Pisa

La spiritualità del Natale cristiano

Nei giorni scorsi mi è stato dato un piccolo libro di preghiere e di pensieri scritto da una nostra sorella pisana di nome Pina.È un contributo prezioso per la riflessione personale sui grandi temi della sofferenza e della fede.Tra questi pensieri, mi ha colpito una poesia sul Natale: «Lunga è stata l’attesa, Signore, ma ora è finita. Veniamo da molto lontano e siamo stanchi. Lascia che accanto a Te troviamo riposo e riprenderemo poi il nostro cammino. Nelle tenebre fatte luce, nella disperazione divenuta speranza, nella debolezza che vince la forza, Ti porteremo con noi e sarai guida e meta ai nostri passi. Amen».In queste poche parole c’è tutta la spiritualità del Natale cristiano.L’attesa. Se nel nostro cuore non c’è una profonda nostalgia di Dio, se non c’è l’attesa della venuta del Salvatore, se non c’è la coscienza che senza la presenza salvifica di Dio la nostra vita è sterile, arriva il Natale e non ci dice più nulla per il nostro cammino di fede.Oggi, purtroppo, molti nostri fratelli coltivano attese sproporzionate e fantasiose nei confronti del mondo, tutti protesi verso un consumo sempre più irrazionale delle proprie energie spirituali e morali, avendo cancellato dal cuore l’unica attesa che può davvero sanare la nostra fame di verità e di felicità.E così il Natale diventa progressivamente una festa paganeggiante, fatta di esteriorità e di soddisfazioni effimere.Recuperare il vero senso dell’attesa, significa prendere coscienza dei vuoti che una certa cultura di massa ci lascia dentro, e ci fa deragliare dalla retta e sana concezione della vita.Trovare riposo. Dove andiamo a trovare un po’ di riposo nel turbine accellerato delle nostre giornate piene di stimoli e di provocazioni, per far decantare tutte le emozioni e i pensieri che si affastellano nel nostro mondo interiore?Forse nella ricerca di una maggiore tranquillità nel benessere, nel possesso di beni materiali? Forse in una fede mal interpretata come «cuscino» su cui posare il capo per non sentire più la voglia di vivere e di combattere? Forse nell’isolamento egoistico che filtra tutto a seconda degli umori passeggeri?L’unico riposo per l’uomo avvelenato dal progresso e dalla sete dell’avere, lo possiamo trovare nel riposare davvero nelle braccia della misericordia di Dio, che si manifesta nel Mistero dell’Incarnazione. L’unico antidoto alle ansie e alle paure che accompagnano la nostra vita sono le braccia amorevoli di un Padre che vuole il nostro bene e riversa nel nostro cuore il suo Amore.Prendere tra le braccia il Bambino Gesù, stringerlo forte a noi e assaporare un rapporto di intimità con la salvezza operata dal Messia che viene.Tenebre, disperazione e debolezza. È inutile, e forse dannoso, far finta di essere forti, autosufficienti, consolidati e sprezzanti, perché tanto poi arriva il momento, provvidenziale, in cui ci accorgiamo che i castelli in aria crollano e si dissolvono facilmente. È inutile pensare di poter fare senza Dio, per essere più liberi di orientare la vita secondo le fantasie più equivoche. Solo il Signore che si fa uomo e prende su di sé le debolezze dell’umanità, può essere luce, conforto e speranza. Cristo guida e meta ai nostri passi. Che il Natale 2006 sia davvero per tutti noi la riscoperta di una vocazione che il Signore ha messo nel nostro cuore e un rilancio di una decisione, anche se sofferta, di lasciarci guidare solo da Lui, per camminare verso la meta che è ancora Lui.Buon Natale a tutti.* arcivescovo