Toscana
La Toscana fa i conti con la storia
L’8 luglio si aprirà anche il processo per il massacro dei frati della Certosa di Farneta, sulle colline lucchesi. Nella notte del 2 dicembre ’44, le Ss rastrellarono una trentina di monaci certosini, un vescovo venezuelano, un centinaio di civili che credevano di avere trovato un rifugio sicuro tra le mura centenarie del convento. Li massacrarono in luoghi diversi: i monaci impiccati con il filo spinato, altri fucilati e sepolti in fosse comuni, altri ancora bastonati fino a farli morire. Per quel massacro sarà processato l’ex comandante di un reparto Ss, che oggi ha 83 anni e vive a Linden, in Germania.
Altre stragi non saranno oggetto di procedimenti giudiziari come per i 14 eccidi avvenuti in Toscana tra l’aprile e il settembre ’44.Su queste stragi tutte impunite eccetto una è stato tolto il segreto e resi pubblici gli atti per l’impossibilità di individuare oggi i responsabili.
A decenni di distanza le stragi nazifasciste sono oggetto di inchieste giudiziarie. Finora gli eccidi erano nella memoria popolare o nei libri. Mancava ancora una «verità ufficiale», quella delle istruttorie, degli atti giudiziari. Quella relegata in un armadio, nascosto in un palazzo a Roma, sede della Procura generale militare. Lì erano arrivati, nell’immediato dopoguerra, i fascicoli degli eccidi. C’erano indicati i nomi delle vittime, degli assassini, le località dove erano stati commessi i crimini.
Solo nel maggio ’94 l’«armadio della vergogna» fu scoperto per caso: all’interno 695 fascicoli, in 415 erano riportati i nomi dei responsabili. In un grande registro, in ben 2273 voci, era annotato tutto quello che conteneva o aveva contenuto. Nelle poche fredde parole, fatti che hanno suscitato e ancora suscitano indignazione. Dall’uccisione di civili inermi, non solo a opera delle Ss, ma anche di reparti della Wehrmacht, affiancati da italiani.
Come spiegava mons. Vasco Simoncini nel libro «San Miniato e la sua diocesi»: «Gli ultimi anni di vita di mons. Giubbi furono segnati da un calunnioso sospetto in ordine al luttuoso evento bellico del 22 luglio 1944 La calunniosa insinuazione fece di mons. Giubbi un martire silenzioso, che portò in cuore questa terribile ferita in dignitoso riserbo, confortato dalle ripetute attestazioni di affetto da parte dell’intera diocesi».
Ricordare le stragi di quel terribile 44 non significa alimentare nuove contrapposizioni o ostacolare la ricostruzione condivisa della memoria degli italiani. Significa solo che la ricerca della verità è un atto dovuto per quelle migliaia di vittime che ancora chiedono giustizia, almeno dalla storia.