Opinioni & Commenti

La salute culturale di Firenze e la Toscana

DI FRANCO CARDINILe polemiche sono ormai annose, lasciano il tempo che trovano e rischiano di continuo di tracimare nella retorica o nella strumentalizzazione politica. Accogliendo per «santa obbedienza» l’invito della Direzione a dedicare un «fondo» al tormentone culturale fiorentino e toscano, vorrei evitar di sconfinar nell’indignazione professorale (che di solito è perfino ridicola) e nell’ormai abusato piagnisteo.

Firenze – ch’è piena d’intellettuali e di studiosi: o che almeno dice e forse è perfino convinta di esserlo – manca da molto, da troppo tempo di un suo Assessore del Comune alla Cultura. Stessa mancanza si registra a livello di Amministrazione regionale. È troppo facile, troppo comodo partir da questa obiettiva lacuna per geremiadi o per filippiche. Colpa del centrosinistra, si dice: perché, vi risulta che il centrodestra sia, al contrario, stracolmo d’interessi e d’istanze culturali e che nelle sue file abbondino i fini e sensibili uomini di cultura desiderosi di metter il loro ingegno a favore della comunità? Se è così, fuori i nomi e i programmi. Grave danno per la città e la regione, si afferma: perché, vi consta che nella maggior parte dei casi un povero Assessore alla Cultura sia qualcosa di più di uno sbiadito passacarte assillato dalle petulanti richieste degli impresari di partito o di un povero frustrato prigioniero nella morsa tra i suoi sogni di grandezza alla Pavolini o alla Nicolini e le miserie di un bilancio che regolarmente gli assegna solo le risicate briciole? O siete ancora prigionieri delle mitiche promesse elettorali, quelle secondo cui il futuro Assessore sarebbe stato un Grande Ambasciatore dell’Immagine di Firenze nel Mondo? Sarebbe bello, giusto e perfino fattibile: ma non si fa, e non stiamo a prenderci per i fondelli chiedendocene il perché….

Tutto ciò, intendiamoci, non attenua di un milligrammo il peso delle responsabilità delle amministrazioni comunale e regionale, le quali senza dubbio debbono rispondere di una latitanza inammissibile. Né diminuisce di un millimetro la profondità dell’abisso nel quale ci troviamo: Firenze e la Toscana non hanno Assessori alla Cultura perché – al di là dell’incapacità dei politici di trovarsi d’accordo e della loro paura sia di assumersi responsabilità, sia di mettersi magari tra i piedi un personaggio ingombrante perché magari capace, magari «bravo», ma troppo indipendente dalla loro volontà e quindi «incontrollabile» – le loro rispettive classi dirigenti hanno pochissima sensibilità e quasi inesistente competenza sulle questioni culturali in genere; e, soprattutto, perché non hanno alcuna politica culturale.

Perché? Sarebbe forse vero, ma comunque sviante, rispondere che non ce l’hanno perché il reclutamento del personale politico ormai avviene sulla quasi esclusiva base di ben collaudate clientele (e così la ripartizione dei fondi), per cui la disciplina interna alla propria parte e il lealismo rispetto alla propria «cordata» fanno aggio sulla qualità, sulla preparazione e sull’onestà. Tutto ciò è vero: ma è colpa di noi elettori, che in questo regime postdemocratico di smobilitazione delle «basi partitiche» e di dilagante non-discussione legittimiamo bovinamente con il nostro voto le scelte verticistiche delle segreterie di partito. Ma il fatto saliente è che non ce l’hanno in quanto la politica culturale è uno strumento di potere e di consenso che funziona nella misura in cui la società civile cui le élites politiche si rivolgono dispone, appunto, di un generale interesse e di una certa tensione culturali. Tutto ciò non c’è quasi per nulla, né in Firenze, né in Toscana. E non vuol dir nulla il fatto che certi eventi straordinari (da alcune grandi kermesses fino, che so, alle letture di Dante in piazza fatte da Roberto Benigni) siano ancora in grado di muovere masse di spettatori.

La salute culturale di una società non si misura affatto dal «successo» di quei «grandi eventi» che sono oggi i più sognati da parte degli Assessori Rampanti, nelle città e nelle regioni che ne posseggono uno: bensì dalla quotidianità, dal «consumo di cultura» come fatto giornaliero e necessario.

