Cultura & Società
La Toscana si gioca il futuro sulla cultura
di Lorella Pellis
I dodici punti di Franco Cardini per ripartire sul fronte cultura (12 punti per ripartire dalla cultura), presentati sullo scorso numero del settimanale, fanno discutere gli «addetti ai lavori». A cominciare dai vertici della Commissione cultura del Consiglio Regionale, in questi giorni alle prese con il nuovo Testo Unico in materia messo a punto dalla Giunta. Un lavoro certamente notevole e necessario, richiamato anche dall’assessore Paolo Cocchi al termine dell’intervista a Toscana Oggi pubblicata due settimane fa (Cinema e arte per una cultura non di rendita), ma che non ha mancato, nei giorni scorsi, di ricevere alcune critiche della vicepresidente della Commissione stessa, l’esponente del Pdl Stefania Fuscagni, prodiga di elogi verso l’ottimo lavoro di assemblaggio normativo compiuto dai tecnici ma convinta che, sotto il profilo politico, si potesse fare di meglio e di più. Anche per questo, abbiamo voluto proseguire il nostro approfondimento con un faccia a faccia tra la stessa Fuscagni e il presidente della Commissione Enzo Brogi, consigliere del Pd e quindi esponente della maggioranza.
Come giudicate le 12 «provocazioni» lanciate sul nostro giornale da Franco Cardini in merito alla politica culturale? Quali vi sembrano le più condivisibili e su quali invece non siete d’accordo?
BROGI. «Da un’autorità come Franco Cardini ogni stimolo, anche sotto forma di provocazione, è un contributo essenziale all’evoluzione del dibattito e delle politiche culturali anche regionali. La cultura vive di stimoli e provocazioni, senza di esse non avremmo avuto straordinari movimenti pittorici, artistici, letterari, culturali in generale. Un contributo, quindi, di cui va sicuramente tenuto conto».
FUSCAGNI. «Provocazioni, appunto. Ma intelligenti. Mi sbilancio su due: quella sul turismo interno e quella sul 150esimo dell’Unità d’Italia. Mi piace che due delle dodici provocazioni coincidano con due azioni concrete per le quali ho assillato la Giunta Regionale per tutta la legislatura. La prima: il turismo interno che definisco turismo di senso. Serve un’accoglienza intelligente che permetta ai turisti e ai toscani di conoscere i tanti borghi e i tanti patrimoni che abbiamo andando oltre il turismo mordi e fuggi e la fuga dei toscani. Ho fatto inserire l’idea degli itinerari tematici di Toscana nel Piano Integrato della Cultura, per ora solo parole. Sui 150 anni ho lanciato un progetto legato a Santa Croce: luogo di cittadinanza nella convinzione che la più grande basilica francescana del mondo che è a Firenze e che è il panteon dei grandi italiani rappresenti un luogo ed un simbolo di cittadinanza. C’è già il patrocinio dei Ministeri dell’istruzione, della cultura e dell’interno, conto sulla sensibilità del presidente Nencini e del presidente Brogi per avere anche quello della Regione. Del resto a Santa Croce si respira il sapore del localismo, del sentimento nazionale, dell’Europa e dell’universalismo. Qui riposano i grandi e famosi, ma anche i grandi senza fama. È la risposta più intelligente al laicismo d’assalto perché qui convivono laicità vera e cattolicità compiuta. Se è vero che non sono gli uomini che fanno i viaggi, ma i viaggi che fanno gli uomini, allora Santa Croce è oggi un viaggio vivo di cittadinanza che le scuole, i giovani e forse tutti noi potremmo fare con sguardo nuovo alla ricerca e nella conferma di una nostra identità di popolo nel riconoscimento di un sentimento di Patria senza retorica».
Cosa ne pensate in particolare del richiamo al turismo «interno» come occasione educativa per gli stessi toscani?
