Doveva essere proprio uno di questi giorni di dicembre. Il Celano racconta che San Francesco confidasse ai suoi il desiderio di fare personalmente esperienza dell’incarnazione di Cristo: dell’umiltà delle vicende di Betlemme, della carità della passione del Signore. Fu il primo presepe, quando il Poverello chiese a messer Giovanni di lasciare Santa Maria degli Angeli per ritornare al suo castello di Greccio, dove, a chi fosse arrivato in cerca del Signore, avrebbe potuto dare un aiuto. Accoglienza è la prima parola chiave per addentrarsi nella logica del Natale. Mentre il Vangelo annota che Maria e Giuseppe non trovarono alloggio a Betlemme, oggi come allora «accogliere» è la risposta del credente a Dio che si fa vicino, nella persona del bisognoso, nella storia del nostro giovane poco rispettoso delle regole, di chi è scacciato e non considerato dagli altri.Ancora il Celano racconta come frate Francesco non abbia costruito una scena, un ambiente di carte colorate né di muschio raccolto nei boschi e di statuine; egli invece volle coinvolgere personalmente i nostri antenati nella ricerca di Dio, che si fa prossimo per incontrare l’uomo. È questo il senso del cammino verso Greccio e di quanto il Santo, a cui tutti i cristiani fanno volentieri riferimento, ha voluto farci capire. Riuscì a convincere gli uomini e le donne del Medioevo. Li convinse a uscire dal quieto vivere e mettersi in marcia, alla ricerca di Dio. L’umiltà cara alla nostra gente non è tanto riscoprire che abbiamo bisogno di Dio, ma che Dio, anche in questo ci ha preceduto, venendo in cerca dell’uomo: è il messaggio di Betlemme. Quando te ne rendi conto sperimenti come all’umiltà si aggiunga spesso la letizia. È il binomio di Natale, è la chiave cristiana per avvicinarci alla fonte della pace. L’intuizione geniale di San Francesco è di passarci il messaggio che anche tu puoi fare da pastore in quel gran presepio che è la storia umana, purché tu abbia l’umiltà di cercare la letizia del cuore, riscoprendoti amato da Dio. Abbiamo provato anche noi ad Arezzo ad avviare un pellegrinaggio per far nostre le valenze del presepio. I primi «pastorelli» arrivati in Cattedrale sono stati gli scout del territorio che, con il corteggio di nonne e di genitori, sono saliti in Duomo per la «luce di Betlemme». Bambini e adulti pronti a cantare la loro letizia hanno detto, con la semplicità che è loro connaturale, ciò che da duemila anni tutti sanno: Gesù è in mezzo a noi, Emmanuele. I giornali hanno già riferito come la Cattedrale fosse gremita. Perché ci deve essere sempre chi dubita che la generazione più giovane sia capace di cose alte e belle?Appena passate le feste natalizie, avrò il privilegio di andare in Terra Santa con una delegazione della diocesi, l’unica al mondo che porta il Santo Sepolcro nello stesso titolo. Andremo a preparare il gemellaggio con il Patriarcato Latino di Gerusalemme, come avevo promesso entrando in diocesi lo scorso settembre. La relazione con i cristiani latini della Palestina si esprimerà con gesti di carità verso i più poveri e impegno a favore della cultura della pace. Faremo appunto come dice il Celano, cronista del primo presepio. Arriveremo anche noi a Betlemme, «portando, ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida la stella che illuminò tutti i giorni e i tempi».Non arriveremo a Greccio, ma l’essenziale è ugualmente garantito. La nostra esperienza condivisa sarà il luogo ideale perché il Natale sia, anche quest’anno, l’occasione per incontrare il Signore.di Riccardo Fontana arcivescovo