Firenze

La «valigia della speranza» simbolo dell’aiuto alle donne

La consegna da parte del vescovo Gherardo Gambelli a una mamma con tre bambini ospite di Casa Serena, la struttura di Acisjf che accoglie le ospiti con i loro figli

Una valigia di cartone, come quelle che un tempo i nostri migranti costruivano per muoversi con mezzi di fortuna dall’Italia all’estero o dal Sud verso il Nord. È questo il simbolo con cui all’Acisjf Firenze, come in tutte le Acisjf d’Italia, nell’ambito della Giornata mondiale dei poveri, viene donata ogni anno a una delle donne accolte nella casa famiglia per donne sole e mamme con bambini Casa Serena un’opportunità in più per proseguire sul cammino dell’autonomia.
È la «valigia della speranza», che lo scorso 28 novembre è andata a una mamma con tre bambini di otto, sei e un anno. A consegnarla, accompagnato dall’assistente ecclesiastico dell’associazione mons. Marco Viola, l’arcivescovo Gherardo Gambelli, che per l’occasione ha visitato la struttura di via Nazionale, comprensiva di 15 posti letto, e si è fermato a parlare con le donne e i bambini accolti, la presidente dell’Acisjf Firenze Anna Serena Velona, gli operatori e molti volontari presenti. Ad accoglierlo anche la sindaca Sara Funaro, che fu presente come assessora al welfare all’inaugurazione della casa dopo la sua ristrutturazione nel settembre del 2023. «Acisjf è un punto di riferimento nella nostra città per il sociale e l’accoglienza delle donne e delle madri – ha affermato la sindaca –. Adesso, rinnovata, può dare ancora più impulso, ancora più accoglienza e ancora più speranza».
«Quest’anno la valigia finanzierà un corso di formazione, che permetterà a una donna accolta di proseguire nell’inserimento lavorativo» ha detto poi la presidente Anna Serena Velona. Per la destinataria l’associazione aveva già attivato un corso di lingua italiana, un supporto psicologico, un sostegno economico strutturato, un supporto nella ricerca del lavoro e un sostegno scolastico per i bambini. «Tutti servizi portati avanti da volontari qualificati – ha spiegato Velona –: a oggi abbiamo più di 160 associati. Ci occupiamo anche di formarli, affiancandoli agli operatori qualificati dello sportello dell’Help Center, il nostro centro di ascolto vicino alla stazione di Santa Maria Novella. Così per loro il volontariato diventa una scuola».
A Casa Serena, invece, sono accolte ora 8 donne, con età dai 19 ai 50 anni, e 4 bambini, dagli 1 agli 8 anni, provenienti da Afghanistan, Senegal, Etiopia, India e Albania. Tra loro, quattro sorelle afgane, la mamma destinataria della valigia della speranza con i suoi tre bambini e due donne sole sono entrate dopo l’inaugurazione della casa.
«Con ciascuna firmiamo un patto – ha detto ancora la presidente –: la nostra accoglienza non vuole essere assistenzialismo, ma la tappa di un percorso verso l’autonomia della persona. Insieme a lei ci mettiamo in cammino, la sosteniamo nei suoi bisogni, la aiutiamo ad autodeterminarsi e rimaniamo un punto di riferimento dopo l’uscita dalla Casa. Dall’altra parte le ospiti si impegnano a camminare sempre di più con le proprie gambe». Un lavoro, questo, che crede nella possibilità di accendere nella vita di tutti una luce di speranza. Ne siamo partecipi, per il vescovo Gambelli, quando «permettiamo alle persone di poter realizzare i propri sogni». «La speranza – ha continuato – è un dono che possiamo condividere con gli altri e sappiamo che, nella logica del Vangelo, ogni volta che condividiamo un dono, questo dono sempre si moltiplica». «Per questo siamo convinti che anche questi gesti, apparentemente piccoli, accendendo la speranza nel cuore delle persone, fanno in modo che questa luce possa propagarsi nel mondo. Infatti non c’è soltanto la speranza delle persone che ricevono gli aiuti, ma anche la speranza di tanti volontari che, mettendosi al servizio degli altri, trovano gioia: questa gioia diventa qualcosa che sostiene nella vita e aiuta a vivere le tribolazioni e le difficoltà con una luce interiore. Questo è ciò che ci permette di andare avanti e di credere che davvero un mondo migliore è possibile» ha concluso.