Opinioni & Commenti
Laici in piazza con il Papa: il risveglio del gigante addormentato
di Giuseppe Savagnone
Si può considerare l’incontro del 16 maggio a Roma sotto diversi profili. Uno, il più immediato, è quello dell’affetto e della solidarietà che esso vuole esprimere nei confronti di Benedetto XVI, dopo i volgari e ingiusti attacchi che gli sono stati rivolti ultimamente per fortuna da settori ben delimitati dei mezzi di comunicazione in occasione delle polemiche sulla pedofilia. L’iniziativa della Consulta nazionale delle aggregazioni laicali appare, da questo punto di vista, un’opportuna risposta del mondo cattolico a un’ondata di aggressività che a molti ha dato l’impressione di essere stata orchestrata da centri più o meno occulti di potere mediatico e culturale.
Un secondo profilo, non meno importante, riguarda la riaffermazione, da parte del mondo cattolico, della propria vitalità e della propria ricchezza, dopo una fase in cui di esso si sono sottolineate in modo unilaterale le innegabili responsabilità e i limiti. Non a caso a convergere a Roma sono le aggregazioni laicali, vale a dire quella variopinta e vivacissima galassia di gruppi, associazioni, movimenti, il cui contributo quotidiano nell’ambito del volontariato, della solidarietà, della cultura, è sotto gli occhi di tutti e smentisce l’immagine riduttiva che troppo spesso si dà della Chiesa.
In televisione e sui giornali si intervistano solo vescovi e cardinali (nella migliore delle ipotesi, qualche teologo). Questa immagine clericale della comunità ecclesiale si presta poi, naturalmente, a facili liquidazioni sommarie non appena si registrino delle cadute morali come quelle, senza dubbio gravissime, del fenomeno della pedofilia.
Il raduno del 16 maggio vuole ricordare a tutti che sia negli aspetti positivi che in quelli negativi la considerazione della Chiesa da parte della gente va modificata e allargata. E che, se già è assurdo e ridicolo ridurre tutta la ricchezza dell’esperienza di tanti presbiteri e religiosi ai casi dolorosi di corruzione o di connivenza emersi in queste settimane, ancora più assurdo ciò appare quando ci si misura con l’immenso continente delle realtà ecclesiali laiche.
C’è infine un terzo profilo legato al precedente , che, a nostro avviso, non va perduto di vista, ed è anzi forse il più fecondo per il futuro. Troppo spesso il laicato rimane confinato, anche dentro la Chiesa, in ruoli sussidiari, che ne mortificano la relativa autonomia, soprattutto nelle questioni culturali e politiche. Siamo ancora lontani dalla piena realizzazione del grande messaggio del Concilio, che aveva aperto la strada a una reale compartecipazione dei laici alla missionarietà della Chiesa, non più come semplici esecutori, ma come co-protagonisti.
Da questo punto di vista, il fatto che le aggregazioni laicali prendano l’iniziativa di scendere in campo non pilotate, non commissariate dall’autorità gerarchica, ma con una loro libera assunzione di responsabilità in un momento difficile per la Chiesa, non è solo un punto d’arrivo, ma anche di partenza. È una prova di maturità, il segnale di una presa di coscienza da parte di quello che è stato definito «il gigante addormentato», che lascia sperare in un suo sempre più pieno risveglio, non solo di fronte alla sfida presente, ma alle tante che si delineano per il futuro.