BROGI. «Non si può che condividere la provocazione di Cardini. È scontato, ma la Toscana racchiude in sé la stragrande maggioranza del patrimonio monumentale, artistico, culturale, dell’umanità. In questi anni la Regione ha operato, nella limitatezza delle proprie competenze e conseguentemente delle risorse disponibili, da un lato per sostenere un percorso di consolidamento dell’offerta turistica del sistema delle città d’arte, dall’altro per valorizzare quella Toscana «museo diffuso» che è rappresentato dalla miriade di testimonianze dislocate in quella parte grande, vasta e imponente, conosciuta come Toscana rurale. Sono almeno dodici anni infatti che la Regione sostiene il recupero di monumenti, strutture architettoniche, raccolte di documenti, con priorità per quelli siti nei comuni non capoluogo o di minore dimensione. Certo, oggi il problema è legato ad una compressione della domanda interna, causa crisi economica, che interessa ampi fenomeni turistici».
FUSCAGNI. «Per me è una conferma di ciò che sostengo da anni. Il turismo interno e non solo in una terra come la Toscana ha bisogno di connessioni non di invenzioni. La prima rivoluzione è l’accoglienza, cioè la capacità di avvolgere il turista o il toscano in un abbraccio di senso che unisca i territori. Un esempio: l’itinerario michelangiolesco che legherebbe Firenze dove Michelangelo è diventato ciò che è, a Caprese Michelangelo (AR) là dove l’artista è nato fino a Carrara dove il marmo delle sue opere vive e da cui lui, socraticamente, sentiva la forma dei sui capolavori che rompeva l’assedio della materia per venire a nuova vita. Mille se ne potrebbero fare valorizzando identità e tessuto economico, grandi città e piccoli borghi partendo proprio dal coinvolgimento delle scuole, dei comuni, delle province, dei tour operator. Va da sé che il deficit infrastrutturale della Toscana non aiuta!».
Cardini parla anche di Università regionale della memoria, dell’artigianato e del turismo, da finanziare attraverso sponsor. Come valutate l’idea e, più in generale, che ne pensate della possibilità di convogliare, mediante opportuni accordi, risorse private sul fronte cultura?
BROGI. «Il ruolo del privato è importante nella valorizzazione della cultura. D’altronde, le risorse libere (al netto di quelle che spendiamo per la sanità, i servizi sociali, la scuola e gli asili, il sostegno all’economia e ai lavoratori in mobilità) del bilancio regionale per la cultura sono limitatissime, circa lo 0,1%. Ovvio che la crisi colpisca prima di tutto questo settore: è strutturalmente accezione comune considerare le spese per sostegni alla cultura fra i primi rami secchi da tagliare quando i conti cominciano a non tornare. Il ruolo della politica è provare a cambiare questa concezione dimostrando che la cultura può essere un investimento produttivo per la ripresa economica. È la sfida che ci attende già nei prossimi mesi. Fatto questo, le idee come quella di Cardini non possono che trovare il consenso dell’amministrazione pubblica».
FUSCAGNI. «D’accordo in pieno. La cultura ha bisogno dei privati così come ha bisogno di selezione e valutazione. Anche sui mestieri delle arti ho lanciato provocazioni concrete alla Giunta così come sull’alternanza scuola lavoro legata all’artigianato di qualità e non solo. Come per gli itinerari di Toscana ho avuto un poste al sole nel Piano integrato della cultura, ma di concreto ben poco. Sull’Università regionale andrei un po’ più cauta, dopo tanti anni nelle istituzioni ho l’orticaria verso le cose nuove, mentre ho tanta fiducia nel mettere a frutto ciò che già c’è».
Un altro tema è la possibilità di una politica estera culturale, a cominciare crediamo opportuno dall’Europa. Come dovrebbe o potrebbe svilupparsi?
