Vita Chiesa
La Pira e la vocazione dei monasteri
«Lodiamo il tuo nome glorioso, Signore, nostro Dio». Questa antifona al cantico tratto dal libro delle Cronache (1 Cr 29,10-13) che ogni lunedì della prima settimana del salterio offre parole ispirate alla nostra lode, risuonano con una intensità particolare in questo scorcio finale dell’Anno liturgico in cui come credenti siamo invitati alla riflessione sugli ultimi tempi, allargata e stemperata nella visione dell’universalità dell’amore di Dio – il suo regno! – che vuole abbracciare tutti gli uomini e insieme l’intero creato.
Il termine ultimo, il punto Omega verso cui la storia è protesa, è per i cristiani, sia pure nel chiaro scuro della fede, alba di risurrezione cui il nostro cuore si volge nella domenica di Cristo re dell’universo, traendone motivi di consolazione e gioia. Tale grande solennità liturgica quest’anno è ulteriormente illuminata da almeno altri due eventi che offrono interessanti sfaccettature dello stesso mistero cristiano: la celebrazione della Giornata Pro Orantibus dedicata alla riflessione e al sostegno dei Monasteri di clausura – tra le cui caratteristiche è primaria proprio quella di tenere desta nel popolo di Dio l’attesa vigilante del Signore, e il culmine delle celebrazione centenarie in onore di Giorgio la Pira, il Sindaco santo di Firenze che tanto amava i monasteri affidando alle mani alzate e alla vita offerta delle contemplative ogni sua aspirazione e progetto. Quanti hanno conosciuto il prof. La Pira sanno bene come la sua inesauribile attività sociale, civile e politica avesse un centro interiore intriso di inesauribile speranza, un luogo teologico radicato nell’oltre della fede e della contemplazione – («l’interessante – scriveva egli stesso – è vivere con gli occhi dell’anima rivolti verso quella Patria benedetta nella quale avremo pace e gioia per sempre»: in Lettere al Carmelo, Milano 1987) – che lo proiettava costantemente a quei beni eterni da cui ogni prassi attingeva ispirazione e linfa, e dal quale pure nasceva una particolare affinità con i monasteri che divenivano le sue retrovie (o avanguardie?) di orazione.
Vogliamo qui riportare, solo come esempio tra le molte possibili, una solenne affermazione del credente La Pira sul rapporto tra il cristianesimo e il mistero della preghiera che nei monasteri diviene specifico mandato ecclesiale: «Non bisogna stancarsi mai di dire agli uomini che il cristianesimo non è essenzialmente una tecnica naturale per la trasformazione morale (anche in bene!) della società e del mondo. No: esso è essenzialmente un mistero di grazia, e perciò un mistero di orazione, di mortificazione, di resurrezione. … Si cerca oggi con tanta passione – ed è giusto farlo – la produzione e il dominio della energia nucleare: ebbene: ecco qui un altro tipo di “energia nucleare”, di energia divina immessa nella storia degli uomini! È l’orazione connessa col mistero della Croce e diventata acqua viva – la grazia – che si riversa fecondatrice su ciascuno e su tutti» (Lettere alle Claustrali, Milano 1978. Lettera XIX).