Italia

L’Abbé Pierre in Toscana

di Elisabetta CaselliPieve di Romena: lo sguardo spazia sul grande spettacolo delle colline casentinesi, sul tappeto di prati, sulla foresta lungo la strada. L’animo però è rapito dalla suggestione dell’antica chiesa: faro sulla pista dei pellegrini che scendevano dal nord Europa verso Roma, poi casa di preghiera per un mondo contadino ormai estinto e oggi luogo di ritrovo per tutti coloro che ricercano la propria armonia interiore.

«Mon Dieu», fu l’espressione di stupore e meraviglia pronunciata dall’Abbé Pierre entrando nella Pieve di Romena nel 1997. Un’espressione che tutti possono fare propria, soprattutto oggi che la Pieve è illuminata dalla luce del sole e da semplici candele, decorata di fasci di spighe, con tanta gente seduta per terra e sulle panche, che aspetta l’arrivo di uno dei suoi padri spirituali, l’Abbé Pierre, appunto.

A quasi novantun anni di età il fondatore di Emmaus, il prete dei senzatetto, dei diseredati, dei poveri, torna in Toscana in occasione dei festeggiamenti per i trent’anni della Comunità di Laterina (Arezzo), la prima fondata in Italia e alla quale, nella nostra regione, sarebbero seguite quelle di Prato, Firenze e Quarrata.

Tutta la Fraternità di Romena, insieme a tante persone giunte da tutta la Toscana, è in attesa dell’anziano religioso di cui verrà presentato il libro Foglie sparse, una raccolta di poesie, di «grida di collera dell’amore, di passione» scritte nel lontano 1955, e per la prima volta pubblicate in italiano dalle edizioni di Romena, con la prefazione del cardinale Roger Etchegaray.

Eccolo, è arrivato, lentamente entra in chiesa: di corporatura minuta, capelli e barba bianca, la sua figura sprigiona spiritualità, lo accoglie un lungo applauso, molti occhi si inumidiscono e tante braccia si allungano come per stringerlo in un fraterno abbraccio, le labbra vorrebbero dirgli: grazie. Grazie per tutto quello che hai fatto durante la tua vita, grazie per averci insegnato cosa vuol dire vivere il Vangelo.

L’Abbé Pierre è una di quelle persone che vorresti conoscere di persona. E quando hai la fortuna di incontrarlo non ti delude.

Il suo credo dalla parte dei poveri lo ha accompagnato durante tutta la vita ed emerge dalle sue poesie e dall’intervista pubblica che, all’interno della Pieve di Romena, gli viene fatta da Maurizio Chierici, già inviato speciale del Corriere della Sera, attualmente editorialista dell’Unità.

Parla in francese ed è Graziano Zoni, presidente nazionale di Emmaus, a tradurre le sue parole: parole di fede, di impegno concreto, di ricerca di Dio. «Bisogna essere entusiasti ed appassionati, Gesù stesso critica coloro che non sono né caldi né freddi, perché queste persone corrono il rischio di essere inglobate da coloro che vogliono manipolare le coscienze. Nei momenti di incertezza ricordiamo la Parola dentro di noi che ci attira verso il bene e ci guida verso il giusto cammino. Molti gli esempi di persone che si sono trovate impegnate in cose che non capivano e che sono risultate poi veri crimini. Non si deve essere tiepidi…».

