Opinioni & Commenti
La vita non si rassegna alla morte, ri-educare alla cultura della famiglia
Il 60% delle nostre famiglie ha una o due componenti. Il 36% dei giovani non vuole sposarsi, il 40% non vuole avere figli…
Certamente una grande responsabilità in questo processo compete alla politica, particolarmente alla mancata attenzione verso le politiche familiari. Molte voci autorevoli, particolarmente il Forum delle Associazioni Familiari stanno giustamente invocando un nuovo sistema fiscale con l’introduzione del fattore famiglia, norme stringenti per la conciliazione famiglia- lavoro, l’assegno unico per ogni figlio e particolarmente il sostegno alle famiglie più numerose. Richieste che restano ancora miraggi, mentre dovrebbero costituire interventi di ampio respiro, con un impegno coerente nel tempo.
È necessaria innanzitutto una revisione a livello di pensiero. Se noi saremo pigri nel riflettere a pieno orizzonte sarà l’economia stessa a costringerci, dal momento in cui i pensionati ormai sono più dei lavoratori. Ma la contingenza economica può fare da stimolo, non è però sufficiente a suscitare il pensiero. È importante che la riflessione emerga proprio dal vivere, dal cogliere il senso profondo dell’esistenza e giunga a mettere in evidenza il bello del nascere e del generare. La noia triste del dibattito culturale in occidente ha spesso il sapore della rassegnazione e dell’invecchiamento. Raramente si esprime con il linguaggio della vita che pulsa e della speranza che spinge. Ma l’umanità è specie in estinzione? Tutto è possibile, però non sarebbe degno dell’uomo. La specie umana ha in sé un istinto di sopravvivenza ancora più forte di quello delle singole persone. La singola persona è soggetta all’invecchiamento, la specie umana ha sempre la capacità di riprodursi. Questo senso della vita tende istintivamente verso l’eterno e non può rassegnarsi ad autodistruggersi. Questa speranza deve essere pensata, coltivata, espressa, trasmessa.
È necessario un forte impegno a livello della comunicazione. Non si può solo cercare audience mettendo in evidenza problemi, contrasti, liti, drammi di ogni genere. Proprio attraverso il mondo della comunicazione deve passare il senso della gioia di vivere, la bellezza del bimbo che nasce, la soddisfazione di educare un ragazzo che cresce. Non mancano persone capaci e sensibili nel mondo della comunicazione, dell’arte e dello spettacolo. Certamente possono fare molto per formare una cultura della vita.
Le parrocchie poi hanno un proprio contributo da offrire alla diffusione delle cultura della vita. Innanzitutto ravvivare l’annuncio di Dio creatore e delle famiglie che ne sono sacramento sempre vivo. Spesso siamo pronti a richiamare i “doveri” dei genitori. Sarà necessario insistere di più sulla bellezza del sentirsi collaboratori di Dio nella creazione continua e sempre nuova che scandisce la storia dell’umanità. Molto può fare poi l’incoraggiamento costante e concreto ai genitori per desiderare i figli e attenderli con gioia, per educarli e sostenerli. Senza dimenticare le varie reti di solidarietà di cui le parrocchie, magari consociate fra loro, possono disporre a favore delle famiglie più fragili.
Non sarà facile “ri-educarci” alla fiducia nella vita. Ma è possibile. Ne siamo capaci. E non abbiamo alternative.
*vescovo delegato per la Famiglia e la Vita della Conferenza episcopale toscana, vicepresidente Cei