Italia

La vocazione europea dell’«Opera La Pira»

di Umberto Santarelli

Ogni anno, una delle prime domeniche di luglio, l’Associazione degli amici di «Supplemento d’anima» (una rivista, appartata ma non banale, fondata dal vescovo di Prato Gastone Simoni per discutere i temi connessi all’impegno laicale dei cristiani nella società civile) si ritrova all’Abbazia di Vallombrosa per una «Giornata» nella quale si ragiona d’Europa  in voluta consonanza con la grande tradizione della spiritualità benedettina. Da qualche tempo, ma non tutti gli anni, questa riflessione viene «specificata» col conferimento d’un «premio». Si tratta d’un riconoscimento solamente simbolico (di quelli che stanno tristemente passando di moda): una targa e una pergamena per constatare i meriti di personaggi che all’Europa hanno dato contributi decisivi, dall’età dei progetti generosi a quella – più feriale, ma certamente decisiva – delle difficili realizzazioni.

Questa volta – domenica scorsa – il premio è andato, non direttamente a una persona, ma a un’istituzione, nata molti anni fa a Firenze e che ha saputo dare un contributo educativo singolare e specifico al progresso dell’ideale europeo nel più ampio quadro della promozione dei valori della pace universale: l’Opera Villaggi per la Gioventù «Giorgio La Pira».  La realizzò un grande educatore, Pino Arpioni, che aveva scoperto questa vocazione che ha segnato tutta intera la sua vita durante la Seconda Guerra Mondiale mentre era prigioniero in Germania. Dopo la Pace, tornato poco più che ventenne nella sua Empoli, cominciò a lavorare, con grande impegno ed enorme successo, tra i ragazzi del Movimento Aspiranti della Gioventù Italiana di Azione Cattolica. Poco dopo si trasferì a Firenze, dove seguitò la sua opera nella Giac, della quale divenne Presidente diocesano. Era il tempo (sul finire degli Anni Quaranta), nel quale quest’Associazione (di cui era presidente nazionale Carlo Carretto, e dove avevano operato ed ancora operavano personaggi che hanno contato anche nella storia civile del Paese) iscrisse nei suoi programmi (ma forse non sarebbe esagerato dire che inventò) lo strumento educativo del «campo-scuola».

In questo specifico impegno Pino Arpioni fu un protagonista, prima a Firenze e poi in tutta la Toscana. Furon costruite anche le sedi dove svolgere questi campi: la prima a Pian degli Ontani, la seconda a Castiglion della Pescaia (molt’anni dopo se n’è aggiunta una terza in Val d’Aosta).

Nel corso di quei medesimi  anni la vita di Pino Arpioni fu segnata nel profondo da un altro grande evento: l’incontro con Giorgio La Pira divenuto Sindaco di Firenze e la collaborazione con lui come Assessore della Giunta municipale, che comportò il coinvolgimento in un’avventura che non fu solamente gestione politica d’una città singolare come Firenze affidata a un uomo del genio di Giorgio La Pira: furono gli anni indimenticabili della Città sul Monte e del Sentiero d’Isaia, dei Convegni della Pace e della Civiltà Cristiana, dei Colloqui Mediterranei, dell’Incontro dei Sindaci delle Città capitali.

In questo contesto, di certo faticoso ma sicuramente entusiasmante, l’impegno educativo di Pino Arpioni raggiunse il colmo della propria maturazione: nacque così, giorno dopo giorno secondo un disegno che venne progressivamente chiarendosi attraverso la sua stessa realizzazione, quell’Opera dei Villaggi per la Gioventù alla quale dette un contributo determinante l’ispirazione di Giorgio La Pira, che visse gli ultimi tempi della propria vita nella stessa sede dell’Opera in Via Gino Capponi a Fireznze; sicché, lui morto, fu naturale per tutti intitolare a lui la realizzazione d’un progetto che per tanta parte gli era dovuto.

A questo suo indimenticabile patrimonio genetico l’Opera è rimasta gelosamente fedele: fino al 2003, quando Pino Arpioni era vivo e tutto dedito a questa sua creatura; e dopo il 2003, quando, lui morto, quelli che ne hanno raccolto l’eredità altro (giustamente) non hanno fatto che seguitare per la medesima strada.

Lungo questo Sentiero d’Isaia le esperienze si sono ulteriormente moltiplicate e approfondite, senza però che nulla si perdesse dell’antico disegno. Giovani di tutta Europa seguitano a venire a Pian degli Ontani e a Castiglion della Pescaia, e giovani toscani vanno in giro in Europa e sulle rive del Mediterraneo a far esperienza d’un ecumenismo (religioso, ma non solamente religioso) che possa dare un’anima credibile a una «globalizzazione» che non sia solamente un insignificante fatto di mercatura. Proprio domenica a Vallombrosa chi oggi dirige l’Opera – Gabriele Pecchioli – ha raccontato di recenti incontri toscani tra giovani israeliani appena congedati da una guerra terribile e loro coetanei palestinesi stentatamente sopravviventi sulla proda opposta,  che sembrano aprire prospettive finora insperate che sarebbe davvero follia non sperimentare fino al limite estremo dell’umanamente possibile.

Questo Premio non aggiungerà certo nulla a un’esperienza educativa ormai adulta e sperimentata; ma è pur vero che qualche volta giova voltarsi tutti insieme indietro «a rimirar lo passo»: purché lo si sappia fare con tutta la fede e la speranza di cui si è capaci.