Una sua poesia dice alla fine: «Ah! Ben venga la fine del mondo/ giustizia finalmente/ c’è troppa sofferenza/ c’è troppa miseria/ in mezzo a troppi/ farabutti perbene».«Chi sono i farabutti perbene?», chiede Chierici. «Può capitare anche a noi di esserlo, quando – risponde l’Abbé Pierre – non sentiamo la sofferenza degli altri e non ci impegnamo per cambiare certe realtà». Il fondatore di Emmaus ha speso la sua vita per combattere le ingiustizie, ma ha unito questa concretezza con la ricerca di Dio. L’«amicizia silenziosa», come lui ama definirla, è il fulcro della preghiera, non solitudine, ma relazione con Gesù. Anche la sua vocazione è maturata nel silenzio dell’Eremo delle carceri ad Assisi, come l’Abbè ha raccontato, ma la sua vita è stata azione, impegno sociale.Le domande di Chierici toccato altri temi legati all’esperienze dell’Abbè Pierre: «I politici sanno cosa vuole la gente? Si può resistere senza le armi e come? Si può mescolare il nome di Dio alla parola guerra?». Le risposte arrivano chiare e decise ed è bello anche il rapporto del silenzio con la traduzione come se le parole venissero da lontano e arrivassero fino a lui che viene da lontano. «Coloro che hanno accettato cariche politiche devono essere aiutati, chiedono comprensione, occorre che dalla base arrivi la segnalazione di quello che è urgente e questo vale anche nell’ambito della Chiesa».Lui che ha fatto la Resistenza afferma che l’uso delle armi deve essere l’ultima possibilità, che si devono cercare delle alternative; e per quanto riguarda il nome di Dio, «il ricordo nel Medio Oriente delle crociate è un ricordo orribile, guardiamoci da chi dice: Dio lo vuole!». Laterina festeggia i trent’anni di Emmaus«Un autentico «polmone di Dio»: così don Luigi Ciotti ha definito l’Abbé Pierre in uno degli incontri pubblici nel corso degli intensi cinque giorni passati in Toscana dal novantunenne religioso di Lione, che ha ricevuto anche la cittadinanza onoraria del Comune di Pratovecchio dalle mani del sindaco Angiolo Rossi. Un viaggio del tutto speciale, uno dei pochi degli ultimi tempi, un ritorno nei luoghi della prima Comunità Emmaus italiana, quella di Laterina, in provincia di Arezzo, fondata trent’anni fa, nel 1973, e a cui sarebbero seguite a distanza di 5 anni (1978) quella di Castelnuovo, vicino Prato, poi quella di Scandicci, nei pressi di Firenze (1983), e, infine, quella Quarrata in provincia di Pistoia. Quattro comunità nate con l’intento originario con cui nel 1949 l’Abbé Pierre fondò il movimento di Emmaus: ridare dignità e fiducia ai poveri, agli emarginati, agli alcolizzati, agli ex carcerati.

Trent’anni fa, a Laterina, partirono in sei. Da allora ad oggi almeno 500 persone vi hanno vissuto e lavorato per periodi più o meno lunghi, raccogliendo con mezzi propri una media annua di 7 mila quintali di materiali riciclabili e non (mobili, elettrodomestici, vestiti, carta, ferro, vetro), che ancora danno vita ad un frequentatissimo mercatino dell’usato. La comunità, attualmente composta da 28 persone, si è sempre sostenuta con il proprio lavoro, affrontando anche spese ingenti per migliorare le abitazioni, attrezzare i cantieri, acquistare nuovi camion. Ma non solo: con gli utili della sua attività ha contribuito a sostenere una serie importante di iniziative e progetti a livello locale e nei Paesi poveri. Quasi 500 mila euro sono stati destinati a gruppi in Argentina, Colombia, Perù, Burkina Faso, Benin, India, Bosnia e Libano. 200 mila euro sono serviti per progetti a livello locale, per l’apertura di nuove comunità e per altre iniziative di Emmaus Italia e di Emmaus Internazionale. Oltre agli aiuti in denaro, la Comunità partecipa ogni anno a un programma di invio di containers con vestiti, mobili, casalinghi, materassi, strumenti di lavoro, da destinarsi ai gruppi africani, sudamericani e bosniaci.

La povertà, il grande tema dell’Abbé Pierre, il motivo della sua esistenza più volte ribadito nelle giornate toscane dal 7 all’11 maggio: «Chi è preso dalla passione per il bene e per i deboli ha già rispettato il comandamento “Tu amerai”. Fede o non fede, se egli ama è già nella salvezza, perché per la salvezza non conta che rispondere a una domanda: “Avevo fame, avevo sete, tu cosa hai fatto?”».Infine, un paio di suggerimenti ai singoli cristiani e alle loro comunità ecclesiali: il primo di carattere spirituale: «Coltivate con Dio un’amicizia silenziosa»; il secondo di carattere sociale: «Lasciate sempre un vetro rotto. Le piccole comunità sono una risorsa straordinaria per la Chiesa. Ma è necessario che sappiano rimanere aperte al disagio, aperte all’altro: se si lasciano vedere le proprie ferite, le proprie incompiutezze, i propri vetri rotti, è più facile che una persona che cerca aiuto senta di potersi fermare».

