Arezzo - Cortona - Sansepolcro
«La speranza dal sepolcro vuoto» Il messaggio del Vescovo per la Pasqua 2006
Mi rivolgo a voi con le parole che, nel mattino di Pasqua, l’Angelo pronunciò alle donne giunte presso il sepolcro del Signore. E’ lo stesso annuncio che domenica risuonerà nelle nostre liturgie: «Cristo è risorto, egli vive al di là della morte, è il Signore dei vivi e dei morti».
Celebrando la Pasqua, la Chiesa annuncia che la morte è vinta, che la vita non sarà distrutta. Gli apostoli ne furono i primi testimoni; ma l’annuncio che Cristo è vivo deve risuonare continuamente nella Chiesa, nata dalla Pasqua di Cristo, e nella vita di ciascuno di noi. In virtù del battesimo, la comunità dei credenti, membra vive di Cristo, partecipa sin d’ora alla «vita nuova» del Signore ed è chiamata ad essere «testimone di Cristo risorto, speranza del mondo».
Se crediamo in Cristo risorto, Signore della vita, vincitore del male, dell’ingiustizia, della morte, dobbiamo portare agli uomini il messaggio della Pasqua, testimoniare come i primi discepoli che la vita può essere più ricca, più gioiosa, più piena, se vissuta in riferimento a colui che è principio e sorgente della nostra resurrezione futura. Il Risorto ci apre infatti alla speranza e invita ogni battezzato a costruire, qui ed ora, quel «mondo nuovo» in cammino verso il giorno nel quale la gloria della risurrezione sarà pienamente rivelata e attuata.
Anche la nostra diocesi ha bisogno di veri testimoni di speranza, plasmati dal Risorto. Ne ha bisogno perché sia difesa la vita fin dal suo concepimento visto che, almeno in base alle ultime statistiche del 2004, soltanto nell’ospedale di Arezzo, avviene una interruzione di gravidanza al giorno. Ne ha bisogno perché le nostre famiglie riscoprano il significato autentico della fedeltà e dell’amore vicendevole che sono gli unici antidoti alle crisi di coppia che anche qui, troppo spesso, sfociano in separazioni e divorzi. Ne ha bisogno perché il posto di lavoro non diventi un luogo di sofferenza e di lutto per l’assenza di sicurezza e il mancato riconoscimento dei diritti. Ne ha bisogno perché si torni ad avere un’occupazione meno precaria soprattutto per i giovani, alle prese con una insicurezza che prolunga l’adolescenza, e per le famiglie che con sempre maggiore frequenza si rivolgono ai sacerdoti o alla Caritas lamentando di non riuscire ad arrivare alla fine del mese con i propri stipendi.
La nostra amata terra ha bisogno di speranza perché gli anziani possano avere un’assistenza adeguata. Ne ha bisogno perché gli immigrati trovino qui una realtà accogliente e solidale in cui la paura cede il passo all’integrazione e l’indifferenza al dialogo. Ne ha bisogno perché l’emarginato e l’abbandonato si sentano finalmente parte viva di una società che non può essere prigioniera del benessere. Ne ha bisogno perché la politica in tutta la nostra provincia sia al servizio del bene comune e non sia caratterizzata da sterili contese.
E’, quindi, necessario che la speranza cristiana si traduca in un apporto reale all’impegno di cittadinanza. Un impegno tanto più impellente nella nostra diocesi che fra poche settimane, dall’8 all’14 maggio, ospiterà uno dei cinque eventi nazionali di avvicinamento al Convegno ecclesiale di Verona: proprio quello sulla cittadinanza. Si tratta di un evento di grazia per questa terra e di un’occasione propizia di crescita interiore e collettiva. In un momento di grande fermento per la Chiesa, è significativo che Arezzo abbia un ruolo chiave in questo percorso e che alla diocesi sia riconosciuto il primato dell’accoglienza.