Vita Chiesa

La salvezza preoccupa… fedeli e tifosi

DI DON FRANCESCO SENSINI«Credi che ci salveremo?» «Speriamo!» Ecco, mi sono detto, ascoltando questo dialogo tra due giovani, il vero bisogno dell’uomo: la salvezza. Dal peccato, dal male, dalle ingiustizie, dalle malattie, dalla guerra, dalla morte…. quante «attese» di salvezza nell’uomo, quante speranze. E ho subito ripercorso le sottolineature più significative della nota pastorale che proprio in questi giorni la chiesa ha consegnato ai cristiani dal titolo: Questa è la nostra fede. Affermano i vescovi: «La salvezza è un dono, il dono più grande». Incredibile questa tempestiva e opportuna attenzione all’uomo e alle sue domande!

«Domenica è proprio decisiva per la salvezza!» continua uno dei due giovani. È vero, ho pensato, siamo nell’anno della Eucaristia e la domenica, giorno del Signore, Pasqua settimanale, diviene sempre più decisiva per la vita cristiana. Per noi e per la nostra salvezza… così ogni domenica i cristiani recitano nel Credo.

«Ci vorrebbe un miracolo!» replica l’altro. Miracolo, miracolo… Perché la gente ha sempre bisogno di miracoli. Ma la nostra vita non è già un miracolo? la nostra capacità di pensare, amare, non è già un miracolo? la nostra reazione al male, alla malattia, all’ingiustizia non è forse un miracolo? Mi ritengo fortunato di poter ascoltare un dialogo così profondo ed essenziale. Quante cose importanti mi ha fatto pensare! Quante riflessioni mi sta suscitando.Mi sento così soddisfatto che non mi accorgo dell’arrivo di un altro giovane. Solo il suo intervento distrugge tutta la mia soddisfazione: «Ho già preso i biglietti per domenica». Biglietti?!? Che ingenuo! Che figura che ho fatto! La salvezza è quella della propria squadra. Ho confuso dei «fedeli» con dei tifosi!

Non che i tifosi non siano anche fedeli! Ma la parola salvezza per loro ha certamente tutto un altro sapore. La salvezza più che un dono è una conquista. Salvarsi significa non retrocedere, non tornare indietro. Rimanere dove si è, mantenere una posizione di prestigio, tenuto conto della fatica di averla raggiunta. Salvarsi insomma significa contare ancora qualcosa, sentirsi importanti. E il vangelo può dire qualcosa?

Non voglio parlare dei limiti della squadra, degli errori del mister o dei peccati della società sportiva. Non si può arrivare all’ultimo e sperare in qualcosa che non si è costruito con costanza e determinazione. Non voglio far riferimento al senso di equilibrio che bisogna mantenere nelle sconfitte della vita, non mi permetto neppure di accennare al fatto che spesso si cresce più per le «disgrazie» che per le gioie. Mi limito a ricordare che arriverà il giorno in cui «Gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi!» In ogni caso spero quest’ anno di salvarmi con tutti i tifosi ai quali auguro: in bocca al lupo!