Arezzo - Cortona - Sansepolcro

La Pasqua nell’arte: quando la tradizione avvicina al mistero.

Stiamo vivendo l’ultimo tempo, e il più oscuro, del cammino penitenziale della Quaresima, che ci conduce al silenzio e alla desolazione del sabato. Non suonano le campane che un tempo, in questo periodo, si diceva venissero legate, perché non potevano annunciare alcunché ai fedeli. È passato il momento dell’effimero trionfo, quando Gesù entra in Gerusalemme accolto come un re; la folla, manovrata da chi vuole per forza attuare il suo progetto di morte per motivi politici e religiosi, tradito il proprio entusiasmo, si è trovata pronta a gettare, letteralmente, la croce addosso all’innocente. Strumento di ingiustizia, non sapeva di attuare il disegno divino. È passato il dramma del processo farsa e delle torture ingiuriose, passate le agitazioni degli altri personaggi. È diventato più sommesso il dolore delle donne alle quali il sabato ebraico impedisce ogni gesto; Maria di Magdala dovrà aspettare il giorno dopo il sabato per recarsi al sepolcro. Tace anche la preghiera: è il momento delle tenebre e della discesa agli inferi, il momento del silenzio di Dio.Ma la discesa agli inferi è il preludio della vittoria, e della rinascita. Cristo abbatte le porte dell’oltretomba e trascina con sé le anime di Adamo ed Eva, l’umanità, fino a quel momento imprigionate. Così lo rappresenta il mondo bizantino che più di quello occidentale valorizza questo momento del periodo precedente la Pasqua, chiamato anastasis, Resurrezione: un forte le cui vesti luminose, spesso bianche, illuminano l’oscurità; egli, presili per mano, porta con sé, lontano dal mondo sotterraneo, lo stuolo di uomini e donne. Il Risorto, che illumina una volta per tutte l’oltretomba, ha sotto i suoi piedi i simboli dell’inferno, a volte rappresentato come un uomo vinto o un mostro con le fauci aperte. Dov’è, o morte, il tuo pungiglione? La vita è già stata di nuovo donata e sulla tomba vuota della domenica poggia il saluto trionfale: Cristo è risorto. È veramente risorto. Il «tutto è compiuto» ha avuto un epilogo imprevisto da chi si proponeva di regolare la storia a suo piacimento. Anche il silenzio è vinto.È una storia scritta ab aeterno che ha trovato nel Cristo, uomo e Dio, la sua possibilità di attuazione. La sua storia è figura della nostra, quella individuale e quella collettiva: i drammi dell’uomo e quelli della storia, le passioni e le paure, le varie discese agli inferi, presenti finché sarà presente la vita. Il passato non ci insegna né ci consolano i discorsi o i progressi dell’uomo. Solo un gesto: una mano che strappa e riconduce alla luce.Giuliana Maggini