BROGI. «Se per politica estera s’intende una presa in carico comune da parte dell’Unione Europea dell’opportunità che, per i 25 Paesi che la compongono, è rappresentata dall’offerta di produzione culturale e di patrimonio storico artistico detenuto, siamo pienamente d’accordo. D’altronde una simile visione non potrebbe che ulteriormente valorizzare l’offerta turistico-culturale italiana per ovvie ragioni oggettive, scevre da ogni campanilismo. Oggi però il problema non è tanto di una politica culturale europea quanto di una più generale politica estera europea. Ma non è discorso da affrontare in questa sede. Certo è che non sarebbe sbagliato soprattutto in termini d’immagine ipotizzare una figura di Ministro europeo della cultura simile a quella fatta per il cosiddetto signor Pesc. D’altronde per la maggior parte dei Paesi dell’Unione cultura e turismo sono una delle principali voci di crescita del Pil».
FUSCAGNI. «Se c’è una cosa di cui la Toscana non ha bisogno è di pubblicità. Per vincere la partita non serve far sapere al mondo che la Toscana è bella: è cosa nota e non è neppure merito nostro. Serve dare opportunità di mobilità e supplemento di intelligenza. Vede, però, quando ancora su Peretola c’è il teatrino di quest’ultima estate, mi dite voi come si fa ad essere competitivi? È mai possibile che il centro-sinistra che governa da sempre non abbia saputo dare a questa regione un piano complessivo di mobilità? Mancano i fondamentali, si diceva una volta! E manca anche una precisa convinzione: la cultura e il turismo in Toscana sono più che altrove categorie economiche e occasioni di formazione professionale. Ancora siamo molto indietro».
Il rapporto con le scuole è un altro punto importante. Cardini parla della possibilità di istituire una cattedra specifica e corsi di aggiornamento. Che ne pensate?
BROGI. «Il problema vero sta nella alfabetizzazione dei bambini alla conoscenza e all’apprezzamento del patrimonio culturale. Un patrimonio immenso, che però non deve scoraggiare dall’obiettivo di strutturare finalmente una proposta educativa che formi le coscienze alla conoscenza del bello. Come possiamo pensare di avere cittadini che un domani scelgano di fare le proprie vacanze tra i borghi medioevali della Toscana, girando le pinacoteche locali, visitando le tante testimonianze del romanico toscano se non ci preoccupiamo di stimolare la curiosità di quelli stessi che oggi hanno 5,6,7 anni? Nella latitanza delle scelte governative-ministeriali, peggiorate, mi consenta, dalla Gelmini, molto possono fare e già hanno fatto gli enti locali. Uno strumento sono i Pia (Progetti integrati d’area), strumenti educativi concertati tra istituzioni scolastiche ed enti locali. Ma i tagli del Governo al settore istruzione rischiano di minare la funzionalità anche di questo unico baluardo di innovazione al fianco dell’educazione alla cultura delle giovani generazioni».
FUSCAGNI. «D’accordo. Ma perché ciò sia possibile la Giunta deve superare due tabù: il tabù contro l’alternanza scuola-lavoro ed il tabù contro la scuola paritaria e la possibilità che il mondo produttivo si allei a quello educativo».
Che giudizio date sulla proposta di Testo Unico?
BROGI. «Il Testo Unico è un appuntamento fondamentale di legislatura che vogliamo come Commissione onorare. Già per il fatto che è stato elaborato il Testo Unico il giudizio è positivo, non è facile portare a sintesi strumenti legislativi che hanno avuto genesi diverse per motivazioni e caratteri temporali. Fondamentale sarà il lavoro che faremo in sede di consultazione e audizione con tutti i soggetti che saranno interessati a dare il loro contributo».
FUSCAGNI. «Un’occasione mancata sotto il profilo della progettualità e della mission che i beni e le attività culturali possono rappresentare per la Toscana. Si è fatto, in sostanza, un buon lavoro di ricucitura squisitamente burocratico, dopo di che ci si è fermati senza avere la capacità e la forza di unire alla cultura una serie di azioni di crescita e sviluppo. Quelle azioni che davvero possono liberare i beni culturali facendone energia pura per la nostra Regione. Le regioni, in materia di beni e attività culturali, dovrebbero avere un ruolo di valorizzazione e promozione che non può che avere ricadute significative anche dal punto di vista economico e di sviluppo complessivo del territorio in particolare in Toscana dove la quantità e la qualità del patrimonio culturale e paesaggistico rappresentano, o meglio dovrebbero rappresentare, insieme al turismo, il petrolio della nostra Regione».
