Pisa

LA PASQUA DEI POVERI

di Andrea BernardiniLui, Paolo (nome di fantasia), scende dalla sua utilitaria  appena parcheggiata sul tratto finale di via don Bosco. Gli occhi lucidi, si fa forza tenendo per mano i figli e la moglie, Natasha (come sopra). Suona al campanello della casina , la sede centrale della San Vincenzo de’ Paoli di Pisa. Parla con il presidente Leandro Casarosa, racconta la loro storia.Paolo fa il muratore. Anzi, lo faceva. Una mattina il titolare dell’impresa gli ha detto: «Oggi non c’è più lavoro. Né ci sarà più». «E noi non sappiamo dove sbattere la testa».Ritrovarsi poveri da un giorno all’altro. Non è un’esperienza così rara in tempi di crisi economica. I dati offerti dai Centri per l’impiego parlano chiaro: il numero degli iscritti alle liste di collocamento è salito nell’ultimo anno di settemila unità. Oggi sono 37mila.L’economia ha sentito i morsi della crisi globale. Le istituzioni hanno messo in campo molti ammortizzatori sociali. E così, mentre le attività produttive medie e grandi hanno potuto usufruire della cassa integrazione ordinaria o di quella straordinaria, quelle al di sotto dei quindici dipendenti hanno potuto far ricorso alla cassa in deroga.Da maggio 2009 ad inizio marzo 2010 ne hanno usufruito, in provincia di Pisa, 2.379 dipendenti: soprattutto operai (1925) o apprendisti (240), ma anche impiegati (212). Più donne (1227) che uomini (1152). Dipendenti che, in molti casi, hanno già diversi anni di esperienza lavorativa in questo o quel settore (in 609 hanno tra i 45 ed i 54 anni e ben 289 hanno superato i 55).Prima o poi, però, gli ammortizzatori sociali finiscono. Oppure c’è qualcuno che non l’ha mai chiesti, perché non sa di averne diritto.E la possibilità di ritrovarsi, da un giorno all’altro, sulla strada, è molto concreta.Ne sanno qualcosa i volontari della San Vincenzo de’ Paoli riuniti nelle venti conferenze delle diocesi di Pisa e San Miniato: il numero di singles o famiglie assistite, negli ultimi mesi, è in notevole crescita. Oggi arriva a 1.900 utenti l’anno. I vincenziani offrono ascolto, portano una parola di speranza, e, sempre, un pacco spesa o un documento da firmare per avviare una pratica: spetterà a questo o quell’ufficio pubblico portarla a lieto fine. Sentinelle del territorio, i volontari della San Vincenzo conoscono storie di miseria, di solitudine, di paure e preoccupazioni forse meglio di chiunque altro. Come quella di Paolo, Natasha e dei loro due figli. Leandro Casarosa accoglie la famiglia in ufficio. Bollette ed affitto da pagare, una tavola da riempire , le esigenze quotidiane dei figli. D’accordo stringere la cinghia, ma senza niente è difficile andare avanti. «Abbiamo dato via tutto, persino la cazzola» dice Paolo, che racconta come, in fondo, il titolare della ditta per cui lavorava, non se la stia cavando molto meglio di lui.Casarosa prende dall’armadio i pochi risparmi dell’associazione. Avvia una pratica per l’integrazione all’affitto della casa in cui vive la famiglia. Dal magazzino, vestiti. In questi giorni sono arrivati in dono pacchi della Benetton . La Provvidenza arriva sempre, sotto mille forme, e spesso quando meno te lo aspetti e hai perso ogni fiducia nel Signore.Si salutano. «Ma torneranno tra tre giorni, c’è da pensarlo».Anche gli utenti che gravitano intorno al Centro di ascolto della Caritas sono in aumento ed in aumento è il denaro, frutto della generosità del popolo di Dio, destinato ai poveri: per coprire bollette dei servizi essenziali, che altrimenti resterebbero insolute; o l’affitto di un miniappartamento.Negli uffici di via delle Sette Volte, a due passi da piazza dei Cavalieri, si intrecciano mille storie che resteranno nascoste agli occhi dei più. Come quello di una donna albanese, sposata con un connazionale. Marito violento, convivenza pesantissima – racconta Marco Arzilli, responsabile del Cda – e fatta di continue vessazioni e violenze, anche fisiche, sia su di lei che sulla figlia di cinque anni. Adesso la donna è uscita da questa situazione. Ha trovato la forza di cercarsi un lavoro e senza l’aiuto di nessuno, anche una casa per sé e la propria figlia. Vive una vita propria, sanando, tra l’altro, i debiti contratti dal marito a suo nome.Le mense dei poveri, intanto, continuano a lavorare a pieno ritmo. Cento e più pasti al giorno, dietro presentazione di un buono-pasto fornito (gratuitamente, ci mancherebbe) dalla Caritas. Senza fissa dimora – su questi servirebbe aprire un altro capitolo – o chi una casa ce l’ha, ma non ha da mangiare. Extracomunitari o italiani, in alcuni casi anche anziani.Domenica sarà Pasqua anche per loro.