Italia

L’«arcobaleno» di Assisi, 25 anni dopo

di Maria Chiara Biagioni

Venticinque anni fa, i leader mondiali delle religioni furono chiamati da Giovanni Paolo II ad Assisi per invocare la pace insieme e ciascuno nei luoghi e secondo le proprie tradizioni religiose. Fu un evento unico nel suo genere, privo all’epoca di riferimenti storici e, pertanto, profetico. Da allora lo «spirito di Assisi» non ha cessato di soffiare, sebbene il mondo si ritrova oggi ferito in più parti da scontri, conflitti e guerre. Ne parliamo con uno dei grandi protagonisti dell’evento di Assisi 1986: il card. Roger Etchegaray, che all’epoca ricopriva la carica di presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace e come tale fu chiamato da Giovanni Paolo II a collaborare con lui alla preparazione di quell’evento.

Come fu accolta l’iniziativa?

«Fu una novità: mai prima ci fu un’iniziativa del genere. Occorreva all’epoca molta audacia, direi quasi profetica, per riunire mondialmente dei responsabili religiosi. La preoccupazione del Papa fin dall’inizio fu quella di capire come poter invitare i leader religiosi per pregare per la pace evitando non solo ogni sincretismo ma anche ogni apparenza di sincretismo. Era un grande problema e ci sono state a questo proposito molte riunioni con il Papa per trovare una formula che poi portò al programma di Assisi. Certo non tutti hanno compreso: sapete bene che ci sono state delle opposizioni non soltanto da parte cattolica ma da parte della corrente integralista lefebvriana che accusò il Papa di considerare tutte le religioni uguali».

Come ha vissuto il Papa queste opposizioni?

«Ha molto sofferto. Assisi era un’iniziativa unica, una prima in assoluto nella storia della Chiesa e delle Chiese cristiane. Il Papa prese tutte le precauzioni; fece di tutto per evitare fraintendimenti. Riunì la curia romana e i cardinali e mi incaricò di presentare il programma. E poi dedicò quattro Angelus di domenica unicamente per spiegare all’opinione pubblica questa iniziativa».

E il mondo come reagì?

«C’è un avvenimento di cui si è parlato poco. Il 4 ottobre, festa di san Francesco, due settimane prima della giornata di Assisi, Giovanni Paolo II si trovava in Francia, a Lione e in maniera del tutto inaspettata lanciò un appello perché il 27 ottobre ci fosse almeno per un giorno una tregua. C’erano moltissime guerre in atto e in tutto il mondo e il Papa chiese che nel giorno di Assisi, il 27 ottobre, le armi tacessero. Ebbe molte risposte, alcune anche inattese. Era inimmaginabile all’epoca che un Papa potesse domandare un tregua simile».

Che cosa aveva nel cuore Giovanni Paolo II?

«Aveva in cuore soprattutto la preghiera perché – ne era convinto – senza la preghiera non si può mai ottenere una pace duratura, una pace giusta. Il 27 ottobre 1986 fu un giorno straordinario: l’avvenimento fu seguito da 500 giornalisti. Ricordo che il Papa accolse le delegazioni delle diverse religioni alla Porziuncola. C’erano rappresentanti del buddismo, dello shintoismo, e anche delle religioni animiste, provenienti soprattutto dall’Africa. Eravamo lì, tutti insieme: mi ricordo che dalla Porziuncola siamo saliti su un pullman per raggiungere la basilica di san Francesco e mi ricordo ancora l’immagine di Giovanni Paolo II seduto accanto al delegato del Patriarcato ecumenico, al Dalai Lama, all’arcivescovo di Canterbury. Così gli uni accanto agli altri, come fratelli, cercatori tutti, responsabili in qualche modo della pace nel mondo. Secondo la formula del Papa: insieme ad Assisi per la pace perché tutti siamo figli nell’umanità, pregando però ciascuno nei luoghi e secondo le proprie tradizioni per evitare ogni sincretismo. Era un giorno di ottobre piuttosto nuvoloso se non addirittura piovoso e alla fine della mattinata apparve un magnifico arcobaleno che abbracciava tutta la città. Giovanni Paolo II, la sera, mi disse personalmente: “Avete visto l’arcobaleno? È stato per me una grande sorpresa e una grande consolazione perché vi ho visto il segno che Dio è veramente con noi ed è per la pace tra gli uomini”».

