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L’Aquila due anni dopo: troppa burocrazia

(ASCA) – L’Aquila, 4 apr – Due anni in cui la Chiesa aquilana si è concentrata sul recupero di un tessuto sociale fatto a brandelli dal terremoto. Ma anche sul difficile compito di puntellamento degli edifici di culto (tanti e troppo danneggiati). E sul sostegno morale ad una comunità messa a dura prova nella fede. Eppure la Chiesa aquilana non si è mai arroccata. Ha fatto da pungolo e da stimolo alle istituzioni preposte alla ricostruzione. L’arcivescovo Giuseppe Molinari, ed il vescovo ausiliare, Giovanni D’Ercole, giunto in città subito dopo il tragico evento, sono scesi in mezzo alla gente, condividendone sentimenti ed ansie. Quando il popolo delle carriole ha rimosso provocatoriamente le macerie dal centro, monsignor D’Ercole era lì, pala in mano e tonaca bianca di polvere. Oggi Molinari riflette e confida all’Asca: “La ricostruzione materiale, nella fase dell’emergenza, quella gestita direttamente dal Governo e dalla Protezione civile, è stata celere e molto bella. Le diocesi, il volontariato, ma anche i gruppi non cattolici hanno fatto una grande gara di solidarietà. Ma è da un po’ di tempo, ormai, che aspettiamo l’inizio dei lavori nelle sedi istituzionali, nei monumenti, nella città storica”. La Curia aquilana ha cercato di dare il proprio contributo di idee, organizzando due master (uno già svolto), con architetti, ingegneri, esperti. Molinari e D’Ercole hanno partecipato anche a diversi incontri con la struttura commissariale e con i rappresentanti degli Enti locali. “Ci sono tante difficoltà, i finanziamenti, i lacci di leggi ed ordinanze – osserva Molinari – Gli stessi responsabili del Provveditorato alle opere pubbliche mi dicono che c’é troppa burocrazia e che spesso la normativa è contraddittoria”. L’arcivescovo riconosce che una “scossa” è stata data nell’ultima riunione del tavolo tecnico, e nella precedente col sottosegretario Gianni Letta. “A volte nei comuni del circondario è andata meglio che all’Aquila – sottolinea ancora – Fossa ne è un esempio. Qui gli alpini hanno costruito un villaggio ed una chiesa ed hanno addirittura ringraziato il Sindaco per non averli ostacolati”. Grazie al contributo della Cei, la diocesi aquilana ha provveduto a far partire i lavori in alcune chiese del centro storico, San Biagio e Cristo Re, ed alla messa in sicurezza di molte altre. Ma i danni sono davvero enormi ed è quasi impossibile quantificarli economicamente. Di sicuro ha deluso la famosa “lista di nozze” stilata per spronare i Paesi esteri ad adottare un monumento o un immobile religioso. Dai “grandi” solo semplici manifestazioni d’intenti. E’ stato di parola il Kazakistan che ha stanziato 1,7 milioni di euro per la chiesa di San Biago d’Amiternum, appunto, e per la chiesa di San Giuseppe De Minimi. Dalla Russia sono attesi circa 9 milioni per palazzo Ardinghelli e per la chiesa di San Gregorio Magno. Tre i milioni che la Francia ha destinato alla chiesa di Santa Maria del Suffragio, o delle Anime Sante; la metà dell’importo totale necessario al restauro. Ad Onna, chiesa di San Pietro Apostolo, giungeranno 3,5 milioni del governo tedesco. Quanto agli aiuti italiani, la Regione Veneto, che aveva promesso 1,2 milioni, a crescere fino a 5 milioni, si è invece fermata a 300 mila euro, appena sufficienti per i puntellamenti. Tra le risorse frutto di donazioni, raccolte di associazioni e fondazioni, iniziative varie, per il patrimonio religioso e culturale si è toccata cifra 29 milioni “di lista” e 9 “fuori”. Qualcuno ha ipotizzato che occorrerebbero almeno 3,5 miliardi. La diocesi, poi, ha dovuto fare i conti con i molti aquilani catapultati lontano dal capoluogo o nelle 19 new town delle periferie. Molinari nega però che i fedeli di un tempo si siano allontanati da Dio e dalla chiesa: “La gente riflette su questa grande tragedia e si convince che l’uomo non può andare avanti solo con la sua superbia. C’é bisogno di più umiltà perché non siamo artefici del creato. L’uomo deve ritrovare il giusto posto. Se purtroppo abbiamo subito tante morti è perché c’é stata tanta superficialità”. La Chiesa aquilana, due anni dopo, ha ridato vita a tutte le iniziative religiose. Lo stesso Molinari ha ripreso le visite pastorali. “Non serve l’odio politico – ammonisce infine il presule – è necessario invece guardare al bene comune e ricostruirlo con l’aiuto della fede”.