Presidente Brogi, quali sono i punti qualificanti del Testo Unico sulla cultura?
BROGI. «In qualità di Presidente della Commissione cultura ritengo inopportuno segnalare ora gli elementi positivi o evidenziare quelli negativi. Mi pare una forma di rispetto per tutti i soggetti pubblici e privati che con le consultazioni coinvolgeremo in questo importante processo di cornice futura su cui edificare un nuovo progetto di cultura per la Toscana. Confermo apprezzamento per giunta e uffici nel redigere un testo onnicomprensivo che ha il merito di costituire una fonte unitaria di riferimento per tutti gli attori della cultura in Toscana. Credo, anche, che sia importante recuperare quelle proposte di legge consiliari su musica popolare, cinema e riviste che renderebbero ancora più completo il testo».
Quali sono invece le osservazioni che Stefania Fuscagni muove al Testo Unico?
FUSCAGNI. Se si fa l’elenco delle carenze ci si accorge che manca tutto ciò che dovrebbe esserci. Primo: manca una leggibile strategia per connettere le ricchezze culturali al mondo della scuola e della formazione professionale per patrimonializzare un contesto e per creare sviluppo e occupazione. Ci saremmo aspettati, anche a partire dal tempo di crisi in cui siamo, che l’incrocio di competenze regionali come la valorizzazione dei beni culturali e la formazione professionale, portasse a felici convergenze di programmazione. Secondo: manca la strategia per connettete il grande e variegato patrimonio culturale con il turismo di qualità mettendo in connessione attraverso percorsi tematici città d’arte e piccoli borghi facilitando la mobilità e la recezione così da vincere il turismo mordi e fuggi. Terzo: manca l’Europa. La Toscana non può pensarsi senza l’Europa e non può pensare che questo immenso patrimonio non possa e debba essere messo in relazione con le più importante linee di finanziamento europeo. Quarto: manca un patto per il futuro. Parlare di cultura è anche guardare con speranza e fiducia ai giovani talenti che possono diventare essi stessi protagonisti di cultura. È incredibile e deludente che mai la parola talenti si affacci in queste pagine, che mai la cultura si coniughi al futuro».
La cultura deve necessariamente «produrre» qualcosa di economicamente tangibile o è piuttosto da vedere come investimento educativo non necessariamente legato a ritorni di carattere economico?
BROGI. «La cultura è di per sé una ricchezza e uno dei patrimoni fondamentali dell’umanità, vincolarla al sostegno ad un ritorno economico è una visione che mi è estranea. Ciò non toglie che essa possa rappresentare un volano di sviluppo ed un’occasione per le imprese di diversificare la propria azione nella legittimità delle ragioni d’impresa. Mi sento di poter dire che per il privato la cultura è un’occasione da non lasciarsi sfuggire. Soprattutto in un momento di crisi come questo dove la parola d’ordine, è, ce lo dicono gli analisti, riposizionarsi».
FUSCAGNI. «La cultura deve produrre qualcosa di tangibile. Non necessariamente di economico in senso stretto d’altronde l’espressione economia degli immateriali non è di fresco conio! , ma di tangibile sì. Che sia un’emozione, un pensiero, una riflessione. Su questo ha ragione il ministro Brunetta quando dice che dietro la parola cultura si nascondono in troppi e senza diritto. Brunetta ha parlato di Vivaldi, di Maria Callas, io aggiungo i tanti giovani che fanno sacrifici e che sono talenti veri. Questa è la cultura che merita investimenti, scommessa, speranza. Qualcuno, invece, ancora lega la cultura a registi di regime che fanno film senza senso e che mietono milioni di euro pubblici per produzioni scadenti e sale vuote. Ci vuole il coraggio di valutare. A proposito: ogni riferimento a Michele Placido è puramente voluto. Molto meglio era il Commissario Cattani di una volta che l’intellettuale paraorganico di oggi!».