L’Abbé Pierre, tornando in Toscana, ha vissuto anche l’emozione di veder pubblicato il suo primo e unico volume di poesie. A fargli la sorpresa è stata, come si dice in queste pagine, la Fraternità di Romena, che ha rintracciato un vecchio quaderno scritto a mano. Un diario intimo in versi nei quali il religioso francese riversò la sua anima, i suoi ideali:

«Bisogna amare le porteperché sono il postodove nessuno si fermail posto da dove si passada dove si partedove avvengono tutti gli incontri.Bisogna odiare le porte chiusechiuse agli incontrie chiuse a chi parte». A corredo del volume una lunga intervista a firma di Massimo Orlandi nella quale l’Abbé Pierre immagina il suo incontro con Dio: «Magari sarà anche un po’ arrabbiato con me, ma è l’amico che ci aspetta, l’amico di cui si ha bisogno».A.F. La scheda: Dal convento al fronte dal parlamento alla stradaLa vita è un minuzzolo di tempo concesso alla nostra libertà per imparare ad amare»: la biografia dell’Abbé Pierre è tutta in queste parole. Nato nel 1912 a Lione da una famiglia benestante, Henry Groués (è questo il suo nome anagrafico) diventa frate cappuccino a 19 anni e prete sei anni dopo. Durante la guerra è in prima fila nella resistenza francese. Subito dopo la fine, nel 1945, viene eletto in Parlamento. Ma presto si profila il suo destino: quello di diventare prete dei senzatetto, dei poveri, degli esclusi. E proprio per aiutare queste persone a ritrovare dignità e fiducia che nel 1949 fonda il movimento di Emmaus.Le comunità di Emmaus sono una provocazione per la nostra società opulenta: uomini prostrati, alcolizzati, ex carcerati, mediante il lavoro di recupero e riutilizzo di ciò che viene buttato via (carta, stracci, metalli, vecchi mobili), si trasformano da rifiuti umani in individui autonomi e, oltre a guadagnarsi da vivere, aiutano che sta peggio di loro. L’Abbé Pierre dedica gran parte della sua vita allo sviluppo della comunità. Oggi Emmaus è presente in 35 Paesi, dall’Europa all’Africa, dall’Asia al Sudamerica, con oltre 350 comunità (11 in Italia). Ma l’Abbé si è anche sempre costantemente impegnato a scendere nelle piazze di tutto il mondo a difendere i diritti degli immigrati, degli sfrattati, dei senzatetto, ad occupare piazze e case sfitte, perché chi non ha casa trovi un tetto ove riposare, obbligando le autorità a trovare una soluzione definitiva.«La vita – ha detto nel colloquio pubblicato nell’appendice del suo libro di poesie Foglie sparse – mi ha insegnato che ognuno di noi si trova a dover scegliere fra due sentieri. Uno ci conduce a servire per primo il più forte; ed è il sentiero della gelosia, dell’odio, della guerra. L’altro sentiero possibile è quello che ci porta a servire per primo il più piccolo, il più sofferente. È il sentiero della pace». Amatissimo in Francia (nel 2002 per la sedicesima volta è stato eletto «francese più amato dai francesi»), conosciuto in tutto il mondo, l’Abbé ha ricevuto numerose onorificenze (dalla Legion d’Onore al premio Balzan per la pace) che ha accettato come occasioni preziose per diffondere a tutti i livelli ed in tutte le circostanze la sua «guerra alla miseria ed alle sue cause sempre e dovunque ricorrenti».

Romena, il Tabor del casentino

Le foto dell’incontro