Vita Chiesa

La scuola dei giovani monaci all’Abbazia di Monte Oliveto

di Francesca Lippi«L’esperienza liturgica nella vita di un monaco»: è stato questo il tema del convegno che ha visto impegnati, il 29 e 30 settembre all’Abbazia di Monte Oliveto, una trentina di giovani monaci olivetani provenienti da varie parti d’Italia e dal Ghana, che vi hanno preso parte con i loro maestri di formazione. L’incontro, organizzato dalla «Commissione per le vocazioni, la formazione e gli studi» della Congregazione Benedettina di S. Maria di Monte Oliveto, su invito dell’Abate Generale padre Michelangelo Tiribilli, si prefiggeva l’obiettivo di studiare un tema concreto in rapporto alla vita monastica quotidiana, arricchendo le lezioni con colloqui tra partecipanti e docenti e con applicazioni pratiche dei principi illustrati.

Tra i relatori Andrea Grillo del Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma, dom Giorgio Picasso dell’Abbazia di Seregno, dom Cyril Romanov dell’Abbazia di Maylis e dom Roberto Nardin dell’Abbazia di Monte Oliveto, che ha coordinato la tavola rotonda conclusiva del convegno. Un incontro con l’Abate Generale e una preghiera silenziosa e comunitaria hanno siglato la fine di questi due giorni per i novizi, tra i quali comparivano anche due suore.

Un’accoglienza estremamente affabile ha accolto il nostro arrivo e padre Tiribilli ha permesso che il convegno fosse interrotto per qualche istante, per offrirci l’opportunità di formulare qualche domanda ai presenti. È stato uno tra gli animatori del convegno, dom Bernardo Gianni dell’Abbazia di San Miniato, ad aiutarci a rompere il ghiaccio.

L’appartenenza monastica è una realtà che abbraccia tutto il mondo, attraverso l’intreccio tra i monasteri. Questi giovani monaci del Ghana perché si trovano qui in Italia, a questo convegno?

«Stiamo per terminare la costruzione di un monastero nella zona di Komasi, in Ghana – ci ha spiegato dom Stefano Greco – questo è stato pensato per essere abitato esclusivamente da monaci ghanesi, i quali vengono in Italia per un periodo di formazione come si vede dall’ampia rappresentanza presente in questa sala. Il vescovo locale è molto contento di questo, del fatto che si possa costituire una realtà monastica nel cuore del Paese».

Quanto è grande il nuovo monastero?

«Attualmente ci sono 30 camere. È una realtà che vogliamo costituire come un punto di riferimento, dal punto di vista spirituale e monastico, per la Chiesa locale e siamo emozionati, perché i lavori stanno terminando felicemente e l’inaugurazione è prevista per il mese di marzo del prossimo anno. I monaci compiranno il loro percorso religioso sul posto. L’originalità, forse vogliamo essere un po’ presuntuosi, di questo monastero è quella di essere una realtà costituita da ghanesi che non prevede la presenza di europei. La nostra idea è che non ci debba essere nessuna ingerenza da parte di persone occidentali nella gestione del monastero. I ragazzi che vede qui hanno una forte spiritualità che non troviamo in Italia, loro non hanno conosciuto la crisi religiosa che c’è in Occidente». Padre Francesco del Ghana aggiunge: «Come ha detto il mio confratello fra poco avremo l’inaugurazione del monastero e già abbiamo otto professi temporanei, quattro novizi e quattro postulanti che sono giù; noi siamo qui oggi, però torneremo in Ghana a proseguire la nostra vita monastica».

Non è facile vedere tanti giovani monaci come qui stasera, qual è l’età media dei presenti?

Risponde dom Stefano: «Venticinque, trent’anni al massimo, la nostra congregazione registra in tal senso un’inversione di tendenza, rispetto ad altre realtà monastiche».

Alcuni di voi sono novizi e si preparano a vincolarsi nel voto monastico, quanto può spaventare il momento della professione solenne?

Risponde dom Stefano: «Se si guarda se stessi spaventa, se si guarda Dio tutta la paura passa».