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«Lasciate in pace Enea», su Toscana Oggi l’intervento del presidente dell’ordine dei giornalisti

Lasciate in pace Enea, il piccolo depositato qualche giorno fa nella culla per la vita della clinica Mangiagalli. Lasciate in pace la madre senza fissa dimora che ha rinunciato a crescere la propria bimba e l’ha lasciata all’ospedale Buzzi a Milano. Tenete al riparo queste vicende strazianti dallo sciacallaggio di qualche talk show televisivo e dalle imprudenti e inopportune dichiarazioni di opinionisti della domenica in cerca di coriandoli di illuminazione mediatica. Benissimo ha fatto Francesca, giornalista dell’Ansa di Milano, a mandare al diavolo una sedicente collega che chiedeva lumi per poter localizzare la madre della piccola neonata del Buzzi. La ringrazio per la scortesia con cui ha risposto a tale richiesta e per avere reso nota la circostanza. La rispostaccia di Francesca serve a definire il perimetro che distingue il giornalismo da altre attività che lucrano sull’esposizione del dolore e che non hanno alcun intento informativo.Le storie vanno raccontate, i fenomeni sociali non vanno nascosti, ma le persone, i protagonisti di drammi laceranti vanno protetti. C’è una bussola che deve guidare sempre il giornalismo: l’essenzialità della notizia. L’identità di una madre disperata non aggiunge valore alla notizia, rendere riconoscibile la neonata è un reato e una violazione deontologica da sanzionare con la massima severità.I giornalisti devono rispettare la Carta di Treviso, parte costitutiva del Testo unico della deontologia, e non possono rendere in alcun modo riconoscibili i minori per non compromettere l’armonico sviluppo della loro personalità e il loro processo di maturazione, un diritto che non può essere calpestato da nessuno. Nemmeno in nome dell’audience, dello share. Un diritto che ha iniziato a prendere forma, giusto un secolo fa, con la Dichiarazione dei diritti del fanciullo a cui è seguita la Dichiarazione dei diritti del bambino del 1959. Un lungo cammino di civiltà che siamo impegnati a non dimenticare, ma a rafforzare.L’abbandono di un neonato da parte di una madre è una vicenda straziante che non può essere trasformata in un ring televisivo e neppure in una palestra per maldestri interventi. Del resto, da molti secoli, almeno dieci, nelle ruote degli innocenti (o degli esposti, a seconda delle denominazioni) vengono raccolti neonati che non possono essere accuditi dai genitori.L’informazione serve a scavare nei fenomeni sociali, a mettere a nudo non le identità personali ma il disagio e le difficoltà. Con rispetto e umana comprensione. Quella che è mancata a due opinionisti improvvisati, un comico e un medico, le cui dichiarazioni, quelle sì, meritavano di finire nel cestino delle redazioni.

Carlo Bartoli

*presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti