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La Terra Santa si prepara a un’altra Paqua senza pellegrini (e chiede aiuto)

Le celebrazioni della Settimana Santa non vedranno la tradizionale presenza di fedeli da tutto il mondo. L’attesa della «Colletta» del Venerdì Santo per sostenere le comunità cristiane in grande difficoltà

Lo stato d’Israele procede a grandi passi verso l’immunità di gregge. Anche qui però le celebrazioni della Settimana Santa saranno limitate e sicuramente non ci sarà il grande afflusso dei pellegrini che tradizionalmente affollava durante il triduo pasquale i luoghi della Passione, della morte e della risurrezione di Gesù. «Tutto è molto incerto» ci dice fra Matteo Brena, commissario per la Toscana della Custodia di Terra Santa, l’organizzazione dei Frati Minori alla quale da otto secoli sono affidati i luoghi in cui si sono svoltii principali avvenimenti narrati dai vangeli. Tra i dubbi ancora da sciogliere, la possibilità di fare la processione nella Domenica delle Palme che di solito prende avvio dal santuario di Betfage, sul versante orientale del Monte degli Ulivi, per commemorare l’ultimo tratto del cammino di Gesù verso Gerusalemme e il suo ingresso nella Città Santa.Ci sarà sicuramente invece, nel Giovedì Santo, la celebrazione al Cenacolo, nel luogo storico dell’utima cena, senza però il rito della Lavanda dei piedi. Confermate anche la peregrinazione quaresimale a Betania, nel piccolo villaggio poco distante da Gerusalemme dove viene fatta memoria della resurrezione di Lazzaro, e la peregrinazione a Emmaus, luogo dell’apparizione di Gesù ai discepoli, che la Custodia organizza ogni anno il lunedì di Pasqua.Per quanto riguarda le celebrazioni pasquali al Santo Sepolcro di Gerusalemme, spiegano dalla Custodia, «non siamo ancora in grado di stabilire con precisione come sarà regolata la presenza dei fedeli».A proposito della situazione sanitaria e sociale, intanto, mentre le vaccinazioni procedono rapidamente nei confini dello stato d’Israele, più complessa è la situazione nei territori palestinesi, dove la campagna vaccinale non decolla e ci sono proteste: è iniziata la vaccinazione di 120mila palestinesi con permessi di lavoro in Israele, mentre nei Territori, si vaccina poco e male. A oggi a Ramallah – sede del governo dell’Autorità palestinese – sono giunte 12mila dosi di vaccino: duemila donate da Israele e 10mila acquistate dalla Russia. Nella Striscia di Gaza controllata da Hamas, invece, ne sono arrivate 20mila, donate dagli Emirati Arabi Uniti. Le dosi promesse da altri Paesi, tra i quali l’India, o quelle che dovrebbero arrivare nell’ambito del piano Covax dell’Organizzazione mondiale della sanità, tardano ancora. E i ritardi nelle vaccinazioni si aggiungono alle difficoltà legate alla mancanza dei pellegrinaggi, intorno ai quali ruotano molti posti di lavoro, e alle altre difficoltà economiche. Per questo si guarda ancora con più attese del solito alla Colletta per la Terra Santa con cui ogni anno, nel Venerdì Santo, i cristiani di tutto il mondo volgono lo sguardo verso le comunità che vivono in Medio Oriente. L’anno scorso in Italia, a causa del lockdown e del divieto per i fedeli di partecipare alla Messa, la Colletta fu rinviata. Quest’anno, pur con tutte le limitazioni, nelle chiese si potrà svolgere regolarmente la Liturgia della Passione: il cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, nella lettera inviata nei giorni scorsi, chiede che questa sia «per tuttil’occasione per non girare lo sguardo, per non passare oltre, per non ignorare le situazioni di bisogno e di difficoltà dei nostri fratelli e delle nostre sorelle che vivono nei Luoghi Santi. È stato un anno di prova anche per la Città Santa di Gerusalemme, per la Terra Santa e per la piccola comunità cristiana che dimora in Medio Oriente, che vuole essere luce, sale e lievito del Vangelo». L’isolamento di questi mesi, sottolinea Sandri, ha fatto sentire i cristiani di quelle terre «ancora più lontani, tagliati fuori dal contatto vitale con i fratelli provenienti dai vari Paesi del mondo. Hanno patito la perdita del lavoro, dovuta all’assenza di pellegrini, e la conseguente difficoltà a vivere dignitosamente e a provvedere alle proprie famiglie e ai propri figli. In molti Paesi il persistere della guerra e delle sanzioni hanno aggravato gli effetti stessi della pandemia. Inoltre è venuto meno anche parte dell’aiuto economico che lacolletta pro Terra Sancta, ogni anno garantiva, a motivo delle difficoltà di poterla svolgere in molti Paesi nel 2020».Senza questo piccolo gesto di solidarietà e di condivisione, continua il cardinale, «sarà ancora più difficile per tanti cristiani di quelle terre resistere alla tentazione di lasciare il proprio paese, sarà faticoso sostenere le parrocchie nella loro missione pastorale, e continuare l’opera educativa attraverso le scuole cristiane e l’impegno sociale a favore dei poveri e dei sofferenti. Le sofferenze dei tanti sfollati e rifugiati che hanno dovuto lasciare le loro case a causa della guerra necessitano di una mano tesa e amica per versare sulle loro ferite il balsamo della consolazione. Non si può infine rinunciare a prendersi cura dei Luoghi Santi che sono la testimonianza concreta del mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio e dell’offerta della sua vita fatta per amore nostro e per la nostra salvezza».