Opinioni & Commenti

La sfida educativa, trasformare gli individui in persone

di Adriano Fabris

Come padre, come insegnante, è da tempo che mi sento a disagio. Ci sono tante cose che non vanno nei rapporti con le giovani generazioni. C’è la difficoltà, sempre più grande, di trasmettere credibilmente ai miei ragazzi ciò che ho imparato d’importante. Di fronte a questa situazione non ho le idee chiare, non ho una soluzione pronta da adottare. Ma vivo problemi che, interessando tutti coloro ai quali mi lega una relazione importante, finiscono per coinvolgermi profondamente.

Credo che questa sia un’esperienza che la maggior parte di noi sta facendo, anche e soprattutto in qualità di genitori. Vediamo il disorientamento dei ragazzi, frutto in parte del nostro disorientamento. Sperimentiamo l’incapacità di tenere aperti, con loro, canali di comunicazione efficaci: visto che sempre di più, e più che nel passato, le giovani generazioni sembrano chiuse, addirittura sigillate nel loro mondo. Verifichiamo non solo il venir meno, in generale, di una qualche autorità, ma la crisi di quella specifica autorevolezza che consentirebbe di offrire loro una guida.

Quella che avvertiamo, insomma, è una vera e propria crisi. Si tratta soprattutto di una crisi culturale. Ed essa, come tale, non può essere risolta semplicemente attraverso una riforma delle strutture scolastiche: tanto più quando questa riforma rischia di essere solo l’alibi per razionalizzazioni, risparmi, tagli. Bisogna invece intervenire sulla mentalità delle persone; è necessario incidere sulla qualità dei rapporti.

Nel settembre dell’anno scorso è stato pubblicato, a cura del Comitato per il Progetto culturale della Conferenza episcopale italiana, il volume «La sfida educativa». In esso veniva fatta un’analisi impietosa della situazione italiana, per quanto riguarda gli aspetti della scuola e della formazione, ed era segnalata con forza la necessità di porre questi temi al centro del dibattito pubblico del nostro paese. Ora l’Assemblea generale della Cei intende dedicare proprio ad essi una riflessione approfondita e individuarli come ambito privilegiato della propria azione negli Orientamenti pastorali per il prossimo decennio.

Si tratta in effetti – ne siamo ormai consapevoli – di una vera e propria sfida. Che non possiamo lasciar cadere. E che, soprattutto, comporta la necessità di ricostruire, partendo dal rapporto tra generazioni, quei rapporti che rischiano di essere annullati, banalizzati, resi indifferenti. È questa, infatti, la vera posta in gioco.

Diciamola tutta. La sfida educativa nasce in contrasto con una società sempre più atomizzata, sempre più tesa ad autocomprendersi come composta da individui isolati e indifferenti l’uno nei confronti dell’altro. Accogliere la sfida educativa significa reinserire gli individui nei contesti relazionali che sono loro propri, e nei quali il loro agire può trovare orientamento: la famiglia, gli amici, le comunità di vario tipo, la società come tale. Significa, in una parola, trasformare gli individui in persone.

Perché solo così, solo in questi contesti, è possibile educare: far diventare ciascuno quello che è nella sua parte migliore. Senza scorciatoie; senza deleghe o sgravi di responsabilità. Assumendosi ciascuno la parte che gli compete.