Italia
L’abolizione della Tasi sulla prima casa? «Aiuta i meno abbienti»
Ora che il presidente della Repubblica, Mattarella, ha approvato la legge di stabilità, 19,7 milioni di italiani proprietari di «prime case» tirano un sospiro di sollievo per l’abolizione della «Tasi». Si tratta della famosa «tassa sui servizi individibili», vale a dire illuminazione, manutenzione delle strade, anagrafe e altri servizi amministrativi, polizia locale e interventi vari (cultura, assistenza, ecc.) che riguardano tutta la cittadinanza. A meno di sorprese nel dibattito alle Camere per l’approvazione finale della legge, il 16 dicembre sarà l’ultima volta che pagheremo questa imposta. Con essa scomparirà anche l’Imu sempre inerente le «prime case», eccetto per quelle di lusso, quali ville o castelli oltre ad appartamenti ultra-signorili in centro.
Dai calcoli effettuati da parte di centri studi e associazioni di consumatori, la stima del risparmio medio per ciascun proprietario di prima casa è di circa 230 euro nelle città capoluogo e un po’ meno, 180 euro, nei piccoli centri. Imu e Tasi insieme, calcolate per abitazioni di pregio, potevano arrivare anche a 2-3 mila euro annui e addirittura a cifre superiori (nei casi estremi, fino a 5-6 mila euro) nelle grandi città. Risulta che soltanto 583mila italiani abbiano pagato più di 600 euro per la Tasi, mentre tre quarti dei proprietari (oltre 14 milioni) hanno avuto un conto inferiore ai 200 euro. C’è anche da rilevare che dopo il periodo dei governi Berlusconi in cui era stata tolta la tassa sulla casa, con l’arrivo della nuova tassazione a pioggia l’insieme delle entrate statali sul mattone erano salite da 9,8 miliardi di euro nel 2011 a 23,9 miliardi nel 2014. Un incremento del +143%, cioè quasi una volta e mezza in più. Questo fattore – a detta di molti – avrebbe contribuito pesantemente ad «ammazzare» l’edilizia rendendo non più attraente l’investimento-principe degli italiani.
Otto italiani su 10 sono «proprietari». Attorno all’abolizione della Tasi si è sviluppato un dibattito singolare, a metà strada tra la politica e la morale. Infatti, la Cgia (associazione di artigiani e piccole imprese) di Mestre, famosa per i suoi studi e proiezioni statistiche e contabili, ha rilevato che a beneficiare dell’abolizione della Tasi saranno il 78% delle famiglie italiane, cioè quanti posseggono nel nostro paese una (o più) case. Gli altri o sono in affitto o in usufrutto. Fatto 100 il totale dei proprietari, una grossa fetta di essi (l’82,6%) sono pensionati (43,7%), operai (17,4%), impiegati (17,9%) a reddito medio-basso o ancora disoccupati e inattivi (3,6%). La parte rimanente (17,4%) è costituita da dirigenti, imprenditori o liberi professionisti e lavoratori autonomi in genere, considerati le categorie «affluenti» del Paese. Il punto è, allora, se abolire la Tasi significa andare incontro ai bisogni economici principalmente dei ceti meno abbienti. Si dirà che togliere 230 euro in media all’anno è poca cosa, ma nel complesso si tratta di oltre 4 miliardi di euro, soldi pronti per essere spesi. Per capire cosa ne pensano le parti sociali, abbiamo rivolto ad alcuni protagonisti nell’area cattolica o a chi si ispira alla dottrina sociale della Chiesa. «La Cisl – ha dichiarato Annamaria Furlan, segretaria generale – è assolutamente d’accordo nel togliere le tasse sulla prima casa. Chiede semmai chiarezza su quali prime case: se pensiamo a ville, castelli, attici è chiaro cosa intendo dire. Già qualche mese fa – prosegue – avevamo depositato una legge di iniziativa popolare dove chiedevamo di togliere queste tasse sulle prime case, pensando soprattutto ai lavoratori e ai pensionati che molto spesso con grandi sacrifici avevano in diversi anni raccolto i fondi per questo acquisto. Quindi plaudiamo a questo provvedimento anche se vorremmo la conferma dell’esclusione delle situazioni segnate dal lusso».
Trovare correttivi per i redditi più alti. «Una delle poche cose buone che ci sono nella legge di stabilità»: con queste parole Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori (Mcl), risponde alla domanda sul significato di questo provvedimento. «Sono certamente d’accordo sulle considerazioni che riguardano i lavoratori a basso reddito e i cittadini meno abbienti. E quindi aggiungo che occorre trovare un opportuno correttivo o meccanismi per bilanciare coloro che possono pagare qualche centinaio di euro in più l’anno». Costalli ricorda come la casa sia «il bene delle famiglie italiane per eccellenza, per il quale generazioni hanno fatto sacrifici e accumulato risparmi con grandi privazioni». Piuttosto, lancia un messaggio al governo: «Mi lasciano perplesso i tagli ai Caf e patronati in genere. Ma ce n’era proprio bisogno?», chiede. Il presidente delle Acli, Gianni Bottalico, condivide la tesi della «progressività nei confronti dei redditi medio-alti» da inserire in sede di dibattito parlamentare. «Chi è ricco o molto ricco – afferma – è giusto che non abbia una esenzione totale, perché gode dei vantaggi maggiori usufruendo dei servizi erogati. Del resto il taglio dovrebbe dare un utile stimolo alla domanda interna e contribuire a rimettere in moto l’occupazione».