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La prescrizione post-coitale del levonorgestrel
La prescrizione di qualsiasi farmaco e di ogni presidio terapeutico rappresenta un atto medico che si svolge nell’ambito di tale relazione ed ha come fine unico la cura di coloro che ricevono il trattamento prescritto; tale opera impegna direttamente la responsabilità professionale ed etica del medico che nel suo agire mai deve accedere a richieste che si pongano in contrasto con i principi di scienza e coscienza al mero scopo di compiacere il richiedente.
Il medico a cui venga richiesta una prestazione che contrasti con la propria coscienza non è tenuto a soddisfare una tale richiesta, tranne i casi in cui non sia di grave ed immediato nocumento per la salute del paziente, ma i desideri del paziente, quando anche legittimi, non possono essere pedissequamente ricondotti a quest’ultima categoria.
La richiesta del paziente deve sempre essere confrontata con l’esperienza e la competenza del medico.
Ogni medico ha il dovere di accogliere, ascoltare, visitare ed informare il paziente. La responsabilità del medico, esercitata correttamente, non implicherà mai l’abbandono del paziente, ma individuerà le priorità, i trattamenti necessari e le scelte terapeutiche adeguate allo specifico caso nel contesto più appropriato.
Non essendo disponibile un marker di vitalità embrionale in fase pre-impiantatoria non è possibile una valutazione diretta dell’effetto del farmaco sulla sopravvivenza embrionale prima dell’impianto.
Gli studi disponibili si basano su due approcci distinti:
1) La valutazione dell’eventuale differenza tra l’efficacia del farmaco nell’interferire col processo ovulatorio e la riduzione, rispetto a serie storiche, delle gravidanze clinicamente accertate
2) la dimostrazione di alterazioni a livello tubarico e/o endometriale compatibili con una riduzione delle possibilità d’impianto dell’embrione.
Al momento entrambi questi percorsi d’indagine forniscono dati contraddittori, incompleti e risultano pertanto non definitivi.
La letteratura internazionale mostra che la promozione e la diffusione a livello di popolazione dell’assunzione post-coitale sia degli estro progestinici che del levonorgestrel non hanno alcun effetto in termini di riduzione delle gravidanze indesiderate e del ricorso all’aborto.
Il medico ha il dovere d’informare la donna sulla reale efficacia del farmaco, sui possibili effetti collaterali, le eventuali controindicazioni e lo stato delle conoscenze circa il meccanismo d’azione, anche per non indurre la donna a comportamenti potenzialmente in contrasto con i propri principi etici.
L’eventuale prescrizione del farmaco non può quindi che essere l’atto che segue ad un’attenta ed accurata visita della paziente da parte del medico.
Al termine della visita l’eventuale rifiuto della prescrizione del levonorgestrel post-coitale, così come di ogni altro farmaco, può quindi essere il risultato di un convincimento clinico di non appropriatezza del farmaco rispetto allo specifico contesto clinico. La mancata prescrizione può altresì risultare da un convincimento di coscienza del medico, che, riconducendosi al principio generale di precauzione e ai principi costituzionali di tutela della vita, non intenda porre in essere comportamenti potenzialmente lesivi del concepito, indipendentemente dal luogo e dalla condizione in cui egli si trovi.
Il medico che non intenda prescrivere farmaci o mettere in atto condotte potenzialmente pregiudizievoli per la vita e la salute del concepito per motivi di coscienza ha comunque l’obbligo di comunicare preventivamente la propria posizione alle competenti autorità sanitarie e alla paziente che a lui si rivolge.vNon spetta ai medici, ma alle autorità e alle istituzioni responsabili dell’organizzazione dei servizi sanitari assicurare che lo svolgimento dell’attività professionale e la fruizione delle prestazioni da parte dei pazienti possa svolgersi nel rispetto dei reciproci diritti e doveri dei soggetti coinvolti.
Il medico ha il diritto a non essere in alcun modo discriminato sulla base dei propri convincimenti morali ed ha pertanto l’obbligo di denunciare all’Ordine ogni iniziativa tendente ad imporgli comportamenti non conformi alla deontologia professionale, da qualunque parte essa provenga, avendo il diritto a ricevere la necessaria tutela della propria indipendenza e dignità.
Pisa, 13 maggio 2008