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La sfida di essere laici ogni giorno dalla famiglia alla professione: la presenza cristiana nel quotidiano.

Declinare il Vangelo nel quotidiano e dare voce alla missione della Chiesa in famiglia, nella professione, nel tempo libero, a scuola. E’ la vocazione (ma anche la sfida) dei laici che, in un mondo di continui cambiamenti, sono chiamati ad essere una presenza nei luoghi e nei momenti che segnano la vita di tutti i giorni. Paola Bignardi la chiama «dimensione secolare» del laicato e la indica come priorità di fronte al consiglio pastorale diocesano.Invitata nell’ultima seduta del consiglio per mettere a fuoco una traccia utile alla diocesi nei prossimi mesi, l’ex presidente nazionale dell’Azione cattolica che è stata anche relatrice al Convegno ecclesiale nazionale di Verona dell’ottobre 2006 delinea quattro percorsi che si intersecano per contribuire a dare al laicato quella soggettività pensata dal Concilio vaticano II. E’ il percorso che sta compiendo il consiglio pastorale diocesano impegnato in questo anno a leggere i segni dei tempi e a valorizzare il ruolo dei laici.Le quattro vieIl primo itinerario delineato dalla Bignardi è appunto la via della secolarità. «Va dato valore alla vita di ogni giorno – spiega – in modo da interpretare da cristiani il quotidiano». Essenziale è «superare la tentazione di difendersi dal mondo», sostiene l’ex presidente di Ac. Secondo Paola Bignardi, va riservata più attenzione al lavoro. «E’ necessario riscoprire la professione come mezzo per costruire il mondo secondo la giustizia e la solidarietà». La seconda strada è la via della comunione. «Va ridato valore alle realtà aggregative per superare l’individualismo e la solitudine». In una espressione, c’è bisogno di uscire dall’autoreferenzialità e mettersi in dialogo. Partendo magari da un nuovo rapporto fra sacerdoti e laici che va improntato sulla «fiducia reciproca». Terza strada è la via del discernimento, intesa come urgenza di trovare spazi in cui imparare a scegliere. E’ l’ennesima scommessa per la Chiesa che, avverte la Bignardi, «non può lasciare la vita fuori della comunità ma deve accettare le problematicità del quotidiano». Ultimo cammino è la via della formazione che, sostiene l’ex presidente di Ac, serve per «interpretare l’esistenza» e per «vivere da cristiani nel mondo». Da qui l’invito a privilegiare gli adulti.Le criticitàCerto ne va percorsa di strada per far scoccare l’ora dei laici. Anche se «dal Concilio la presenza dei laici ha conosciuto una grande crescita», avverte Paola Bignardi. Comunque non mancano le criticità. Come la debolezza della dimensione secolare. «Si privilegia l’impegno pastorale, mentre la presenza in famiglia, nella professione o nella società sembra essersi ridotta a una questione privata». Di fatto, sostiene la relatrice del Convegno di Verona, «i laici non impegnati nelle attività pastorali rischiano di essere invisibili». E’ il pericolo che, secondo la Bignardi, si corre quando si ha «una scissione fra la testimonianza nella comunità e quella nel quotidiano». Come se non bastasse, anche analizzando il contribuito di laici nella vita ecclesiale, essi hanno «scarsa possibilità di prendere la parola nella Chiesa», sottolinea l’ex presidente di Ac. In pratica, mancano «luoghi in cui parlare». E la debolezza dei laici è anche figlia sia della frammentazione del laicato, sia di una «scarsa possibilità di percorsi di spiritualità che danno valore alla vita di tutti i giorni». La prova che ci attende è quella di «tenere insieme il Vangelo e il quotidiano senza pensare di uscire dal mondo di ogni giorno per vivere il Vangelo».L’identikit del laicoPer interpretare la vocazione del laicato, serve un identikit del laico. In primo luogo, il laico è colui che «dà valore alla vita ordinaria». Per farlo, è basilare che riscopra l’essenziale della fede. «La fede viene data spesso per scontata – afferma la Bignardi – Invece, va rielaborata alla luce del vissuto». E guai a fuggire dal mondo. «Va apprezzato il mondo e ne va colto il suo mistero». Anche il tempo ha la sua importanza. «Il tempo del laico cristiano non è quello della Messa o del pellegrinaggio, ma ogni istante della vita». E il laico è chiamato anche a «parlare il linguaggio dell’umanità mostrando il Vangelo attraverso la sua vita». di Giacomo Gambassi