Il vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, Riccardo Fontana, ha scelto la Messa del Crisma per far sentire la vicinanza della Chiesa alle famiglie toccate dalla crisi economica e ai poveri del territorio. Durante la celebrazione che ha presieduto nella mattina del Giovedì Santo nella Cattedrale di Arezzo e che è stata concelebrata insieme a quasi duecento preti della diocesi, l’arcivescovo ha donato per i più bisognosi tre regali che aveva ricevuto quando era stato nominato arcivescovo di Spoleto-Norcia e consacrato vescovo nel 1996: un’antica croce pettorale d’oro, ametiste e perle; un anello in platino circondato da diamanti donato all’arcivescovo dal cardinale Achille Silvestrini, prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali, di cui Fontana era stato segretario quando era a servizio della diplomazia vaticana; e un orologio Rolex in oro, sempre regalato nella seconda metà degli anni Novanta.I tre oggetti, che l’arcivescovo ha indossato durante la Messa, sono stati consegnati da Fontana in un vassoio al momento dell’offertorio. «Mi sono reso conto che nella nostra diocesi la povertà sta crescendo sempre più e in molte case non c’è neppure il cibo sufficiente per sfamarsi ha detto Fontana . Per questo penso che possiamo tutti spogliarci del superfluo per venire incontro alle urgenze del territorio». Un invito che l’arcivescovo ha esteso ai sacerdoti esortandoli a seguire il suo gesto e a offrire quanto è possibile.Nel corso della celebrazione è stato offerto anche l’«olio dei poveri», un’iniziativa lanciata nei mesi scorsi che vede impegnate le zone pastorali chiamate a turno, ogni anno, a raccoglierlo. Quest’anno è stato donato dalla zona pastorale di Cortona-Castiglion Fiorentino dove le parrocchie si sono mobilitate nelle scorse settimane per assemblare l’olio. «Da quel gran quantitativo ha detto l’arcivescovo è stato attinto il necessario per gli oli santi. Il resto andrà alle mense dei poveri e alle famiglie in ristrettezze economiche che la Caritas diocesana ha già individuato».Nell’omelia il presule ha spiegato il senso dell’offerta dell’olio: «Sant’Agostino ci insegna che l’olio è il simbolo della carità. Come l’olio sovrasta gli altri liquidi, così nella Chiesa deve emergere soprattutto la carità verso chi è nel bisogno e nel dubbio. “L’olio che è alimento per il fuoco, è il segno sacramentale dello Spirito Santo”. “L’olio che ci fa ardere è la misericordia di Dio, non le nostre forze”. “L’olio è il simbolo della carità”. Portare l’olio nei vasi significa avere la carità nel cuore. Sta per le opere buone di cui gloriarsi. Questa Chiesa attraverso i suoi ministri vuole impegnarsi ancora nel servizio della carità».Nella sua riflessione, Fontana ha fatto sentire la sua voce di fronte alla difficile situazione che si vive nell’Aretino: «Di fronte al dilagare della crisi che si sta facendo sempre più forte in città e nel territorio, non rimarremo spettatori estranei alle sofferenze e alle preoccupazioni della nostra gente. Non resteremo indifferenti di fronte ai tanti che si stanno rivolgendo alla nostra Caritas per chiedere aiuto. Nella società umana la Chiesa quando si impegna nella carità è un punto di riferimento per tutti ed esprime coerenza con quanto proclama».Fontana ha voluto che la Messa crismale fosse una manifestazione della comunione della Chiesa locale invitando a parteciparvi non solo sacerdoti, religiosi e diaconi, ma anche il mondo laicale. E lo ha sottolineato durante l’omelia: «Questa assemblea dà il segno dell’unità sacramentale del popolo di Dio e ne esprime la sua dimensione regale, profetica e sacerdotale: con l’espressione della liturgia, è quasi epifania della Chiesa, corpo di Cristo organicamente strutturato. Nei vari ministeri e nei carismi, qui raccolti nella santa convocazione annuale, ci è dato di vedere con gli occhi della fede i doni nuziali del Cristo alla sua sposa pellegrina nel mondo. Ci sono offerti anche gli strumenti per calare l’utopia nella storia: attraverso la nostra disponibilità alla grazia divina si entra nella logica del Magnificat. Se sapremo farci ancora servi del Signore, possiamo raccontare al mondo la benedizione di Dio come un fatto già storicizzato. Ciascuno di noi, nell’ambito della vocazione ricevuta, si lasci interpellare». di Giacomo Gambassi