Toscana
La Toscana ha un nuovo Statuto
Con 42 voti favorevoli, due contrari e due astenuti, il consiglio regionale della Toscana ha approvato in seconda lettura il nuovo Statuto regionale. A fine seduta è stata approvata anche una risoluzione con cui l’aula intende fugare i dubbi espressi nei giorni scorsi dal governo su alcune parti del nuovo Statuto. Il nuovo Statuto toscano è stato approvato con i sì di Ds, Margherita, Sdi, Verdi, An e Fi. Hanno votato contro Prc e Pdci, astenuto il gruppo dell’Udc. Fra gli aspetti più qualificanti della nuova Carta: l’elezione diretta del presidente della giunta; l’inserimento, fra le finalità principali della Regione, dopo la tutela e valorizzazione della famiglia fondata sul matrimonio, del «riconoscimento delle altre forme di convivenza», cioè le coppie di fatto; la promozione, nel rispetto dei principi costituzionali, dell’estensione del diritto di voto agli immigrati; l’aumento a 65 del numero dei consiglieri (finora erano era 50).
Nella risoluzione, si sottolinea che la Regione non intende sconfinare nelle competenze dello Stato. Un testo che mira a rispondere alle perplessità del governo, che si concentrano sugli articoli 4 e 64 dello Statuto toscano. In particolare, alla parte relativa al riconoscimento, da parte della Regione, delle convivenze e all’inserimento, fra le finalità principali perseguite dalla Regione, della tutela e valorizzazione del patrimonio storico, artistico e paesaggistico. All’articolo 64, i dubbi del governo si concentrano sulla formulazione che, riguardo le risorse finanziarie, dice: «la legge disciplina, limitatamente ai profili coperti da riserva di legge, i tributi propri degli enti locali, salva la potestà degli enti di istituirli». Sull’articolo 4, e in particolare sul punto «h», era intervenuta nei giorni scorsi anche la Conferenza episcopale toscana con una lettera al presidente Nencini dell’arcivescovo di Pisa mons. Alessandro Plotti, presidente della Cet. Nel testo si chiedeva una modifica di quel punto per una maggiore chiarezza sul «riconoscimento delle convivenze». I vescovi avrebbero preferito spostare l’accento sul riconoscimento di «diritti-doveri inerenti le persone impegnate stabilmente in altre forme di convivenza». Cioè invece di cercare equiparazioni di principio, attenzione concreta alle persone. Precisazione che aveva fatto pensare erroneamente ad alcuni ad un’apertura dell’episcopato toscano verso il riconoscimento delle coppie gay.
La seduta si era aperta con una relazione del presidente della commissione Statuto, Piero Pizzi, che aveva annunciato la discussione di una risoluzione con «l’intento di dare risposta a notizie informalmente acquisite circa perplessità del governo su alcuni contenuti dello Statuto. Una risoluzione che ha lo scopo di fugare possibili dubbi sulla volontà della Regione di andare oltre le proprie competenze». I punti richiamati dalla risoluzione, e su cui il governo aveva espresso perplessità, appartengono a due articoli dello Statuto: il 4 e il 64. In particolare, all’articolo 4, l’inserimento, fra le finalità principali della Regione, del riconoscimento delle altre forme di convivenza» e della tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e paesaggistico. All’articolo 64, i dubbi del governo si concentrano sulla formulazione che, riguardo le risorse finanziarie, dice: «la legge disciplina, limitatamente ai profili coperti da riserva di legge, i tributi propri degli enti locali, salva la potestà degli enti di istitutirli». Nel testo della risoluzione si legge che «le finalità espresse nell’articolo 4 dello Statuto sono perseguibili dalla Regione nei limiti delle proprie competenze e non configurano alcun sconfinamento nelle competenze costituzionali dello Stato. Entrando nel dettaglio, la risoluzione spiega che le finalità dello Statuto «non incidono nelle riconosciute competenze legislative dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, di tutela dei beni culturali e del patrimonio storico e artistico, così come non toccano le attribuzioni statali relative alla disciplina (e agli effetti civili) delle forme di convivenza». Infine, si conferma la «convinta adesione» ad un federalismo teso a valorizzare «i legami fra tutti i livelli istituzionali, anche in ordine ai principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, assunti esplicitamente dagli articoli 49 e 64 dello Statuto.
