Toscana
La Regione vende e il Galilei passa agli argentini
La Regione ha definitivamente deciso di vendere buona parte delle sue azioni in Sat, la società che gestisce l’aeroporto di Pisa. La delibera, sesta della serie, è stata approvata da una Giunta straordinaria il 12 giugno. Con il 12% delle azioni della Regione, e con quelle dei piccoli azionisti, Corporacion America, la finanziaria dell’argentino Eduardo Eurnekian, raggiunge la maggioranza delle quote azionarie di Sat, che così diviene una società a prevalente capitale privato.
E’ la fine di un’era durata quaranta anni, dal lontano 1974 quando si decise di dirottare i famosi otto miliardi di vecchie lire, destinati all’aeroporto di Firenze, verso il collegamento ferroviario tra Pisa e Firenze, e la Regione, e l’allora Pci, stabilirono che quello di Pisa doveva essere l’aeroporto della Toscana, come una sorta di compensazione per le aree costiere, essendo Firenze divenuta capoluogo regionale.
Da qui la nascita di Sat, nel 1979, per iniziativa e con capitali della Regione Toscana e la realizzazione del collegamento ferroviario, nel 1983, tra la stazione di Pisa e il suo aeroporto. Ora i binari costruiti con gli otto miliardi sono stati smantellati per far posto al people mover (costo 78 milioni di euro) e l’aeroporto di Pisa è in mano agli argentini che già controllano quello di Firenze dove si sta programmando la nuova pista.
Un dietrofront della politica regionale, o “un triplo salto mortale” come lo ha definito il sindaco di Pisa Marco Filippeschi, che ha generato le proteste dei pisani con ricorsi, alcuni dei quali ancora pendenti, a vari organi giudiziari, e una spaccatura all’interno del Pd regionale che paga l’aver evitato la decisione nell’interesse della Toscana, o di non averla perseguita fino in fondo con coerenza.
L’errore fu fatto nel ’74, decidendo di separare il capoluogo da una infrastruttura essenziale, come se fosse efficiente differenziare i punti di accesso ad un territorio in modo da darne un po’ a ciascuno. Ma se questa era la decisione, si sarebbe dovuto perseguirla fino in fondo, rendendo veramente facili i collegamenti tra l’area fiorentina e l’aeroporto di Pisa. I collegamenti sono invece andati a peggiorare, il progresso tecnologico ha permesso agli aerei di atterrare in piste più corte e così si è sviluppata Peretola, in deroga alle norme di sicurezza.
Sicurezza che ora occorre ripristinare. Ma il processo di adeguamento dello scalo fiorentino sarà lungo e complesso a partire dalla decisione sulla lunghezza della pista. Ai primi di luglio si approverà la Variante al Pit, il Piano di indirizzo territoriale, nella quale è inclusa la nuova pista di 2mila metri, le cui prescrizioni gli argentini dichiarano di voler rispettare, “prevedendo ─ però ─ infrastrutture che, in piena sicurezza, consentano il raggiungimento” di 4 milioni e mezzo di passeggeri a Firenze. Dichiarazioni che vanno lette insieme a quelle di Vito Riggio, presidente dell’Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile, secondo il quale la nuova pista “dovrà ragionevolmente essere di 2.400 metri per consentire un traffico di circa 4-5 milioni di passeggeri l’anno in tutta sicurezza”. In sostanza gli argentini tengono i piedi in due staffe: quella della Regione (2mila metri) e quella di Enac (2.400), in attesa dell’evolvere della situazione, la cui incertezza dipende anche dall’esito dei ricorsi dei pisani che Filippeschi giura sarà a loro favorevole.