Sessant’anni anni fa entrava in vigore la Costituzione. Un evento molto importante, anche se si direbbe il contrario, visto che la ricorrenza del primo gennaio si ripete annualmente nella più anonima delle forme, persa tra i fasti del capodanno. Anche lo studio della Costituzione sembra ormai un oggetto misterioso per un larghissimo numero di studenti, privati anche nei programmi scolastici della conoscenza di ciò che afferma il loro stesso diritto all’istruzione.C’è però un aspetto, ancor meno noto, che lega la storia della Costituzione ai nostri luoghi ed è il contributo recato ad essa da Amintore Fanfani. Elemento di spicco della Dc, e docente di storia dell’economia, a lui si deve in particolare la formula di apertura della Costituzione: «L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro». Cinque volte Presidente del Consiglio tra il 1954 ed il 1987, Presidente del Senato dal 1968 al 1973 e più volte ministro, Fanfani fu anche segretario della Democrazia Cristiana nel 1973, ma la sconfitta subita nel referendum abrogativo delle legge sul divorzio lo spinse alle dimissioni. Nacque a Pieve Santo Stefano il 6 febbraio 1908 e questa data ci offre sicuramente un ulteriore spunto di riflessione, ricorrendo i cento anni dalla nascita di un uomo che è stato, bene o male, uno dei più influenti politici italiani del dopoguerra. Dopo aver frequentato la scuola media ad Urbino ed il liceo scientifico ad Arezzo, nel 1930 si laureò in economia e commercio all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove sei anni dopo ottenne la cattedra di storia delle dottrine economiche. È in questo periodo che conobbe Dossetti e La Pira.Altro anniversario storico da non dimenticare è quello dei settanta anni del Manifesto della razza. Anche questo fatto costituisce un’ottima occasione d’approfondimento non solo per l’avvicinarsi del giorno della Memoria, ma in special modo per ricordare quel Manifesto che, insieme ai successivi decreti, va a costituire il corpus delle leggi razziali, promulgate a danno soprattutto delle comunità ebraiche.Ciò purtroppo determinò anche una vera e propria epurazione all’interno del corpo docente italiano. Tra coloro che persero la cattedra vi fu il letterato Attilio Momigliano che, venne a rifugiarsi a Sansepolcro per sottrarsi alla deportazione. Nei mesi in cui fu nascosto all’interno dell’ospedale cittadino, compose gran parte del commento alla Gerusalemme liberata di Tasso, fin quando don Duilio Mengozzi (parroco del Trebbio) lo aiutò a raggiungere le linee inglesi. È da rilevare come Momigliano venisse salvato proprio da due persone che aderivano all’Azione Cattolica.Tornando alla storia della nostra Costituzione, Amintore Fanfani venne eletto all’Assemblea Costituente, ai cui lavori parteciparono molti altri personaggi, tra cui il leader del Partito Comunista Palmiro Togliatti e, in rappresentanza del Partito d’Azione, il docente di diritto processuale Piero Calamandrei. Inoltre è interessante notare come in un anno e mezzo l’Italia giungesse a dotarsi di una propria Costituzione mettendo in accordo personalità con idee politiche differenti . Ma è indubbio che, radicata sull’immane tragedia della guerra, ci fosse una volontà comune di costruire qualcosa di solido e duraturo.Dopo la recente querelle sulla toponomastica cittadina, spero che qualcuno, transitando per Via della Costituzione, si chieda quale possa essere il significato di quel nome e, magari, che qualche amministratore avverta l’esigenza di collocarvi una corona d’alloro. Per quanto poco rimanga poi di quel gesto formale, il pensiero viene ricondotto a chi nella guerra perse tutto e, malgrado ciò, comunque ha avuto la forza di ripartire, come Savino Chieli, costretto ad evacuare forzatamente verso la Romagna. Proprio perché fondata sul lavoro, la nostra Costituzione ci invita a pensare a chi quel lavoro non ce l’ha, oppure a chi nel lavoro trova la fine della sua esistenza. Anche la Valtiberina ha le sue morti bianche, ma generalmente poche parole vengono spese nei loro riguardi e ben presto se ne perde la memoria.Andrea Bertocci