La pace tra gli uomini sembra oggi una meta impossibile. Solo qualche giorno fa al Cairo, 24 cristiani copti sono stati uccisi…

«I copti sono nel cuore di un difficile cambiamento politico in Egitto. Sono cristiani. Non solamente al Cairo ma in tutto il Medio Oriente i cristiani, a qualsiasi confessione appartengano, sono le persone più perseguitate. Benedetto XVI lo ricorda spesso in questi giorni. È un mistero. Ma occorre reagire al fatto che le religioni possano portare alla guerra, allo scontro. È purtroppo vero che nei secoli ci si è battuti in nome di Dio. Quando ero un giovane seminarista nei Paesi baschi occupati dall’armata nazista di Hitler, ricordo che i soldati portavano una grossa cintura in vita dove era scritto: Gott mit uns (Dio è con noi). È impensabile: né la Bibbia né il Corano, se si leggono bene e non in maniera perversa, inducono gli uomini alla guerra. Tutti i libri ispirati da Dio sono sempre libri che parlano di pace».

Di fronte all’attualità dei conflitti ancora in atto in molti regioni della terra, ha ancora senso oggi parlare dello «Spirito di Assisi»?

«Assisi è stato un avvenimento che ha fatto fare un passo straordinario in avanti all’umanità perché ad Assisi, si è presa coscienza che l’umanità costituisce una famiglia umana dove tutti sono fratelli, qualsiasi sia la diversità religiosa a cui appartengono. Tutti sono fratelli, perché tutti in una maniera o nell’altra dipendono da un creatore, da un Dio, da un padre. Ma si sa, è più difficile fare la pace che fare la guerra. E la preghiera è la sola maniera per ottenere la pace».

La situazione mondiale però getta un’ombra di pessimismo su questa considerazione. Lei cosa ne pensa?

«Non si tratta di essere pessimisti. Bisogna essere realisti e il realismo chiede di prendere atto che la violenza è sempre esistita, fin dall’inizio della storia degli uomini. Basta pensare alle figure di Caino e Abele: un fratello che uccide suo fratello. Dio vuole la felicità di ogni uomo ma ha anche donato ad ogni uomo il più bel dono che poteva fare, e cioè la libertà. E quando l’uomo è libero come Dio ha voluto, l’uomo purtroppo può usare e abusare della sua libertà. Non ci si deve scoraggiare perché non si avrà realisticamente mai una pace dappertutto. È vero che siamo in un periodo in cui il male, la violenza e l’odio sono forti e sembrano predominare ma è altrettanto vero che ci sono ancora oggi un po’ dappertutto e anche nei Paesi in guerra, sussulti di riconciliazione, di fraternità, di solidarietà che danno speranza sebbene siano poco conosciuti».

Quale ruolo possono svolgere le religioni?

«La storia insegna che la pace non sarà mai perfetta perché c’è il mistero del male. Il ruolo dei responsabili delle religioni è grande nella misura in cui sono essi stessi testimoni dei messaggi di pace e di fraternità che diffondono. E ciò chiede a ciascuno di noi un passo di conversione».

Come nacque l’iincontro del 1986L’idea nacque dalla lettera di un protestante «Bisogna innanzitutto rendersi conto del periodo storico che la Chiesa e l’umanità stavano vivendo 25 anni fa. Era il periodo della guerra fredda, il mondo era diviso in due e c’era anche la minaccia di una guerra nucleare. Era quindi un periodo molto duro per i responsabili della pace. Papa Giovanni Paolo II era già considerato un apostolo della pace, in più il 1986 fu dichiarato dalle Nazioni Unite anno internazionale per la pace». Il card. Etchegaray, che all’epoca era presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, ci tiene a contestualizzare la storica decisione di Wojtyla di chiamare ad Assisi i leader di tutte le religioni a pregare per la pace. «Ricordo – prosegue il Cardinale – che un tedesco, un protestante, Carl Friedrich von Weizsäcker, un fisico di reputazione mondiale, fratello dell’allora presidente della Federazione tedesca, scrisse al Papa chiedendogli di indire un “Concilio mondiale per la pace”. Il Papa lesse con molta attenzione quella lettera. Il Papa mi chiamò, mi mostrò quella lettera e mi chiese un consiglio e mi disse che voleva fare qualche cosa. E con me chiamò qualche giorno più tardi anche altri due presidenti di dicasteri: il responsabile del dicastero per l’unità dei cristiani, che all’epoca era il card. Johannes Willebrands, con il suo vice padre Duprey, due grandi apostoli del’ecumenismo; e poi il responsabile del dicastero per il dialogo interreligioso, il card. Francis Arinze». Fu l’inizio di una lunga serie di incontri. «Non ho più visto il Papa così spesso come in quei giorni – prosegue Etchegaray –. Si decise così di organizzare una giornata di preghiera per la pace e il Papa stesso ebbe l’idea di organizzarla ad Assisi, la città di san Francesco, città che Giovanni Paolo II amava moltissimo e che gli sembrava il luogo adatto per accogliere un incontro di preghiera con i leader mondiali delle religioni». La schedaVenticinque anni dopo i leader mondiali delle religioni torneranno ad Assisi. A indire l’incontro ancora una volta un Papa. Il 1° gennaio scorso, al termine della preghiera dell’Angelus, Benedetto XVI ha annunciato di voler solennizzare il 25° anniversario dello storico incontro tenutosi ad Assisi il 27 ottobre 1986, recandosi pellegrino nella città di San Francesco e invitando nuovamente ad unirsi a questo cammino tutti gli uomini di buona volontà.

