Firenze
La via Crucis dei giovani da Scandicci a Sollicciano
Il tradizionale appuntamento di Quaresima quest’anno vedrà anche le riflessioni dei detenuti

In periferia e di strada. Sarà così la Via crucis dei giovani di quest’anno, prevista per l’11 aprile nel territorio di Scandicci, in continuità con la recente esperienza della missione diocesana, di cui eredita le riflessioni dei giovani partecipanti e le condivisioni di chi è stato incontrato nelle piazze, nelle parrocchie e nelle scuole. Ad affiancarle, anche quelle dei detenuti di Sollicciano, curate da volontari e dal cappellano padre Stefano Casamassima.
Il carcere, infatti, è previsto come punto di arrivo della processione, che partirà alle 20,30 dal piazzale della Resistenza. «Lasciati fiorire. La speranza non delude» il titolo, citazione, in parte, della canzone «Timorosa» del gruppo musicale grossetano «Riflessi», che ha guidato le condivisioni e le testimonianze nelle aule scolastiche della missione giovani. «Parla di un’adolescente, a cui viene chiesto di affidare i propri pesi a Dio, per fiorire di nuovo» spiega don Leonardo Tarchi, responsabile della pastorale giovanile della diocesi.
«All’inizio della missione i giovani hanno affidato le loro paure e, dalle condivisioni dell’ultima sera, quando il gruppo ha vissuto un momento di adorazione eucaristica, abbiamo visto che qualcosa effettivamente era cambiato» racconta suor Ilaria Convalle, membro dell’equipe di pastorale giovanile, a proposito di alcune delle riflessioni che diventeranno preghiera durante la Via crucis. «Ci saranno poi gli echi delle condivisioni dei ragazzi ascoltati nelle scuole, dove abbiamo incontrato le paure di non essere all’altezza delle situazioni, di fallire, di non riuscire a realizzare i propri sogni, di deludere le aspettative, di non essere accettati per quello che si è» aggiunge don Leonardo. Ma a emergere tra i giovani c’è anche «il desiderio di riavvicinarsi a Dio» e la constatazione di aver trovato per la prima volta la possibilità di condividere il buio che ciascuno si porta dentro. «In molti hanno scritto di non aver mai raccontato a nessuno prima di allora ciò che ci hanno consegnato» aggiunge suor Ilaria.
Mondo del carcere e mondo dei giovani fanno così un tratto di strada insieme verso il Golgota, per riscoprire insieme che anche nel caso in cui si dovesse cadere, c’è la possibilità di rialzarsi, consapevoli che l’errore e il fallimento non hanno l’ultima parola sull’uomo. «Due realtà tenute vicine anche dal Papa nella bolla di indizione del Giubileo – fa notare la monaca benedettina –, quando afferma che c’è bisogno di essere segni tangibili di speranza per gli altri». Se i detenuti, scriveva il Papa nella Spes non confundit, «sperimentano ogni giorno, oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo, le restrizioni imposte e, in non pochi casi, la mancanza di rispetto», anche per i giovani c’è il rischio vedere l’orizzonte oscurarsi, «quando il futuro è incerto e impermeabile ai sogni, quando lo studio non offre sbocchi e la mancanza di un lavoro o di un’occupazione sufficientemente stabile rischiano di azzerare i desideri».
La risposta della pastorale giovanile, su invito del vescovo Gherardo, è quella di camminare insieme: «Riscopriremo che la Speranza non è un buon sentimento evanescente, ma è Gesù vivente, è saper vedere che Dio opera sempre nella nostra storia. Ci ha preceduto a Scandicci, ci ha accompagnati durante la missione e ci apre una strada adesso per noi ancora da scoprire» conclude don Leonardo.