Toscana
L’agricoltura scende in piazza
di Stefania Moretti
L’agricoltura toscana scende in piazza. Lo slogan, con cui, il 1° ottobre, Coldiretti ha avviato la mobilitazione, si prepara a diventare realtà. Il 27 novembre, infatti, Firenze, sarà inondata di imprenditori agricoli, trattori e bandiere gialle per la più importante e imponente manifestazione di settore. Il momento clou della protesta sarà preceduto da una simbolica «presa» del capoluogo di regione, attraverso l’allestimento di presidi informativi che, fin dal pomeriggio del 26, porteranno, nei punti strategici della città (a cominciare da Piazzale Michelangelo), i mezzi agricoli, protagonisti di una sorta di virtuale ma suggestivo accerchiamento. Abbiamo chiesto a Tulio Marcelli, Presidente di Coldiretti Toscana, di chiarirci i motivi della rivendicazione che, da quasi due mesi, ha portato la più importante organizzazione agricola a intraprendere la strada del conflitto.
Presidente, qual è la molla che vi ha convinto a scendere in piazza?
«Purtroppo, in Toscana, la concertazione tra istituzioni e forze sociali in agricoltura è stata interpretata in modo distorto. Non c’è un confronto reale né la possibilità di una vera e propria partecipazione al percorso decisionale. Si tratta, di fatto, di avvallare scelte già fatte, che, per giunta, non tengono conto della centralità dell’agricoltura. È un meccanismo perverso, che non dà il giusto peso a un settore, il cui valore è invece universalmente riconosciuto».
Questo atteggiamento cosa ha prodotto?
«Del valore aggiunto del territorio della Toscana si sta avvantaggiando chi toscanizza prodotti provenienti da fuori regione e penalizza invece l’agricoltura toscana, profondamente segnata da un quadro normativo penalizzante, che, in alcuni casi, finisce per diventare addirittura punitivo. Penso, per esempio, agli obblighi imposti dalla legge urbanistica, che impone la demolizione degli annessi agricoli quando questi non sono più funzionali all’attività. O all’agriturismo, dove la ristorazione è consentita solo agli ospiti e dove la classificazione è impostata in modo da dare al consumatore la sensazione di una proposta di qualità inferiore rispetto all’offerta presente in altre regioni. Questo ha prodotto uno svantaggio competitivo insopportabile per le imprese presenti sul territorio. Senza una tempestiva inversione di rotta, molte attività saranno costrette a chiudere, asfissiate da norme capestro, da un improponibile eccesso di burocrazia, da decisioni che certo non aiutano le aziende ad affrontare il mercato».
Cosa vi aspettate da questa azione?
«Che gli amministratori di questa regione, finalmente, riconoscano all’agricoltura la dignità di settore produttivo, capace di generare immagine, reddito e occupazione, invece di concepirla come comparto assistito o al più come una vetrina per l’esibizione di rari e preziosi gioielli, promossi con strumenti folcloristici. Questa visione non rende merito ai sostanziosi investimenti e agli sforzi sostenuti dagli imprenditori per stare sul mercato e induce l’apparato pubblico a un’interpretazione restrittiva delle norme e ad attivarsi con rigidità in controlli e richieste che appaiono addirittura vessatori».
Cosa chiedete?
«Vogliamo una politica agricola seria e lungimirante, basata sulla valorizzazione dell’origine dei prodotti; su un quadro normativo adeguato; su una semplificazione burocratica non solo apparente; sul potenziamento della filiera corta; su una valorizzazione del vero made in Tuscany, quello per cui Coldiretti si è spesa con impegno per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare condivisa da oltre 26 mila cittadini. Tutto questo non solo nell’interesse degli agricoltori ma anche dei consumatori. Non dimentichiamo che sono loro infatti le prime vittime del processo di toscanizzazione dell’agroalimentare, che rischia di fare della Toscana una semplice piattaforma logistica per il transito di prodotti a caccia di un brand di prestigio ai fini della valorizzazione commerciale, cosa che trae in inganno chi acquista e penalizza chi produce nella nostra regione. Coldiretti si sta battendo con forza perché tutti gli alimenti abbiano, così come accade già per le Dop, l’origine dei prodotti chiaramente indicata in etichetta. Anche questo il 27 novembre scendiamo in piazza. E con noi, ne sono convinto, ci saranno molti, moltissimi consumatori, ambientalisti, rappresentanti della società che credono nell’importanza del nostro lavoro. La manifestazione che ci porterà in corteo per le strade di Firenze infatti non è contro, per per difendere la qualità dell’agricoltura toscana».