Il tema. La Giornata avrà come tema: «Pellegrini della verità, pellegrini della pace». Sono stati invitati i rappresentanti delle comunità cristiane e delle principali tradizioni religiose e alcune personalità del mondo della cultura e della scienza che si sentono sulla strada della ricerca della verità e avvertono la comune responsabilità per la causa della giustizia e della pace in questo nostro mondo. L’immagine del pellegrinaggio riassume il senso dell’evento che si celebrerà: si farà memoria delle tappe percorse, dal primo incontro di Assisi, a quello successivo del gennaio 2002 e, al tempo stesso, si volgerà lo sguardo al futuro, con il proposito di continuare, con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a camminare sulla via del dialogo e della fraternità.

Il programma della giornata. Le delegazioni partiranno da Roma, in treno, la mattina del 27 ottobre. All’arrivo in Assisi, nella basilica di Santa Maria degli Angeli, momento di commemorazione dei precedenti incontri e di approfondimento del tema della Giornata. Interverranno esponenti di alcune delle delegazioni presenti e anche il Papa prenderà la parola. Seguirà un pranzo frugale, condiviso dai delegati, che intende esprimere il ritrovarsi insieme in fraternità e, al tempo stesso, la partecipazione alle sofferenze di tanti uomini e donne che non conoscono la pace. Sarà poi lasciato un tempo di silenzio, per la riflessione di ciascuno e per la preghiera. Nel pomeriggio, tutti i presenti in Assisi parteciperanno a un cammino che si snoderà verso la basilica di San Francesco. Sarà un pellegrinaggio, a cui prenderanno parte nell’ultimo tratto anche i membri delle delegazioni; con esso s’intende simboleggiare il cammino di ogni essere umano nella ricerca assidua della verità e nella costruzione fattiva della giustizia e della pace. Si svolgerà in silenzio, lasciando spazio alla preghiera e alla meditazione personale. All’ombra della basilica di San Francesco, là dove si sono conclusi anche i precedenti raduni, si terrà il momento finale della giornata, con la rinnovazione solenne del comune impegno per la pace. In preparazione a tale Giornata, Benedetto XVI presiederà in San Pietro, la sera precedente, una veglia di preghiera, con i fedeli della diocesi di Roma. Le Chiese particolari e le comunità sparse nel mondo sono invitate a organizzare momenti di preghiera analoghi.

La storia. Il 27 ottobre 1986, fu convocata da Giovanni Paolo II una Giornata mondiale di preghiera per la pace, ad Assisi, a cui presero parte i rappresentanti di tutte le grandi religioni mondiali. Vi parteciparono 50 rappresentanti delle Chiese cristiane (oltre ai cattolici) e 60 rappresentanti delle altre religioni mondiali. Per la prima volta nella storia si realizzava un incontro come questo. L’intuizione di Giovanni Paolo II era semplice: partiva dalla consapevolezza che «la preghiera e la testimonianza dei credenti, a qualunque tradizione appartengano, può molto per la pace nel mondo». L’appello fu ascoltato e per un giorno intero tacquero le armi. Giovanni Paolo II è tornato ad Assisi con i leader religiosi del mondo il 10 e l’11 gennaio 1993, mentre era in corso la guerra nei Balcani. Ma soprattutto vi è tornato il 24 gennaio 2002, dopo l’11 settembre 2001. Allora il Papa invitò ancora una volta a ritrovarsi in Assisi chiedendo alle varie religioni di farsi strumento di pace perché l’odio e la guerra non portano se non altro odio e altra guerra.