«Soddisfazione» per l’approvazione a larga maggioranza del nuovo Statuto della Toscana è stata espressa in aula sia dal presidente della Regione, Claudio Martini, che da quello del consiglio regionale, Riccardo Nencini. Al giudizio positivo sul nuovo Statuto, Martini ha affiancato il «rammarico», per i no del Prc e del Pdci e l’astensione dell’Udc, perché «non avrei trovato motivo di soddisfazione in uno Statuto votato solo dalla sinistra». Commentando la nuova Carta, Martini ha ricordato che «salvo interventi, a gennaio sarà operativa» (considerando i tempi per la pubblicazione e l’entrata in vigore). Per interventi, il presidente pensa al referendum (che può essere richiesto da un quinto dei consiglieri regionali o da un cinquantesimo degli elettori toscani) o a un ricorso alla Corte Costituzionale da parte del governo, come è avvenuto per quello della Calabria. Sul piano istituzionale – ha commentato Martini – non c’è atto della Regione che può essere interpretato come una tendenza allo smembramento dello Stato o all’accaparramento di competenze dello Stato. Per questo, nel nuovo Statuto, Martini non vede «le ragioni di un’impugnativa da parte del governo. Lo statuto della Calabria era evidentemente impugnabile perché aveva delineato una forma di governo completamente diversa..
«Possiamo dire alla fine di avere raggiunto un importante obiettivo – è stato il commento di Nencini – quello che esce, infatti, è uno Statuto coralmente condiviso di cui andare fieri. Il lavoro che ha portato alla stesura e alla seconda approvazione dello Statuto regionale è stato corale e condiviso non solo dall’assemblea toscana ma anche dal governo regionale. La giunta non ha fatto invasioni di campo ma ha lasciato piena autonomia al consiglio regionale.
Le posizioni dei vari gruppi sul nuovo Statuto regionale, espresse oggi durante la seconda lettura del testo, hanno rispecchiato quelle della prima lettura, avvenuta il 6 maggio. Luciano Ghelli (Pdci) ha ribadito il voto contrario del proprio gruppo politico allo Statuto regionale, dovuto soprattutto alla scelta dell’elezione diretta del presidente della giunta. «Non condividiamo neppure l’accordo trasversale tra destra e sinistra per l’aumento del numero dei consiglieri, ha aggiunto Ghelli. Giovanni Barbagli (Prc) pur riconfermando il voto negativo, ha parlato di «un lavoro importante che getta le basi per soluzioni istituzionali e politiche nuove. Sono stati elaborati articoli avanzati che rappresentano un fatto rilevante per i rapporti sociali ed istituzionali nella nostra regione. Il fatto negativo è la scelta della forma presidenziale. Franco Banchi (Udc) ha confermato la lontananza del suo gruppo «da alcuni aspetti, come il modo in cui è stato affrontato, durante i lavori, il diritto alla vita, la questione della famiglia, la forma di governo e la rappresentanza diretta». Paolo Cocchi (Ds) ha parlato di una «carta costituente importante sul piano dei principi fondamentali: immigrati, forme di convivenza sociale. Alberto Monaci (Margherita) ha ricordato che «è stato importante cercare un punto di equilibrio dei poteri tra ruolo dell’esecutivo e ruolo delle assemblee elettive. Maurizio Bianconi (An), ripercorrendo il lavoro svolto per la stesura dello Statuto ha ricordato «l’infinità di ostacoli che abbiamo dovuto superare, e che non sono ancora finiti, poi ha citato «la preghiera del saggio che dice: signore dammi il coraggio per cambiare le cose che posso cambiare e dammi la pazienza per sopportare cosa non posso cambiare. Ma soprattutto, dammi l’intelligenza per distinguere le une dalle altre. Noi abbiamo applicato la terza qualità e messo in opera la seconda». Lorenzo Zirri (FI), ha ribadito lo sforzo del suo gruppo nel dare un equilibrio ai poteri della Regione, arrivando ad una forma di presidenzialismo non accentuato. Fabio Roggiolani, (Verdi) ha ricordato «che una volta approvato lo Statuto non deve esaurirsi l’impegno delle istituzioni ma anzi deve trovare nuovo impulso nell’applicazione diretta dei principi statutari. Infine per Pieraldo Ciucchi (Sdi) lo Statuto «è una risposta positiva alle difficoltà del sistema politico italiano. Puntiamo sul bipolarismo dell’alternanza per assumere quella dimensione europea della politica che la gente richiede.