente rappresenta per gli elettori, non solo cattolici, una possibilità di scelta in più.