E allora, ecco Firenze: dove i teatri e le sale cinematografiche sono ordinariamente poco frequentati, le «stagioni» musicali o prosastiche hanno successo solo in coincidenza con le Grandi Firme (altro elemento più mondano e massmediale che non culturali), le biblioteche e i musei restano in media semideserti turisti a parte (e, anche per loro, tutto dipende dai «pacchetti d’agenzia»), le librerie sono anche parecchie ma vendono poco e prevalentemente i titoli «di moda» (tipo l’annuale, inevitabile libro a firma di Bruno Vespa), si leggono pochi giornali, i dibattiti restano nel complesso afasici e asfittici. Firenze è così poco attenta al suo patrimonio artistico da tollerar per lunghissimi periodi senza batter ciglio lo spettacolo di molti suoi monumenti nascosti o poco agibili a causa di misteriosi «lavori in corso» (ve l’immaginate un settantenne giapponese che ha a lungo sognato Firenze, ci viene per la prima e l’ultima volta in vita sua e deve intraveder Piazza San Giovanni e il Battistero sommersi dalle impalcature?).

In Toscana il dibattito sull’Alta Velocità astrae completamente – a parte qualche dichiarazione retorica – dai problemi del paesaggio e dell’ambiente perché i Signori della Speculazione hanno messo a tacere tutti i partiti politici e i mass media. Nel Comune di Reggello sorge l’ottocentesca villa di Sammezzano, un gioiello dell’architettura orientalistica; da dieci anni stiamo segnalando che sta cadendo a pezzi; vi risulta che se ne stia fregando qualcuno? Sopra a Pian dei Giullari c’è Torre del Gallo, dove ci sono i monocromi del Pollaiolo: l’ha comprata un privato che non sa che farsene e non può farsene nulla, e non è nemmeno possibile restaurarla; vi risulta che qualcuno protesti? Le città toscane sono preda quasi esclusiva della logica turistica, dalle chiese ridotte a musei a pagamento dov’è impossibile ormai entrare per un attimo di raccoglimento alle strade invase dai fast food e dagli àlgidi negozi di haute couture (avete fatto caso all’animato e business-oriented deserto cui sono ridotte Via Calzaioli e Via Tornabuoni?). Il tempo, il modo e i soldi per cose molto serie non si trovano: ma da Firenze a San Gimignano pullulano orrori come il «Museo di Firenze medievale» a un passo dalle cappelle medicee di San Lorenzo e un abominevole «Museo della Tortura» a Siena, in Piazza del Campo, che vengono riccamente pubblicizzati e nessuno ne sa e tanto meno ne dice nulla. Il mio Oltrarno è pieno di vandali, alcuni cialtroni deturpano di continuo la facciata di Santo Spirito: non chiedo le «ronde volontarie» dei cittadini (i vigilantes mi stanno antipatici), ma che perdinci il quartiere si faccia sentire e imponga un servizio d’ordine adeguato, questo sì. Invece, nulla: notte e nebbia. È solo colpa del Comune o della Regione, tutto ciò? E la vacanza degli Assessorati è causa, o piuttosto conseguenza di questo? In altri termini, è la classe politica o è piuttosto la società civile fiorentina e toscana la responsabile dell’incultura?

Mi dicono che Comune, Provincia e Regione dispongano di consulenti culturali ben pagati. Non so se è vero. Io so che ogni tanto vengo convocato nei Palazzi fiorentini del Potere, dove alcuni miei amici, che seggono su scranni politicamente importanti, mi estorgono simpaticamente parecchie consulenze gratis che io offro loro volentieri ma delle quali spesso non riescono a servirsi (o il contenuto delle quali vedo talora qua e là riemergere, a pezzi e a bocconi, magari frainteso). Sarà anche questo un sintomo della crisi? Comunque, sia chiaro: è crisi della società, non del suo ceto dirigente. Se non leggete libri, non andate a teatro e non vi frega nulla se il tal monumento casca a pezzi, se le vostre passioni dominanti sono solo il conto in banca, il campionato di calcio e le ferie, non datene la colpa ai politici. Essi, al massimo, sono rei di non darvi cose di cui non dimostrate bisogno e alle quali siete evidentemente poco interessati.