Opinioni & Commenti

La pace di Pietro

di Silvano SpaccatrosiLe immagini ultime del Papa, che nella voce e nei gesti ritrova l’antica energia, non sono soltanto contro la guerra – che egli non è riuscito a fermare – ma contro la sua normalità, contro quel suo fascino perverso che ne viene dalle descrizioni che ne fanno i mass media, dalle strategie su cui si dilungano i «talk show»: quasi che noi tutti assistessimo a dei «war games» e non a bombardamenti che portano distruzione e morte, a scontri che spezzano giovani vite, da una parte o dall’altra. Perché la pace, sostiene, dev’essere la normalità della società umana, non la guerra che è un male in se stesso, è il peccato. Era stato, quarant’anni fa Giovanni XXIII, nella sua «Pacem in terris» – un ben triste anniversario, con quel che avviene in Iraq – a mettere in guardia l’umanità sulla irrazionalità della guerra, a porre in dubbio la sua efficacia a risolvere con giustizia le controversie internazionali. Chi come Papa Roncalli aveva vissuto due guerre, sapeva che essa porta soltanto sofferenze e lutti.Anche Giovanni Paolo II ha voluto ricordare, il 17 marzo scorso, nel suo ultimo, drammatico appello prima dello scoppio del conflitto, la sua esperienza personale durante la seconda guerra mondiale. Tanto più, aveva osservato, sente oggi il dovere di dire «mai più la guerra». E due giorni dopo, quando le bombe avevano cominciato a cadere su Baghdad, è stato il suo portavoce, Joaquín Navarro-Valls, a ricordare la responsabilità – di frontea Dio, alla propria coscienza e alla storia – di chi era stato sordo ad ogni richiesta di dialogo e di composizione pacifica ed era ricorso alla logica delle armi.Si è molto discusso su una contrapposizione tra Giovanni Paolo II e Bush, quasi che ognuno di noi fosse chiamato a scegliere tra i due. Certo il presidente degli Stati Uniti può non aver gradito, come è apparso da qualche commento del suo staff, l’insistenza del Pontefice a tentare ogni varco offerto dalla diplomazia e dalle ispezioni volute dall’Onu prima di passare alle armi. Si è trattato semmai di contrapporre «lo spirito di Assisi», erede diretto della «Pacem in terris» alla situazione attuale dell’umanità: a quello della giustizia «fai da te», al terrorismo, alle violazioni dei diritti umani e al sottosviluppo che sono i primi nemici della pace. La pace, come diceva Giovanni XXIII si fonda sulla verità, sulla giustizia, sull’amore e la libertà. E per la Chiesa, ha ribadito Karol Wojtyla, nella sua pedagogia che coinvolge cristiani e musulmani, laici e cattolici senzadistinzione, è «impegno permanente», così come lo sono i principi delineati dalla «Pacem in terris».

Nel suo ardore trascinante, riconosciuto da tutti, nelle sue preghiere e nel digiuno, non guardava alla pace come ad utopia, ma ha promosso atti concreti, ha indicato un cammino ben preciso da percorrete. Su di esso si è snodata l’azione di Giovanni Paolo II. Con gli appelli accorati, ma anche con colloqui diretti con i responsabili delle nazioni: mentre il cardinale Etchegaray cercava di far breccia presso Saddam Hussein, il cardinale Laghi bussava alla porta di Bush. E la Santa Sede diventava una tappa obbligata per capi di governo e ministri: da Aznar a Blair, da Berlusconi a Tarek Aziz, a Fisher, al segretario generale dell’Onu, Kofi Annan.

Mai deponendo, come ha sottolineato il cardinale Ruini, la speranza a ricreare la solidarietà tra le nazioni. La crisi dell’Onu, il deterioramento delle relazioni internazionali, rischio di uno scontro tra civiltà e religioni – che finora grazie alla sua pedagogia della pace è stato evitato – non possono che aggravare le ingiustizie che sono, con l’arroganza dei potenti, il più grave attentato alla pace. Serve, più che mai, la conversione dei cuori. È, appunto, quella normalità della pace, e quella condanna definitiva della guerra, che il Papa lega alla presenza di un’istanza internazionale superiore condivisa da tutte le nazioni e che operi per un’autentica giustizia.

1914 – BENEDETTO XV«… Rinnoviamo un caldo appello a voi, che reggete in questa tragica ora le sorti dei popoli belligeranti, animati dalla cara e soave speranza di giungere così quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno di più, apparisce inutile strage…» 1939 – PIO XII«… Niente è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra…» 1963 – GIOVANNI XXIII«… La pace in terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire instaurata e consolidata solo nel rispetto dell’ordine stabilito da Dio…» 1963 – I PILASTRI DELLA «PACEM IN TERRIS»Verità, giustizia, amore e libertà.La verità sarà fondamento della pace, se ogni individuo con onestà prenderà coscienza, oltre che dei propri diritti, anche dei propri doveri verso gli altri.La giustizia edificherà la pace, se ciascuno concretamente rispetterà i diritti altrui e si sforzerà di adempiere pienamente i propri doveri verso gli altri.L’amore sarà fermento di pace, se la gente sentirà i bisogni degli altri come propri e condividerà con gli altri ciò che possiede, a cominciare dai valori dello spirito.La libertà infine alimenterà la pace e la farà fruttificare se, nella scelta dei mezzi per raggiungerla, gli individui seguiranno la ragione e si assumeranno con coraggio la responsabilità delle proprie azioni. 1965 – PAOLO VI«… Non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei popoli e dell’umanità intera…» 2003 – GIOVANNI PAOLO II«… La guerra non può essere inevitabile. La guerra è il disastro più grande per l’umanità…» GIOVANNI PAOLO II«… Il Papa parla… il Papa parla… ma chi gli dà ascolto?» GIOVANNI PAOLO II «Quando la guerra, come in questi giorni in Iraq, minaccia le sorti dell’umanità, è ancora più urgente proclamare, con voce forte e decisa, che solo la pace è la strada per costruire una società più giusta e solidale. Mai la violenza e le armi possono risolvere i problemi degli uomini» GIOVANNI PAOLO II«A Maria Santissima affidiamo, in particolare, le vittime di queste ore di guerra ed i familiari che sono nella sofferenza. Ad essi mi sento spiritualmente vicino con l’affetto e con la preghiera»