Toscana
La sanità toscana, un cantiere aperto
La nascita delle Società della salute, le liste di attesa per visite ed esami, la questione anziani: nuovi e vecchi problemi della sanità in Toscana e non solo. Ne abbiamo parlato con Andrea Morandi, sindacalista della Cisl, attuale segreterio regionale del pubblico impiego, ma in passato, per lunghi anni, segretario territoriale per la sanità e ancora sempre attento al settore.
Alla domanda se il laboratorio sanità della Regione Toscana porterà ad un miglioramento dei servizi, Morandi risponde che «la Regione si è fortemente impegnata in questi ultimi anni in un processo di cambiamenti organizzativi che la pone tra le regioni più attive nella ricerca di nuovi modelli capaci di garantire servizi efficienti in un quadro di controllo e governo della spesa. L’iniziativa è dunque positiva, anche se i cantieri approntati fanno discutere, ma non potrebbe essere diversamente, accade sempre quando si producono mutazioni».
Il sindacalista della Cisl parla delle tre grandi aree in cui si è ricostruita la geografia della sanità (Firenze-Prao-Pistoia; Pisa-Livorno-Lucca-Massa-Carrara; Siena-Arezzo-Grosseto), che «hanno attivato di fatto un coordinamento tra le relative aziende sanitarie, cosa che non c’era in passato. L’obiettivo è importante: creare punti di eccellenza sanitaria in ogni area vasta senza far mancare in ogni luogo, anche remoto, la pronta risposta al bisogno sanitario. Qualcuno però ammette Morandi teme che si previlegi un solo habitat (ad esempio Firenze, Pisa e Siena che sono sedi universitarie) a scapito del resto della regione». E qui c’è da chiedersi se non si tratti del solito campanilismo toscano oppure della paura reale di perdere servizi a favore di un qualcosa che forse sarà, ma al momento non è.
Nel frattempo, la Regione ha costituito i consorzi tra aziende sanitarie per gestire alcune funzioni che prima erano gestite in proprio dalle singole azienda, a cominciare dal servizio «acquisto beni e servizi». «Questa proposta sembra a giudizio del sindacalista un tacito rimprovero alle stesse aziende che prima avevano l’assoluta prerogativa di questo servizio e poi, a detta dell’assessore regionale, questo accentramento di funzioni dovrebbe produrre un risparmio. La scommessa è dunque doppia: dimostrare di non aver costruito un nuovo e inutile carrozzone e produrre il decantato risparmio».
Arriviamo così alla novità più dibattuta: la nascita delle Società della salute. «Al di là dell’enfasi del titolo, si tratta spiega Morandi di mettere insieme personale del Comune e dell’azienda sanitaria per gestire in modo coordinato i servizi sul territorio. La cosa è importante perché tutti riconoscono la necessità di questo coordinamento e anche perché in questo modo il Comune diventa protagonista diretto sui servizi socio-sanitari locali».
Anche qui, solito nuovo carrozzone o un governo nuovo più appropriato dei servizi sul territorio? «Per il momento, i cambiamenti risponde il dirigente Cisl sembrano dettati dall’intenzione della Toscana di difendere e qualificare il servizio sanitario senza ricorrere a nuove tasse o ticket sanitari come hanno fatto altre regioni. Sullo sfondo rimangono comunque due problemi sempre dibattuti: le liste di attesa per visite ed esami e la questione anziani. Sul primo punto i miglioramenti sono a macchia di leopardo, ma il problema è ancora vivo e vegeto».
Morandi nota comunque un costante impegno del personale: «Gli operatori sanitari dice sono più preparati di prima, più qualificati, meno soggetti a quelle lamentele di insufficienza e incuria cui talvolta sono stati coinvolti nel passato. Non che non manchino anche qui i problemi, ma insomma di strada in positivo ne è stata fatta e i cittadini-utenti hanno ben chiaro questo cammino positivo realizzato. Di più questo personale non è contrario a partecipare dando un forte contributo alla definizione dei cambiamenti proposti, chiede e con ragione che questo non provochi il venir meno dei diritti contrattuali e di status che li riguardano. Voglio dire con chiarezza che questo non solo è possibile ma è l’unico modo per far marciare gli stessi cambiamenti. Il pesronale sempre deve avvertire che ciò che muta risponde a motivazioni professionali proprie. Quelli che inventano ad ogni passo rigidità, ideologie, forzati contrasti, in verità conclude Morandi non valorizzano i lavoratori e sono contrari a riformare le cose».
Sembra allontanarsi ancora la sperimentazione delle «Società della salute» di cui si parla dal 2001, poi previste dal Piano sanitario regionale 2002 -2004. In concreto è previsto che in alcune zone della Toscana, e per tre anni, dovrà essere sperimentata una nuova forma di assistenza sanitaria fuori dell’ospedale: non sarà più soltanto la Asl a gestirla. Se ne occuperanno le «Società della salute» delle quali fanno parte, oltre alla Asl, i Comuni, le associazioni di volontario, i sindacati, i medici. Gestiranno circa la metà del bilancio della sanità, programmando meglio i servizi sul territorio secondo le esigenze dei cittadini. Se l’esperienza sarà positiva, saranno diffuse in tutta la regione.
Lo stesso volontariato, anche di matrice cattolica, è pressoché assente dal settore, eccezion fatta per il lodevole impegno di pochi singoli. E se a ciò si aggiunge una non adeguata attenzione da parte dei responsabili della politica sanitaria, il quadro è completo. La stessa razionalizzazione delle strutture ospedaliere ha provocato ad esempio in certi casi (ad esempio nel Valdarno Fiorentino) un allontanamento del luogo deputato ai ricoveri d’urgenza dalle residenze degli stessi ricoverati, mentre altre strutture, come quella fiorentina di Santa Maria Nuova, sono spesso e volentieri sovraffollate, in attesa dei nuovi spazi che dovrebbero essere garantiti con i lavori di ristrutturazione.
Di fronte al perdurante disagio, le uniche associazioni che ogni tanto alzano la voce sono quelle dei familiari dei malati. Sette di loro lo hanno fatto attraverso una lettera destinata agli assessori alla Sanità di Regione e Comune di Firenze, nonché alla direzione dell’Asl 10. Oggetto della protesta, la scarsità di investimenti e risorse (personale compreso) nel settore della salute mentale, che, come si legge nella loro denuncia, «non gode di attenzione e del rilancio che necessita, lasciando le famiglie troppo spesso abbandonate con problemi sempre più grandi da gestire». Neppure i fondi incamerati dall’alienazione di strutture ex psichiatriche, secondo le stesse associazioni, sono stati reinvestiti in nuovi centri per la salute mentale, così come richiesto anche dalla legge.