Vita Chiesa
La «ronda» di don Luciano: un pasto caldo ai senza tetto
Don Luciano porta i sandali anche in inverno, per ricordarsi di chi patisce il freddo: «c’è chi non può comprare un paio di scarpe nuove». Don Luciano non va in vacanza: «finché ci saranno parrocchiani che non possono permettersi un viaggio io non posso partire». Don Luciano è un tipo burbero, ma quando dice Messa stende un grande tappeto davanti all’altare e chiama tutti i più piccoli a sedersi, perché con loro vuole dialogare, a loro spiega con parole semplici le Scritture e il mistero dell’Eucaristia: «i più piccoli sono i più importanti». Don Luciano non è un frate, ma il carisma francescano ce l’ha nell’anima e lo racconta al mondo con la sua vita e con il tau appeso al collo: «con il mio caratteraccio la comunità dei frati non mi avrebbe sopportato, ma il mio amore per san Francesco lo porto dentro, lo alimento con lo studio e provo a trasmetterlo a chi incontro».
Sedici anni fa, durante una Messa di Natale, mise da parte l’omelia che aveva preparato e si rivolse direttamente all’assemblea con una proposta di quelle che ti cambiano, dentro e fuori: «ci sono tanti qui intorno che dormono all’aperto, da domani andiamo a portare loro un pasto caldo, qualche coperta e magari un po’ del nostro tempo, chi viene con me?». Da allora, tutti i giorni, tutto l’anno, dalla parrocchia di S. Giovanni Bosco nel quartiere di Coteto a Livorno, parte un furgone che fa il giro della città: la stazione, piazza del Logo Pio, i portici di via Grande, sotto le arcate del duomo, al monumento del Cisternone.. dove si rifugiano di solito i senzatetto; ogni sera quattro volontari a turno raggiungono più di 90 homeless; portano loro dei panini e la pasta, preparata dalle 74 famiglie della parrocchia che, secondo un calendario, si sono rese disponibili per questo servizio.
«Il Sabato e la Domenica sono molti di più – racconta don Luciano – vengono anche dalle città limitrofe, perché Livorno è più clemente con chi vive per strada. Ogni sera è un’esperienza nuova, di incontro, di dialogo; io purtroppo per l’età non posso più andare tutte le sere, ma quando me la sento, accompagno i volontari. A volte incontriamo gente arrabbiata, arrogante, ma io so come ci si sente quando si soffre la fame ed il freddo, l’ho patito sulla mia pelle durante la guerra, per questo li capisco e li lascio sfogare. Una volta abbiamo regalato loro delle copie del Vangelo ed del Corano, perché molti sono extracomunitari e sono musulmani. Quest’ultimi hanno una venerazione per Maria che non ti aspetti, qualcuno me lo sono visto arrivare in chiesa per confrontarsi con me proprio sulla figura della Madonna e sulle Sure che ne parlano».
La capacità al dialogo interreligioso di don Luciano nasce sin dall’infanzia: dopo la guerra, al ritorno dallo sfollamento, la sua famiglia fu ospitata nel ghetto ebraico livornese. «Ci avevano assegnato la casa dove venivano custodite le suppellettili della sinagoga che era stata chiusa, io ero addetto alla pulizia della Menorah, il candelabro a sette braccia. Mio padre era morto in Russia e mia madre fu assunta come domestica in una famiglia ebrea: mi presero a ben volere, quando mi hanno ordinato sacerdote furono loro a pagare il pranzo per tutti, non lo dimenticherò mai».
La «Ronda della Carità», così si chiama il servizio serale ideato da don Luciano, è accompagnata da altre due opere importanti offerte dalla Comunità parrocchiale ai poveri: la casa Betania e la casa del sorriso. La prima è un vero e proprio centro di ascolto: si va per appuntamento, «perché – spiega il parroco – è giusto rispettare la dignità di ogni persona e riservare ad ognuno il tempo necessario», e lì si fanno le richieste: vestiario, cibo, medicinali, aiuti economici per il pagamento delle utenze. Poi c’è la casa del sorriso, dove operano più di 200 volontari, che distribuiscono pacchi alimentari e generi di vestiario e scarpe secondo le taglie e le stagioni. Nella casa del sorriso c’è anche un ambulatorio in cui ogni settimana è presente un medico volontario.
Tutto ciò che viene distribuito è frutto di donazioni: «abbiamo sostituito la questua domenicale con la processione offertoriale – racconta il sacerdote – ognuno può portare ciò che vuole: pacchi di pasta, scatolame, olio… e se c’è una particolare necessità lo comunico attraverso il foglio domenicale che arriva in tutte le case; altra fonte di approvvigionamento è l’Agea (l’agenzia europea che rifornisce di generi alimentari tutte le organizzazioni non-profit, ma che purtroppo a fine anno verrà a mancare per la scadenza dei termini dell’accordo); il Banco alimentare; la Coop (il supermercato è proprio a fianco della chiesa), che grazie alla legge del Buon Samaritano può donare generi alimentari e altri prodotti di gastronomia a breve scadenza; il circolo Arci Petrarca che ha ogni settimana fa la spesa proprio per i poveri della casa del sorriso e tutti i bar e panifici del quartiere, che a fine giornata donano l’invenduto per la Ronda.
La generosità della parrocchia va anche oltre i confini del quartiere e della città: nella comunità di S. Giovanni Bosco in Coteto si fanno raccolte per adottare bambini a distanza con Agata Smeralda, per i piccoli portatori di handicap di Betlemme, per costruire pozzi in Tanzania, per le scuole in Madagascar… «La nostra non è una parrocchia dove vivono famiglie benestanti – rivela don Luciano – anzi, sono sempre di più le famiglie in difficoltà che vengono a chiedere aiuto, ma la generosità di tutti è sconfinata, ci si fa in quattro per aiutare chi ha bisogno, si dona il poco che si ha perché possa essere condiviso… io lancio le idee, ma se non avessi la gente del mio quartiere che mi sostiene nelle opere di carità, non potrei fare niente, a loro va il mio grazie e quello dei poveri, dal profondo del cuore».
«La nostra non è una parrocchia dove vivono famiglie benestanti – rivela don Luciano – anzi, sono sempre di più le famiglie in difficoltà che vengono a chiedere aiuto, ma la generosità di tutti è sconfinata, ci si fa in quattro per aiutare chi ha bisogno, si dona il poco che si ha perché possa essere condiviso… io lancio le idee, ma se non avessi la gente del mio quartiere che mi sostiene nelle opere di carità, non potrei fare niente, a loro va il mio grazie e quello dei poveri, dal profondo del cuore».